In caso di inadempimento, l’amministratore di Condominio deve risarcire solo in caso di danno concreto?

In caso di inadempimento, l’amministratore di Condominio deve risarcire solo in caso di danno concreto?

CLa responsabilità contrattuale dell’amministratore di Condominio, convenuto in giudizio per presunti ammanchi e malversazioni nei conti condominiali, non comporta la condanna al risarcimento di un danno di per sé, ma deve necessariamente avere comportato un concreto pregiudizio patrimoniale al Condominio stesso. Questo è quanto stabilito dal Tribunale di Roma, sentenza 26 aprile 2019.

Il caso. Un Condominio conveniva in giudizio l’ex amministratore per accertarne le gravi responsabilità contrattuali o i gravi illeciti extracontrattuali (omessa convocazione di assemblee condominiali ordinari e straordinarie; omesso rendimento di conti consuntivi; omesso rendimento del conto dell’avanzo attivo di cassa; omessa esecuzione di deliberazioni assembleari assunte precedentemente al conferimento dell’incarico e relative alla costituzione del fondo lavori urgenti e necessari per la scala B e alla richiesta di passo carrabile; omesso pagamento dei contributi previdenziali per il portiere dello stabile e di fornitori – come l’impresa che curava la manutenzione degli ascensori -; incompiutezza delle consegne rese al nuovo amministratore; inerzia nella riscossione degli oneri gravanti sui singoli condòmini, nella contabilizzazione di quelli, invece, incassati e nel recupero coattivo nei confronti dei morosi; inerzia, altresì, nelle iniziative necessarie per la risoluzione di controversie e questioni di vicinato e abuso delle cose comuni – come nel caso della installazione dei motori di un impianto di condizionamento di un esercizio commerciale all’interno di una chiostrina del fabbricato -), e ottenerne, perciò, la condanna al risarcimento di tutti i danni cagionati chiedendo il risarcimento di un danno asseritamente cagionato dallo stesso. Il convenuto, costituendosi in giudizio lamentava dapprima la nullità della procura del legale del Condominio. Nel merito, il Condominio contestava sia la domanda di appropriazione indebita di fondi condominiali, che quella di negligenza professionale nell’adempimento del mandato ricevuto. L’adito Tribunale accoglieva solo parzialmente le domande attoree. Il principio fondamentale, sottostante alla decisione, era quello della necessità da un lato di fornire prova degli addebiti ascritti all’amministratore e dall’altro quella di dimostrare gli effettivi pregiudizi subiti dal Condominio. Anche in caso di non perfetta esecuzione degli obblighi previsti dal contratto dell’amministratore di Condominio, infatti, ai fini di ottenere un risarcimento era necessario che l’inadempimento si fosse tradotto in un pregiudizio a carico dell’attore. Secondo il giudice di prime cure il presunto mancato pagamento dei contributi previdenziali al portiere dello stabile doveva considerarsi come mero ritardo e questo non aveva comportato sanzioni a carico del Condominio, pertanto, non vi era necessità di condannare il vecchio amministratore a un risarcimento. Nello specifico la sentenza principiava sconfessando l’eccezione di nullità della delega del legale del Condominio attoreo. Secondo il Tribunale, difatti, sussistevano diverse incombenze che – essendo proprie del ruolo dell’amministratore in carica – non necessitavano di previa autorizzazione assembleare per la loro esecuzione come l’esecuzione delle delibere assembleari, la disciplina delle cose comuni, il recupero dei crediti e gli atti conservativi sull’edificio. Nel caso de quo, il giudice di primo grado ravvisava come l’assemblea avesse autorizzato l’amministratore p. t. ad agire “sia penalmente che civilmente nei confronti di  (omissis)”, autorizzando l’amministratore ad intentare l’azione giudiziale. Nel merito, il Tribunale preliminarmente rilevava l’adempimento degli obblighi di rendiconto in quanto veniva richiamato il principio in ragione del quale “l’obbligo di rendiconto è legittimamente adempiuto quando chi vi sia tenuto fornisca la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto delle somme incassate e dell’entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato a criteri di buona amministrazione”. Inoltre, l’approvazione del bilancio consuntivo condominiale, quindi, lungi dall’essere un negozio di mero accertamento delle finanze dello stabile, rappresentava anche un atto riepilogativo della situazione finanziaria del Condominio e di controllo della validità dell’esecuzione del mandato collegato con il rapporto di amministrazione condominiale. L’approvazione del rendiconto da parte dell’assemblea, quindi, non aveva valore negoziale (di costituzione, modifica o estinzione di rapporti giuridici) ma solamente ricognitivo e conformativo dei conti del palazzo e dell’operato dell’amministratore. In caso di vizi o errori nel bilancio consuntivo al Condomino (assente o dissenziente) era garantito il rimedio dell’impugnazione della delibera assembleare. Secondo il Tribunale, uno strumento correttivo generale, rappresentato dall’impugnazione dell’assemblea in considerazione del suo contenuto e per vizi del consenso e uno «strumento correttivo speciale» rappresentato dall’art. 266 c.p.c. che affermava che «La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta, anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite». Applicando tale norma, quindi, si poteva sempre ottenere la revisione del conto approvato in caso di errore o falsità. In conclusione, comunque, si poteva desumere che, ai fini dell’azione risarcitoria il Condominio avesse l’onere di fornire prova in merito a falsità, errori o malversazioni, mentre l’amministratore doveva fornire prova di una corretta e trasparente gestione. Nel caso de quo, tuttavia, l’analisi contabile della gestione aveva evidenziato che dall’ultimo rendiconto approvato risultava una minor giacenza sul conto corrente condominiale pari ad € 10.380,96, mentre non vi era stata dimostrazione di tutti gli altri danni evidenziati nell’atto di citazione in particolare per i seguenti motivi: 1. Non risultava alcuna interruzione delle somministrazioni, ne inadempimenti verso i fornitori di acqua, luce, gas o dei servizi di ascensori o portineria; 2. Il passaggio di consegne con il nuovo amministratore si era svolto correttamente e non risultava alcuna successiva richiesta di integrazione di documenti; 3. Non erano state prodotte in giudizio fatture inevase relative al periodo di gestione dell’amministratore convenuto; 4. I ritardi nei versamenti dei contributi al portiere, come già evidenziato, non avevano cagionato sanzioni al Condominio.

