Rinuncia o revoca del mandato e sanzione disciplinare

Rinuncia o revoca del mandato e sanzione disciplinare

D. Sanzione disciplinare per l’avvocato: importa se trattasi di rinuncia o revoca del mandato?

R. Il difensore ha il dovere di comunicare alla persona assistita sia la rinuncia che la revoca del mandato. Entrambe le fattispecie costituiscono infatti un’interruzione nella continuità dell’assistenza tecnica e impongono l’applicazione dei medesimi strumenti a tutela della parte assistita.  (Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza n. 2755/19; depositata il 30 gennaio)

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Uso paritetico del locale comune

Uso paritetico del locale comune

L’uso paritetico del locale comune è impedito dall’installazione di un serbatoio privato?

L’uso paritetico della cosa comune, che va tutelato, deve essere compatibile con la ragionevole previsione dell’utilizzazione che in concreto faranno gli altri condomini della stessa cosa, e non anche della identica e contemporanea utilizzazione che in via meramente ipotetica e astratta essi ne potrebbero fare. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 28111/2018, depositata il 5 novembre.

Il caso. Un condomino, dopo essere stato autorizzato da delibera condominiale, aveva fatto uso consentito della cosa comune installando un proprio serbatoio presso un locale comune dello stabile, dovendosi intendere l’uso paritario non in astratto e in assoluto, ma in concreto. Un altro condomino, ritenendo che il serbatoio non consentisse alla collettività condominiale di conseguire un uso paritetico del locale comune, chiedeva, all’adito giudice, di disporre la rimozione del predetto serbatoio. Il giudice di primo grado rigettava la domanda attorea.

Avverso tale sentenza, l’attore interponeva appello ma anche la Corte d’Appello territoriale ne rigettava la domanda in base al fatto che prima di procedere all’installazione, l’appellato era stato autorizzato dall’assemblea condominiale nonché il serbatoio non impediva ai rimanenti condomini di utilizzare partitamente il locale in questione.

Avverso la sentenza di secondo grado, l’appellante proponeva ricorso per cassazione deducendo la falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. e assumendo, inoltre, che la Corte d’Appello non aveva tenuto conto della relazione del CTU dalla quale emergeva che i condomini non avrebbero potuto fare pari uso del locale occupato dal serbatoio privato in quanto, detta parte dell’edificio non avrebbe sopportato il peso di altri pesanti depositi. Secondo il Supremo Collegio “l’uso paritetico della cosa comune, che va tutelato, deve essere compatibile con la ragionevole previsione dell’utilizzazione che in concreto faranno gli altri condomini della stessa cosa, e non anche della identica e contemporanea utilizzazione che in via meramente ipotetica e astratta essi ne potrebbero fare”. Nel caso de quo, l’uso condominiale del piccolo locale, destinato a ripostiglio, non era stato in alcun modo inciso dalla collocazione sospesa del serbatoio, e, altresì, nel giudizio d’Appello è stato rilevato che nessun altro condomino aveva manifestato alcuna attuale necessità di collocare un proprio serbatoio, tale da far rilevare come ostacolo la cisterna previamente installata: sicché erano da ritenere irrilevanti gli apprezzamenti tecnici esperiti. In riferimento a quest’ultima questione, gli Ermellini ribadivano come in sede di legittimità era indeducibile l’omesso esame di un fatto che avesse previamente costituito oggetto di discussione tra le parti e avesse assunto carattere decisivo.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione dichiarava il ricorso inammissibile e condannava la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

 

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Licenziamento

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D. Operaio troppo lento al tornio: è legittimo il licenziamento?

R. Sanzionata dall’azienda la tempistica nella lavorazione di un lotto di trenta pezzi. Significativi anche due precedenti negativi. Ma ciò che conta, secondo i Giudici, è la prognosi negativa dell’azienda stessa sull’ipotesi di un aumento di diligenza del lavoratore nell’esecuzione della prestazione.  (Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 2289/19; depositata il 28 gennaio)

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Stalking

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D. Messaggi a raffica tramite WhatsApp: è stalking aggravato dal mezzo informatico?

