D. Affinché il conduttore possa beneficiare della speciale sanatoria è necessario il pagamento integrale del debito?

D. Affinché il conduttore possa beneficiare della speciale sanatoria è necessario il pagamento integrale del debito?

R. È stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 5, l. n. 392/1978 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, comma 2, e 111 Cost., nella parte in cui non comprende, tra i casi di esclusione della risoluzione in sede di procedimento per convalida di sfratto, l’ipotesi in cui residui il pagamento delle spese processuali e ogni altra ipotesi in cui la caducazione del rapporto contrattuale determini un sacrificio sproporzionato dell’interesse abitativo del conduttore.

(Corte Costituzionale, sentenza n. 79/20; depositata il 24 aprile)




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FECONDAZIONE ASSISTITA

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Rinviata alla Corte Costituzionale la decisione sul riconoscimento di un minore nato all’estero con maternità surrogata

Non è manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che impediscono il riconoscimento di un bambino nato all’estero, tra persone dello stesso sesso unite tra di loro in matrimonio, dalla cosiddetta “maternità surrogata”.  La questione riguarda un giudizio instaurato dai sigg.ri P.F. e F.B., uniti in matrimonio civile in Canada, trascritto in Italia come unione civile, e teso ad ottenere il riconoscimento di entrambi come genitori di un minore nato appunto in Canada, ma con la cosiddetta “maternità surrogata”.

(Corte di Cassazione, Sezione I Civile, ordinanza interlocutoria del 29 aprile 2020 n. 8325)

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PARERE ANTIMAFIA

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Come preannunciato dal Ministro Bonafede, dopo le scarcerazioni “provvisorie e per gravi motivi di salute” di condannati sottoposti al 41-bis, è stato introdotto, nelle procedure su istanze di permessi e di detenzione domiciliare per gravi motivi di salute, il parere obbligatorio del procuratore nazionale antimafia e di quello del tribunale che ha emesso la sentenza per tutti i reati legati di mafia e terrorismo.   Nel Consiglio dei Ministri di mercoledì 29 aprile 2020, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro della giustizia, è stato approvato un decreto legge che introduce misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile, e disposizioni urgenti in materia di tutela dei dati personali nel tracciamento dei contatti. Come preannunciato dal Ministro Bonafede, dopo le scarcerazioni “provvisorie e per gravi motivi di salute” di condannati sottoposti al 41-bis, è stato introdotto, nelle procedure su istanze di permessi e di detenzione domiciliare per gravi motivi di salute, il parere obbligatorio del procuratore nazionale antimafia e di quello del tribunale che ha emesso la sentenza per tutti i reati legati di mafia e terrorismo.  

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Il Condominio è un consumatore?

Il Condominio è un consumatore?

Gli artt. 1 §.1 e 2 Lett. b) Direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il Condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Giustizia UE, Prima Sezione, sentenza 2 aprile 2020, causa C-329/2019 . 

