Falsità della firma sulla cartolina postale di ritorno e querela di falso

Falsità della firma sulla cartolina postale di ritorno e querela di falso

Falsità della firma sulla cartolina postale di ritorno:si può invocare solo con querela di falso

In tema di notificazioni a mezzo posta, al fine di escludere la riconducibilità della firma apposta per il ritiro del piego al destinatario dello stesso è necessario proporre querela di falso. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 8434/2018, depositata il 21 febbraio.

Il caso. Con ordinanza il Tribunale competente, quale giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta principale avanzata da un uomo, volta a ottenere la dichiarazione di non esecutività della sentenza emessa nei suoi confronti dallo stesso Tribunale e non impugnata, stante la nullità di tale titolo esecutivo a causa della mancata notificazione del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia, e aveva dichiarato inammissibile la richiesta subordinata avanzata dal condannato, di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la medesima sentenza.

Avverso tale ordinanza il condannato proponeva ricorso per cassazione con due motivi di doglianza. Con un primo motivo denunciava la violazione degli artt. 670 e 420 bis c.p.p., a causa della errata dichiarazione di assenza dell’imputato, compiuta dal Tribunale nonostante l’omessa notificazione del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia dell’imputato, che, quindi, rendeva pienamente legittima la richiesta di dichiarare priva di esecutività la sentenza resa in assenza dell’imputato; quest’ultimo, infatti, non aveva avuto effettiva conoscenza del processo, a causa della notificazione del decreto di citazione a giudizio a mezzo del servizio postale, e al giudizio non aveva partecipato neppure il suo difensore di fiducia, a causa della omessa notificazione del decreto di citazione; tale situazione consentiva di considerare l’imputato irreperibile, con la conseguente legittimità della richiesta di dichiarazione della mancanza di esecutività della sentenza di condanna pronunziata nei suoi confronti.
Con un secondo motivo denunciava la violazione dell’art. 568, comma 5, c.p.p., in quanto il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto qualificare la propria istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione come appello tardivo con annessa detta richiesta, sicché avrebbe dovuta trasmetterla, qualificandola come appello, alla Corte territoriale.

Il Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta concludeva chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, evidenziando la nullità della sentenza conseguente all’omessa notificazione del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia dell’imputato, rimanendo irrilevante al riguardo la successiva nomina di difensore ufficio all’imputato rimasto assente nel giudizio di primo grado.

La Suprema Corte accoglieva il primo motivo di doglianza e riteneva assorbito il secondo. Il Supremo Collegio evidenziava che nonostante l’imputato avesse nominato tempestivamente e ritualmente un difensore di fiducia, allo stesso non era, però, stato notificato alcun atto processuale, cosicché nel giudizio l’imputato, rimasto assente, era stato assistito da un difensore nominato d’ufficio; altresì, neppure la sentenza di condanna era, poi, stata notificata al difensore di fiducia. Gli Ermellini stabilivano che la mancata notifica al difensore di fiducia, di cui era necessaria la partecipazione e perciò obbligatoria la presenza, determinava, dunque, una nullità di ordine generale, assoluta e insanabile, dell’udienza, ancorché tenuta in presenza del difensore nominato d’ufficio, e degli atti successivi, compreso il provvedimento conclusivo, in quanto la nomina fiduciaria non poteva, in presenza di tale omissione, essere surrogata dalla designazione d’ufficio da parte del giudice, di cui  era irrilevante l’effettiva assistenza, giacché ciò determinava una lesione del diritto dell’imputato “ad avere un difensore di sua scelta”, riconosciuto dall’art. 6, comma terzo lett. c), della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Ne derivava l’invalidazione del titolo esecutivo, come prospettato nella originaria istanza avanzata dall’imputato al giudice dell’esecuzione, la cui decisione risultava pertanto contraria ai principi sovraesposti.

Nel caso di specie assumeva rilevanza anche il principio secondo cui, in tema di notificazioni a mezzo posta, al fine di escludere la riconducibilità della firma apposta per il ritiro del piego al destinatario dello stesso era necessario proporre querela di falso «in quanto istituto elettivamente predisposto a privare l’atto redatto da pubblico ufficiale della sua attitudine probatoria, mentre non è sufficiente che l’interessato presenti una denuncia penale di falso nei confronti del pubblico ufficiale». Ed infatti nel caso in esame la notifica era avvenuta presso il domicilio eletto e ciò che si contestava era la mera riconducibilità della firma apposta sulla cartolina di ricevimento all’imputato, restando invece pacifico il perfezionamento del procedimento notificatorio.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, annullava l’ordinanza impugnata senza rinvio e disponeva la restituzione degli atti al Tribunale competente.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

 

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D. Socio e fideiussore: si tratta di due condizioni giuridiche distinte che possono coesistere?

R. La responsabilità dell’accomandante è distinta e differente da quella scaturente dalla fideiussione. (Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 7139/18; depositata il 22 marzo)

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Termine breve per l’impugnazione

Termine breve per l’impugnazione

D. Termine breve per l’impugnazione: si deve fare attenzione al rapporto tra regola ed eccezione per individuare il dies a quo?

R. La I Sez. Civile della Corte di Cassazione con la sentenza del 22 marzo 2018, n. 7154 chiarisce il delicato tema della decorrenza dei termini brevi per l’impugnazione. Tema reso ancora più complesso per la circostanza che, oltre alle norme generali, ne esistono alcune speciali che regolano differentemente la questione e alle quali l’avvocato deve prestare massima attenzione per non incappare in una pronuncia di inammissibilità (con tutte le conseguenze – per l’avvocato e per la parte – che oggi la legge ne fa derivare). (Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 7154/18; depositata il 22 marzo)

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Divisione testamentaria e nullità

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D. La divisione testamentaria è nulla se non considera tutti i legittimari ed eredi istituiti?

R. La Corte di Cassazione ha stabilito il principio secondo cui deve essere accolta la domanda di nullità, proposta dal legittimario pretermesso nel testamento (o, in sostituzione del medesimo, da un suo erede), della divisione del patrimonio ereditario disposta direttamente dal testatore qualora lo stesso legittimario (o un suo erede agente “iure successionis”), da considerarsi preterito per non essere stato compreso nella divisione, abbia positivamente esperito in via preventiva l’azione di riduzione. (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 7178/18; depositata il 22 marzo)

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Equo indennizzo

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D. Nel procedimento per l’equo indennizzo la prova di erede si desume «da tutti gli elementi ritualmente prodotti»?

R. La Suprema Corte fissa un principio di diritto in tema di allegazione della prova di erede ai fini del procedimento volto all’ottenimento dell’equo indennizzo per irragionevole durata di un giudizio amministrativo. (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 7195/18; depositata il 22 marzo)

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Diritto dell’ex moglie alla quota di TFR del marito

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D. Diritto dell’ex moglie alla quota di TFR del marito: è rilevante il momento in cui viene domandata la cessazione degli effetti del matrimonio?

R. L’ex moglie non ha diritto alla percezione di una quota di TFR appartenente al consorte, ai sensi dell’art. 12-bis l. n. 898/1970 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), se il ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio viene proposto «in un arco cronologico successivo alla maturazione del diritto di TFR in capo al marito»(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 7239/18; depositata il 22 marzo)

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