Attribuzioni dell’amministratore e convalida

Attribuzioni dell’amministratore e convalida

Controversia non rientrante nelle attribuzioni dell’amministratore:serve la convalida dell’assemblea

 

La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea. Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 12525/2018, depositata il 21 maggio.

Il caso. Un ex amministratore agiva in giudizio con un ricorso per decreto ingiuntivo volto ad ottenere il pagamento, da parte del Condominio da lui precedentemente amministrato, di una somma di Euro 11.298,33, a titolo di compenso aggiuntivo per la cura dei lavori straordinari. Si costituiva in giudizio il Condominio contestando la domanda dell’ex amministratore. L’adito Tribunale rigettava la domanda attorea e questi, conseguentemente, proponeva appello.

La Corte d’Appello territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello proposto e, pertanto, rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo del Condominio. Nel merito, il Giudice del riesame aveva superato un’eccezione sulla legittimazione attiva del Condominio a promuovere l’opposizione e aveva constatato l’esistenza di un accordo tra lo stabile e l’ex amministratore con un riconoscimento di debito da parte del Condominio. L’assemblea, in seguito, aveva tentato di modificare l’accordo preso riducendo l’importo riconosciuto all’ex amministratore del Condominio, ma i giudici di secondo grado non avevano accettato la successiva modifica degli accordi tra le parti, condannando il Condominio al pagamento delle somme promesse.

Avverso tale sentenza il Condominio proponeva ricorso per cassazione con sette doglianze e volto alla contestazione dell’interpretazione data dalla Corte d’Appello agli accordi presi tra le parti, alla mancanza di legittimazione da parte dell’amministratore e del segretario di sottoscrivere in autonomia accordi transattivi vincolanti per il Condominio e, in sintesi, di svariate compensazione che l’amministratore resistente avrebbe dovuto operare per debiti verso il Condominio (ad esempio compensazione con altro credito del Condominio derivante dall’esito di un ulteriore giudizio).

Si costituiva in giudizio l’ex amministratore con ricorso incidentale con un unico motivo di diritto con il quale censurava la decisione dei giudici di seconde cure di non dichiarare la carenza di legittimazione dell’amministratore di Condominio a proporre la prima opposizione a decreto ingiuntivo. Secondo l’ex amministratore, infatti, tale incombenza sarebbe stata ultronea rispetto alle competenze del mandatario previste dall’art. 1131 c.c. e, nonostante gli inviti dei Giudici, il Condominio non aveva mai prodotto la delibera assembleare che autorizzava l’amministratore ad agire in giudizio in opposizione al decreto ingiuntivo. Tale norma affermava che «Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini» e che l’amministratore che avesse violato questi precetti poteva essere revocato e poteva essere tenuto a risarcire i danni. Alla luce di tale norma, il Supremo Collegio affermava come l’amministratore del Condominio avesse agito correttamente decidendo di opporre tempestivamente il decreto ingiuntivo, dato che nelle more della fissazione di una assemblea straordinaria atta a conferire la delega si sarebbe rischiato di superare il termine concesso per l’opposizione. Il suo errore, tuttavia, era stato quello di non produrre il verbale assembleare con il quale il Condominio avallava la sua iniziativa processuale conferendogli mandato ad agire e, pertanto, legittimazione a stare in giudizio. Secondo gli Ermellini «la ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del Giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per sanare il difetto di rappresentanza. La regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c. in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare come della ratifica può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti ex tunc. Peraltro, come di seguito ribadito da Cass. Sez. 2, 23 gennaio 2014, n. 1451, e da Cass. Sez. 2, 25/05/2016, n. 10865, la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c.». Nel caso in esame, stante il petitum del decreto ingiuntivo (ossia somme richieste dall’ex amministratore a titolo di compenso suppletivo inerente all’attività svolta con riguardo all’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio) la controversia non rientrava in quelle per le quali l’amministratore poteva agire autonomamente, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c. e, pertanto, al fine di costituirsi in giudizio, egli doveva essere munito dell’autorizzazione dell’assemblea o di successiva convalida. La mancata produzione dei predetti documenti, dunque, cagionava un difetto di rappresentanza dell’amministratore che comportava la dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto e la conseguente soccombenza nel giudizio di Cassazione

Per tali motivi la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso principale, dichiarava assorbito il ricorso incidentale e condannava il ricorrente principale Condominio a rimborsare all’ex amministratore le spese del giudizio di legittimità.