Il caso. Un Condominio milanese impugnava un precetto notificato assieme al verbale di mediazione da una ditta che gli forniva energia termica per chiedere la refusione di € 2.1025,43 pari agli interessi di mora. La richiesta si fondata su una clausola del contratto di fornitura in virtù della quale il Condominio, in caso di ritardato pagamento, s’impegnava a versare “interessi di mora al tasso del 9,25% e ciò dal momento della scadenza del termine di pagamento al saldo”. Il Condominio eccepiva, pertanto, il carattere abusivo della clausola. Il giudice del rinvio osservava che tale clausola era, in effetti, abusiva e che, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, esso avrebbe potuto annullarla d’ufficio. Tuttavia, detto giudice s’interrogava in merito alla possibilità di considerare un Condominio di diritto italiano come rientrante nella categoria dei consumatori, ai sensi della direttiva 93/2013. A tale riguardo, il suddetto giudice menzionava la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione Italiana secondo cui, da un lato, i condomini, pur non essendo persone giuridiche, si vedevano riconoscere la qualità di “soggetto giuridico autonomo”. Dall’altro, secondo la medesima giurisprudenza, le norme a tutela dei consumatori si applicavano ai contratti stipulati tra un professionista e l’amministratore di un Condominio, definito come un “ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti”, in considerazione del fatto che l’amministratore agiva per conto dei vari condomini, i quali dovevano essere considerati come consumatori. Inoltre, ricordava la giurisprudenza della Corte in forza della quale la nozione di “consumatore” doveva essere fondata sulla natura di persona fisica del soggetto giuridico interessato. Nondimeno, ad avviso di detto giudice, il fatto di escludere l’applicabilità della direttiva 93/13 per il solo motivo che la persona interessata non fosse né una persona fisica né una persona giuridica rischierebbe di privare di protezione taluni soggetti giuridici, nel caso in cui esistesse una situazione di inferiorità rispetto al professionista tale da giustificare l’applicazione del regime sulla tutela dei consumatori. Il problema principale era che secondo la prassi della CGUE e la Direttiva 93/13 recepita dal nostro codice del consumo (e da tutte le altre analoghe norme comunitarie) il consumatore poteva essere solo una persona fisica che agiva per fini privati esulanti da quelli professionali e/o commerciali (EU:C:2001:625). Era evidente, per quanto suesposto, che il Condominio non vi rientrasse. Inoltre, l’unica sentenza della CGUE, analoga alla fattispecie, aveva riconosciuto la qualità di Consumatore solo perché i singoli condomini (e non il Condominio come nel caso de quo) avevano siglato un contratto col fornitore di energia termica (EU:C:2019:1049). Secondo la CGUE gli artt. 169 TFUE e 8 Direttiva 93/13 sancivano che “gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore da essa disciplinato, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore”. Inoltre, come enunciato dal considerando 13 della Direttiva 93/13 “gli Stati membri dovrebbero restare competenti, conformemente al diritto dell’Unione, per l’applicazione delle disposizioni di tale direttiva ai settori che non rientrano nel suo ambito di applicazione”, estendendo pertanto le sue tutele anche a chi, come il Condominio, non era un consumatore ai sensi dell’art. 2 della stessa: questa estensione era concessa, più precisamente, “a condizione che una siffatta interpretazione da parte dei giudici nazionali garantisca un livello di tutela più elevato per i consumatori e non pregiudichi le disposizioni dei trattati”.

Per tali motivi, il suddetto orientamento della Cassazione che qualificava il Condominio come consumatore «s’inscrive nell’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla summenzionata direttiva» (EU:C:2018:643), perciò l’estensione delle tutele dei consumatori era lecita ed il Condominio poteva validamente invocare il carattere abusivo della contestata clausola.

 Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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Avvocato Express da oggi anche su POSSO.it e AMAZON !!!

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Il nostro Network, con oltre 25.000 Avvocati iscritti, ha aderito all’iniziativa lanciata sulla Piattaforma posso.it dopo aver, sin dal luglio 2019, attivato la consulenza legale on line su Amazon.

POSSO.IT, piattaforma digitale ideata da One More Pictures e realizzata da Direct2Brain in collaborazione con RAI COM, è online dall’ 8 aprile 2020. Tutti POSSOno mettere a disposizione, gratuitamente, le proprie competenze, abilità, parola, saper fare concreto, una piccola parte del proprio tempo. E POSSOno cercare la risposta alla domanda e la soluzione del problema che in un altro momento sarebbe stata più facilmente a portata di mano.

La tecnologia aiuta a colmare la distanza fisica, in questo momento obbligata, e avvicina le persone che vogliono usare il tempo anche per rendersi utili, in uno qualunque dei milioni di modi POSSIbili.

RAI e RAI CINEMA accompagnano il progetto come media partner, promuovendo il lancio della piattaforma.

La piattaforma digitale rappresenta uno spazio di confronto su tematiche diverse, in compagnia di professionisti e nomi noti dello spettacolo

Questa bella iniziativa di Manuela Cacciamani è associata all’Anica, cui partecipa Videocittà. La nostra Piattaforma, a far data dal 26 febbraio 2020, aveva lanciato l’iniziativa dell’assistenza legale gratuita nella fascia oraria che andava dalle 16:00′ alle 18:00′ al fine di dare un concreto sostegno a coloro che, a causa dell’emergenza Covid-19, non potevano muoversi da casa e però avevano bisogno di una consulenza legale.

Da oggi gli avvocati del nostro Network, che avevano aderito a quell’iniziativa, si spostano sulla Piattaforma POSSO..it per due ore al giorno per rispondere, sempre gratuitamente, ai messaggi degli utenti.

Quando il bonus prima casa può essere negato?

Quando il bonus prima casa può essere negato?

