R. Respinte definitivamente le obiezioni proposte dal marito, che deve anche caricarsi dell’assegno di mantenimento in favore delle figlie. Decisiva per i Giudici è la constatazione che la coppia era in difficoltà per la loro forte conflittualità, resa ancora più incisiva dalla crisi dell’azienda di famiglia.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 16222/19; depositata il 18 giugno)
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R. Lei è affetta da un problema psicopatologico, lui è dipendente dall’alcool. Entrambi però continuano a non voler fare i passi necessari per affrontare le rispettive difficili situazioni, e ciò ha ripercussioni negative sulla loro bambina. Necessario, di conseguenza, secondo i Giudici, lo stato di adottabilità per tutelare il futuro della minore.
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 16499/19; depositata il 19 giugno)
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CSe i box sono realizzati su un cortile condominiale, che appartiene, pro-quota, a tutti i condomini, anche i relativi box auto devono essere considerati condominiali ed apparterranno anch’essi, pro-quota, ai singoli condomini. Il punto fondamentale della questione, pertanto, non è l’atto di trasferimento del singolo appartamento e se questo debba essere considerato al netto o al lordo del box pertinenziale bensì il “titolo di proprietà” dell’area di sedime su cui i box sono realizzati. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 16070/2019, depositata il 14 giugno.
Il caso. Gli acquirente dell’appartamento citavano in giudizio
il venditoredinanzi al
Tribunale competente, per sentir dichiarare che l’appartamento avesse
“come necessaria pertinenza l’autorimessa a servizio del medesimo”, e
conseguentemente condannare il convenuto a consegnare loro la medesima
autorimessa rilasciandola libera da persone, cose e terzi occupanti nel pieno
ed esclusivo possesso dei medesimi. Gli attori deducevano che il Condominio, in
forza di concessione edilizia, aveva realizzato ventuno autorimesse sugli spazi
comuni destinati al parcheggio delle auto, costituenti dipendenza coperta degli
appartamenti, e che perciò spettasse loro la proprietà dell’autorimessa quale
pertinenza dell’appartamento acquistato. Il convenuto allegava, per contro, che
l’atto di compravendita si riferiva alla proprietà del solo appartamento, e non
anche dell’autorimessa. Il Tribunale rigettava la domanda.
Avverso tale sentenza i convenuti interponevano appello. La Corte d’Appello
distrettuale accoglieva il gravame ritenendo che la vendita dell’appartamento
avrebbe comportato l’automatico trasferimento del box auto pertinenziale. Osservava, infatti, come l’appartamento venduto agli
appellati era compreso in un complesso edilizio costituito da complessivi 33
alloggi, nonché da oltre 12 box auto realizzati all’epoca della costruzione
degli edifici (1968-1970) e 21 box auto nel cortile condominiale assentiti in
base ad apposita concessione edilizia rilasciata nel 1988, in maniera che ogni
appartamento avesse una propria autorimessa. Secondo la Corte d’Appello, “il
cortile, dove furono costruiti i nuovi box nel 1988, era di proprietà comune
pro quota fra i condomini. D’altro canto, giacché realizzati dopo
l’introduzione della L. n. 47 del 1985, art. 26, tali box dovevano intendersi
collegati da vincolo pertinenziale con gli appartamenti”. Era decisivo, quindi,
per la Corte d’Appello, che l’atto di compravendita non conteneva alcuna riserva
di proprietà dei diritti pro quota della venditrice sui box compresi nel
cortile, ed anzi precisava che nel trasferimento fosse compreso “il
diritto alla comproprietà delle parti comuni del fabbricato di cui fa parte la
porzione alienata”. Pertanto, dal momento che il secondo gruppo di box auto era
stato realizzato su un cortile condominiale, anche gli immobili realizzati su
di esso devono intendersi condominiali.