R. Condanna definitiva per l’imputato. Confermata la pena fissata dal GIP in 6 mesi di reclusione. Respinta la linea difensiva secondo cui la messaggistica telefonica tra due soggetti non è sufficiente per riconoscere l’aggravante del mezzo informatico.  (Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 3989/19; depositata il 28 gennaio)

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Condominio minimo e rimborso delle spese di manutenzione delle parti comuni

Condominio minimo e rimborso delle spese di manutenzione delle parti comuni

Condominio minimo:per il rimborso delle spese di manutenzione delle parti comuni è necessaria l’urgenza dell’intervento?

Anche per il caso del Condominio c.d. minimo, il condomino che, intraprendendo a proprie spese dei lavori di manutenzione e riparazione delle parti comuni, voglia chiedere il rimborso all’altro condomino ex art. 1110 c.c., deve dimostrare che i lavori intrapresi presentino i requisiti dell’urgenza ex art. 1134 c.c.. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza n. 620/2019, depositata il 14 gennaio.

Il caso. In un Condominio, costituito da due abitazioni: una a pian terreno e una al primo piano, i condomini residenti nell’alloggio sito a piano terra, eseguivano, a proprie spese, e anticipando la quota dell’altro condomino, dei lavori di manutenzione e riparazione urgenti del cortile e di un viale d’accesso comuni ad entrambi gli appartamenti e gravanti, altresì, da servitù di passaggio in favore dell’appartamento del primo piano. I condomini che avevano sostenuto le spese di manutenzione si rivolgevano al Tribunale competente chiedendo il pagamento della somma di Euro 250.000,00 “a titolo di risarcimento danni patrimoniali subiti a seguito del mancato pagamento di quota dovuta sulla somma a pagarsi anticipata dagli istanti”. Il Giudice di primo grado, non rilevando il carattere dell’urgenza ex art. 1134 c.c., rigettava la domanda attorea.

Avverso tale sentenza, gli attori proponevano appello. La Corte d’Appello territoriale qualificava tale domanda come riconducibile all’art. 1134 c.c. e, confermando la decisione del Tribunale, non rilevando anch’essa il carattere dell’urgenza, rigettava la domanda di risarcimento.

Avverso la sentenza di secondo grado, i condomini del piano terreno proponevano ricorso per Cassazione lamentando, in particolare, la violazione degli artt. 1110 e 1134 c.c.. Il Supremo Collegio affermava che «Anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile soltanto nel caso in cui abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la L. n. 220 del 2012). Ai fini dell’applicabilità dell’art. 1134 c.c., va dunque considerata “urgente” non solo la spesa che sia giustificata dall’esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere. Spetta al singolo condomino, che agisca per il rimborso, dare dimostrazione che le spese anticipate fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, e dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini, sulla base di accertamento di fatto spettante al giudice del merito (Cass. Sez. 6 -2, 08/06/2017, n. 14326). Nulla è invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (art. 1110 c.c.). Ciò vale anche per i condomini composti da due soli partecipanti, la cui assemblea si costituisce validamente con la presenza di tutti e due i condomini e all’unanimità decide validamente. Se non si raggiunge l’unanimità e non si decide, poiché la maggioranza non può formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all’autorità giudiziaria, come previsto dagli artt. 1139 e 1105 c.c. ».

Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava i ricorrenti in solido a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di legittimità.

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Sorpasso vietato e impugnazione del verbale

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D. Sorpasso vietato, il conducente dell’auto può impugnare il verbale per evitare la decurtazione dei punti?

R. Nel caso in cui il conducente dell’auto, non coincidente con il proprietario del veicolo, abbia dichiarato all’Amministrazione procedente di aver preso visione del verbale e di essere l’effettivo responsabile dell’infrazione, deve essergli riconosciuto l’interesse ad impugnare il verbale stesso per evitare l’applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente. (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 1184/19; depositata il 17 gennaio)

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