In tema di agevolazioni per l’acquisto della “prima casa”, per stabilire se l’abitazione sia di lusso non assume specifica rilevanza la destinazione che l’acquirente o gli acquirenti attribuiscono al bene, sicché, in caso di acquisto “pro indiviso” di un unico cespite immobiliare (nella specie, villino di due piani, con locale autorimessa e terreno pertinenziale) da parte di due acquirenti, non è consentito il frazionamento della superficie utile tra i medesimi (nella specie, imputando a ciascuno di essi un piano dello stabile) come se il rogito notarile riguardasse due autonome alienazioni, ostandovi la contitolarità indivisa dei diritti sul bene, che consente, ai sensi dell’art. 1102 c.c., a ciascun comunista la facoltà di usare il bene comune. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, ordinanza n. 7850/2020, depositata il 16 aprile.

Il caso. La Commissione tributaria regionale competente, rigettava l’appello proposto dai ricorrenti e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado, dichiarando legittimo l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia dell’Entrate non aveva riconosciuto ai contribuenti, in relazione al contratto da essi stipulato il 29 maggio 2006, il diritto alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, stante la natura di lusso dell’immobile. La CTR fondava la propria decisione sulla circostanza che l’immobile in esame si sviluppava su due piani, ciascuno dei quali di mq 240 e, dunque, la somma di essi era superiore al parametro indicato dal D.M. 2 agosto 1969 al fine di godere dell’agevolazione richiesta.

Avverso tale sentenza i contribuenti proponevano ricorso per cassazione. Sostanzialmente i ricorrenti rilevavano che i giudici del merito avevano errato nel ritenere come unico l’immobile oggetto di compravendita, dovendosi esso considerare composto da due distinti appartamenti posti su due piani diversi e, quindi, autonomi, con la conseguenza che non poteva sommarsi la loro superficie e, dunque, agli stessi doveva riconoscersi l’agevolazione richiesta. A sostegno di tale assunto i contribuenti rilevavano che dal certificato catastale e dall’attivazione di due diverse utenze domestiche di luce e gas risultava evidente la suindicata autonomia. Altresì, i ricorrenti lamentavano che la CTR avrebbe omesso ogni motivazione circa l’onere probatorio posto in capo all’Amministrazione essendosi i giudici di merito limitati ad affermare la legittimità dell’operato di quest’ultima basato “su di un parere espresso nel merito dall’Agenzia del Territorio competente”, laddove il richiamato parere non poteva assurgere ad elemento probatorio sul quale fondare la pretesa tributaria. L’assenza di qualsivoglia elemento probatorio sul quale risultava fondato l’avviso impugnato si riverberava, poi, sempre secondo l’assunto difensivo, in una sostanziale omessa motivazione dell’atto impositivo con conseguente violazione del diritto di difesa dei contribuenti. Il Supremo Collegio riteneva che la sentenza impugnata avesse fatto corretta applicazione dei criteri previsti per la qualificazione di un immobile come di lusso. Secondo il combinato disposto degli artt. 6 d.m. 2 agosto 1969 e 40 d.P.R. n. 1142/1949, si evinceva infatti che ai fini fiscali, dovevano essere considerati abitazioni di lusso gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 mq, a nulla rilevando che si trattasse di appartamenti compresi in fabbricati condominiali o singole unità abitative. Inoltre, “In tema di agevolazioni per l’acquisto della “prima casa”, per stabilire se l’abitazione sia di lusso non assume specifica rilevanza la destinazione che l’acquirente o gli acquirenti attribuiscono al bene, sicché, in caso di acquisto “pro indiviso” di un unico cespite immobiliare (nella specie, villino di due piani, con locale autorimessa e terreno pertinenziale) da parte di due acquirenti, non è consentito il frazionamento della superficie utile tra i medesimi (nella specie, imputando a ciascuno di essi un piano dello stabile) come se il rogito notarile riguardasse due autonome alienazioni, ostandovi la contitolarità indivisa dei diritti sul bene, che consente, ai sensi dell’art. 1102 c.c., a ciascun comunista la facoltà di usare il bene comune”. (Cass. Civ. n. 7457/2016). Sulla base di tali principi, risultava evidente come i ricorrenti avevano confuso “il concetto di unità immobiliare, rilevanti ai fini dell’applicazione dell’agevolazione richiesta, e quello di unità abitativa”.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

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