Avverso tale sentenza parte soccombente proponeva ricorso per cassazione
con due motivi. A suo parere il richiamo, da parte della Corte d’Appello, alla
L. n. 47/1985 ed la corrispondenza tra il numero degli appartamenti ed il
numero dei box auto, sarebbe errato. La norma urbanistica, infatti, prevedeva
un rapporto pertinenziale tra i volumi realizzati e la superficie vincolata a
parcheggio e non tra il numero di unità immobiliari ed il corrispondente numero
di box auto esistenti. La Corte, inoltre, avrebbe mancato nel considerare che
il Condominio era dotato di una superficie a parcheggio sufficiente a saturare
lo standard urbanistico di aree a parcheggio (pari ad 1 mq di area a parcheggio
per ogni 10 mc realizzati). Pertanto, secondo il venditore, il fabbricato
(valutato utilizzando il parametro edilizio della volumetria sviluppata) era
dotato di una superficie a parcheggio sufficiente a coprire lo standard
richiesto dalla norma urbanistica senza considerare i box auto. I giudici di
legittimità condividevano l’iter logico-giuridico seguito dalla Corte d’Appello,
e, in particolare, il ragionamento nella parte in cui, avrebbe dedotto la
“condominialità” dei box auto realizzati sul cortile condominiale. Nella specie, infatti, era stato accertato in fatto che
le autorimesse oggetto della concessione edilizia del 1988 erano state
costruite in un cortile di proprietà condominiale. “I cortili (ed
esplicitamente pure le stesse aree destinate a parcheggio, dopo l’entrata in
vigore della L. n. 220 del 2012), rispetto ai quali manchi un’espressa riserva
di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, rientrano
tra le parti comuni dell’edificio condominiale, a norma dell’art. 1117 c.c., e
la loro trasformazione in un’area edificabile destinata alla installazione, con
stabili opere edilizie, di autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei
condomini, seppur faccia venir meno la funzione dell’area comune, non ne
comporta una sottrazione al regime della condominialità sotto il profilo
dominicale. Ciò a differenza del locale autorimessa, che, se anche situato
entro il perimetro dell’edificio condominiale, non può ritenersi ex se incluso
tra le “parti comuni dell’edificio” ai diretti effetti dell’art. 1117
c.c..” Dunque, essendo state costruite le autorimesse, assentite con concessione
edilizia del 1988, nel cortile comune, su richiesta di ventuno condomini del
Condominio, le stesse dovevano intendersi per accessione, ai sensi dell’art.
934 c.c., di proprietà comune pro indiviso a tutti i condomini dell’immobile, salvo
contrario accordo, che doveva rivestire la forma scritta ad substantiam.
Giacché appartenenti in comunione ai singoli condomini, quali comproprietari ex
art. 1117 c.c. del cortile sul cui suolo sono state costruite, ogni acquisto di
un’unità immobiliare compresa nell’edificio condominiale comprendeva la quota
di comproprietà delle autorimesse comuni e il diritto di usufruire della
stessa, a nulla rilevando l’eventuale divergenza fra il numero delle
autorimesse e quello dei partecipanti al condominio (divergenza su cui invece
si soffermava parte ricorrente), la quale poteva semmai incidere ai fini della
regolamentazione dell’uso di esse. Secondo la Cassazione, il box auto in discussione
apparteneva al proprietario dell’appartamento per essere stato costruito su un
bene (il preesistente cortile) che era certamente condominiale e, come tale, di
proprietà di tutti i condomini. In altre parole, il punto fondamentale della
questione non era l’atto di trasferimento del singolo appartamento e se questo
dovesse essere considerato al netto o al lordo del box pertinenziale bensì il
“titolo di proprietà” dell’area di sedime su cui i box erano stati realizzati.
In altri termini, se i box sono stati realizzati su un cortile condominiale,
che appartiene, pro-quota, a tutti i condomini, anche i relativi box auto
devono essere considerati condominiali ed apparterranno anch’essi, pro-quota,
ai singoli condomini.
Per tali motivi la Corte di Cassazione
rigettava il ricorso e condannava parte ricorrente a rimborsare ai
controricorrenti le spese del giudizio di legittimità.
Avv. Anna Maria
Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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R. L’accertamento immuno-ematologico per l’accertamento della paternità non è subordinato alla prova dell’esistenza di una relazione, e il rifiuto ingiustificato a sottoporvisi, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., è suscettibile di essere valutato come ammissione.
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 16128/19; depositata il 14 giugno)
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R. Qualora uno dei genitori abbia sostenuto da solo delle spese per il mantenimento del figlio fin dalla nascita, ha diritto a chiederne il rimborso all’altro genitore mediante azione di regresso.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 16404/19; depositata il 19 giugno)
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R. Ribadendo il principio per cui l’assegno di mantenimento non risponde alla funzione di realizzare un tendenziale ripristino del tenore di vita goduto dai coniugi prima della separazione, gli Ermellini sottolineano che la durata del matrimonio assume rilevanza ai fini della determinazione della misura dell’assegno stesso.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 16405/19; depositata il 19 giugno)
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