D. Cosa accade quando la notifica via posta ordinaria non va a buon fine?

D. Cosa accade quando la notifica via posta ordinaria non va a buon fine?

R. Se la notificazione non ha avuto buon esito “per irreperibilità del destinatario” anche se l’indirizzo era quello dello studio legale indicato nel ricorso, la necessità della ri-notifica a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo PEC del medesimo avvocato non può certo essere ascritta a circostanze imputabili al notificante. Con la conseguenza che la rinotificazione retroagisce e impedisce ogni decadenza se è stata riattivata l’attività notificatoria entro un termine ragionevole.

(Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 1690/20; depositata il 9 marzo)

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D. Sussistenza del delitto di falso giuramento?

D. Sussistenza del delitto di falso giuramento?

R. L’assoluzione con formula piena di un imputato accusato di falso giuramento viene confermata dalla Corte di Cassazione che sottolinea come non vi siano elementi a sostegno dell’ipotesi delittuosa, se non quelli contenuti nelle dichiarazioni accusatorie della parte civile.

(Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 10370/20; depositata il 19 marzo)

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Controversia azionata da un condomino:chi paga il compenso dell’avvocato del Condominio?

Controversia azionata da un condomino:chi paga il compenso dell’avvocato del Condominio?

E’ nulla la deliberazione dell’assemblea condominiale che, all’esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il Condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, il pagamento delle spese sostenute dallo stesso Condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 c.c. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 1629/2018, depositata il 23 gennaio.

Il caso. Il Tribunale competente rigettava la domanda proposta da due condomini che, impugnata la delibera assembleare di approvazione del consuntivo, deducevano che non fossero da loro dovute le spese per la gestione scale, per la pulizia, la manutenzione ordinaria e quelle per i compensi di professionisti e tecnici di parte del Condominio in un giudizio di accertamento tecnico preventivo promosso dagli stessi attori.


Avverso tale sentenza i due condomini interponevano appello. La Corte d’Appello territoriale accoglieva solo la censura relativa alle spese per il legale ed il consulente tecnico di parte.

Avverso tale sentenza il Condominio proponeva ricorso per la cassazione lamentando, in sostanza, la falsa applicazione dell’art. 1132 c.c., ovvero il dissenso dei condomini rispetto alle liti. Secondo il Supremo Collegio la Corte d’Appello territoriale aveva fatto corretta applicazione dell’orientamento secondo cui “è nulla la deliberazione dell’assemblea condominiale che, all’esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 c.c.” Questo orientamento spiegava come nell’ipotesi di controversia tra Condominio e uno o più condomini, la compagine condominiale veniva a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al Condominio in contrasto tra loro, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condomini, costituenti la maggioranza, fosse stato rappresentato dall’amministratore. Pertanto, era da considerare nulla per impossibilità dell’oggetto la deliberazione dell’assemblea che, con riferimento ad un giudizio che vedeva contrapposti il Condominio ed un singolo condomino, ponesse anche a carico di quest’ultimo, pro quota, l’obbligo di contribuire alle spese sostenute dallo stesso Condominio per il compenso del difensore o del consulente tecnico di parte nominati in tale processo, trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino, e neppure, perciò, trovando applicazione in tale ipotesi l’art. 1132 c.c.


Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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Sconnessione del marciapiede ma spazio per passare in sicurezza: niente risarcimento per la caduta

Sconnessione del marciapiede ma spazio per passare in sicurezza: niente risarcimento per la caduta

Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.  Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 6403/2020, depositata il 6 marzo).

Il caso. Una donna conveniva in giudizio il Comune chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta avvenuta a causa di una buca imprevista e non segnalata esistente in una via del centro cittadino nella quale ella si era trovata a transitare. Si costituiva in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale, espletate due consulenze tecniche e svolta prova per testimoni, rigettava la domanda e condannava l’attrice al pagamento delle spese di giudizio.

Avverso tale sentenza la donna, soccombente, interponeva appello. La Corte d’appello territoriale  rigettava il gravame, confermava la sentenza di primo grado e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Avverso tale sentenza l’appellante proponeva ricorso per cassazione. Gli Ermellini, innanzitutto, rilevavano che “Giova premettere che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1. febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”. La Corte d’appello, che si era correttamente richiamata a questa giurisprudenza, aveva fatto buon governo di tali principi. Inoltre, il Supremo Collegio condivideva la linea seguita in Appello, laddove si era sottolineato che “la caduta – verificatasi in ora diurna – della donna era stata causata” sì “da un’ampia sconnessione del marciapiede” che però “era ben visibile a causa della diversa connotazione cromatica rispetto alla restante parte del marciapiede”. E peraltro “nel punto ove era avvenuta la caduta, residuava comunque uno spazio sufficiente per un comodo e sicuro transito pedonale”. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che la donna avesse tenuto “una condotta non conforme al generale dovere di tutela esigibile dagli utenti della strada”. Questa constatazione era sufficiente per respingere la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti del Comune, non ritenendolo responsabile né ai sensi dell’art. 2043 né ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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Reato da Coronavirus? Sino a 7 anni di reclusione!

Reato da Coronavirus? Sino a 7 anni di reclusione!

D. Qual’è il reato per chi positivo al Coronavirus non adempie all’obbligo di quarantena?

R. Ravvedendo un elevato grado di pericolosità sociale nel comportamento di chi consapevolmente assuma il rischio di trasmettere l’infezione da Coronavirus, dobbiamo chiarire che nel nostro ordinamento tale condotta può integrare il reato di lesioni gravissime, sanzionato dagli articoli 582 e 583 del Codice Penale. Pena sino a 7 anni di reclusione!

D. Post critico ma offensiva è la singola emoticon: va rimossa?

D. Post critico ma offensiva è la singola emoticon: va rimossa?

R. Scontro tra un consigliere comunale e un avvocato impegnato nell’associazionismo ambientalista. Il primo rivolge forti critiche su Facebook al secondo: fatale però l’emoticon che ha caratterizzato una delle frasi. Dal giudice è arrivato l’ordine di rimuoverla: ogni giorno in più di presenza online di essa costerà 150 euro al consigliere comunale.

(Tribunale di Verona, decreto depositato il 27 gennaio 2020)

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