Per tali motivi il Tribunale ravvisando unicamente il danno relativo all’ammanco di cassa di € 10.380,96 condannava l’amministratore convenuto a rifondere detta cifra al Condominio, ma rigettava tutte le ulteriori domande dello stabile attoreo per carenza di prova.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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R. Con l’azione compiuta la donna ha voluto impedire la cessione del tagliando a terze persone da parte dell’automobilista. Smentita in Cassazione la visione della Corte d’Appello: impossibile, in sostanza, sostenere che il gesto abbia limitato la libertà dell’automobilista.

(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 30439/19; depositata il 10 luglio)

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D. Amazon è obbligata ad indicare il numero telefonico ad indicare il numero telefonico, purché sia contattabile rapidamente dal consumatore?

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R. L’art. 6, §. 1, lett. c), Direttiva 2011/83/UE (diritti dei consumatori,) deve essere interpretato nel senso che, da un lato, esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che impone al professionista, prima di concludere con un consumatore un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali ex art. 2, punti 7 e 8, di fornire, in ogni caso, il proprio numero di telefono.  

(Corte di Giustizia, Prima Sezione, sentenza 10 luglio 2019, causa C-649/17)

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D. Assegno pagato al soggetto sbagliato: la diligenza dello sportellista salva la società?

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R. Esclusa ogni ipotesi risarcitoria. Fondamentale la valutazione della condotta tenuta dall’operatore di sportello, che ha verificato l’autenticità del titolo e ha reso disponibile la somma solo dopo avere ricevuto l’incasso e l’autorizzazione al pagamento della banca trattaria.  

(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 17641/19; depositata il 1° luglio)

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D. Ricorso per cassazione e procedura di correzione della sentenza sono rimedi alternativi?

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R. Qualora la parte appellante vittoriosa abbia domandato la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della decisione di primo grado ed il giudice abbia omesso di pronunciarsi su tale istanza, potrà proporsi apposito ricorso per cassazione ovvero, qualora ne sussistano i presupposti, è ammissibile la procedura di correzione dell’errore materiale della sentenza.  

(Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 17664/19; depositata il 2 luglio)

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D. come si propone l’opposizione all’ordinanza di assegnazione delle somme?

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«Nei pignoramenti presso terzi cui si applicano le modifiche di cui alla legge n. 228/2012, e successive, l’impugnazione prevista dall’art. 548, comma 2 e dall’art. 549 c.p.c., concernenti rispettivamente l’ordinanza pronunciata in caso di mancata dichiarazione del terzo e quella con cui il giudice dell’esecuzione risolva le contestazioni sorte sulla dichiarazione, si deve proporre con ricorso al giudice dell’esecuzione», ai sensi dell’art 617, comma 2, c.p.c..  

(Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 17663/19; depositata il 2 luglio)

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