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Pensioni anticipate

Pensioni anticipate

D. Pensioni anticipate, per la Corte Costituzionale il legislatore può incentivare la prosecuzione del lavoro?

R. La Corte Costituzionale si è espressa sulla legittimità della scelta del legislatore di disincentivare i pensionamenti anticipati e promuovere la prosecuzione dell’attività lavorativa, giudicando tali decisioni non lesive dei principi di eguaglianza e ragionevolezza.  (Corte Costituzionale, sentenza n. 104/18; depositata il 23 maggio)

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Condominio minimo o meno

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D. Chi satbilisce se si è di fronte ad un Condominio minimo?

R. Spetta al Giudice di merito stabilire se, in concreto, ci si trovi di fronte ad un condominio minimo o meno.  (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 13031/18; depositata il 24 maggio)

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Licenziamento e proteste via mail

Licenziamento e proteste via mail

Niente licenziamento per il dipendente che protesta via mail nei confronti dei suoi superiori

Nel caso in cui un dipendente si limiti, via mail, senza utilizzare termini offensivi o comunque inappropriati, a fare delle rimostranze relative alla propria posizione lavorativa nei confronti dei propri superiori e le modalità utilizzate siano coerenti con la situazione di tensione individuale nell’ambiente lavorativo, il licenziamento è illegittimo. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 11645/2018, depositata il 14 maggio.

Il caso. Una dipendente si era sfogata, via mail, scrivendo ai suoi diretti superiori messaggi il cui contenuto era stato ritenuto dall’azienda «offensivo e denigratorio» e sufficiente per ritenere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. La dipendente, impugnava l’intimato licenziamento innanzi al Tribunale competente che ne dichiarava l’illegittimità.

L’azienda impugnava la sentenza di primo grado innanzi alla Corte d’Appello territoriale che confermava la sentenza del Tribunale sostenendo che la lavoratrice «si era limitata – senza utilizzare termini offensivi o, comunque, inappropriati – a fare delle rimostranze relative alla propria posizione lavorative», e aggiungevano che «le modalità utilizzate erano coerenti con la situazione di tensione» vissuta dalla donna e frutto anche di un «precedente contenzioso con la società», contenzioso conclusosi con la condanna dell’azienda a «riassegnare alla lavoratrice le mansioni corrispondenti all’inquadramento» e a versarle «somme a titolo di maggiori retribuzioni» e «il risarcimento dei danni connessi alla dedotta dequalificazione».

Avverso tale sentenza, l’azienda proponeva ricorso per cassazione con un unico motivo. Secondo gli Ermellini, l’intimato licenziamento era illegittimo e, pertanto, la lavoratrice aveva dritto al reintegro. Infatti, secondo il Supremo Collegio, «l’invio dei messaggi di posta elettronica» non aveva procurato «un pregiudizio al decoro o all’immagine dell’azienda». E in questa ottica veniva anche evidenziato che, ad esempio, in uno degli scritti «la lavoratrice si lamentava delle mansioni ripetitive svolte». Conseguentemente, la drastica reazione dell’azienda al comportamento – non offensivo – della dipendente era da ritenersi eccessiva e priva di fondamento.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

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Assenza del certificato di agibilità dell’immobile e risoluzione del contratto

Assenza del certificato di agibilità dell’immobile e risoluzione del contratto

D. L’assenza del certificato di agibilità dell’immobile legittima sempre la richiesta di risoluzione del contratto?

R. In tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna del certificato di agibilità non determina in via automatica la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, dovendo comunque essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità dell’immobile stesso.  (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 12226/18; depositata il 18 maggio)

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Diffamazione a mezzo stampa e diritto di cronaca

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D. E’ condannabile al risarcimento il giornalista che scambia l’indagato per imputato?

R. In materia di diffamazione a mezzo stampa non sussiste l’esimente del diritto di cronaca nel caso in cui il giornalista abbia affermato, contrariamente al vero, l’avvenuto esercizio dell’azione penale nei confronti di un soggetto soltanto sottoposto a indagini preliminari.(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 12370/18; depositata il 18 maggio)

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