Impugnazione delibera assembleare

Impugnazione delibera assembleare

Delibera assembleare impugnata: la legittimazione passiva spetta in via esclusiva all’amministratore condominiale

Nel giudizio promosso dal condomino e volto ad impugnare la delibera dell’assemblea condominiale inerente interessi collettivi, la legittimazione passiva spetta in via esclusiva all’amministratore rappresentante dell’intero complesso abitativo.  Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 27416/2018, depositata il 29 ottobre.

Il caso. Le finestre presenti nel vano scala di un Condominio dovevano essere ristrutturate e, pertanto, veniva indetta un’assemblea condominiale comunicata ai singoli condomini interessati tramite specifico verbale. Un condomino impugnava la delibera assunta dall’assemblea condominiale deducendone l’annullabilità poiché, a suo dire, era tardiva la convocazione ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c..  L’adito Tribunale, rilevata la tardività della convocazione dell’attore all’assemblea indicata ex art. 66 disp. att. c.c., dichiarava nulla la delibera impugnata.

Avverso la sentenza di primo grado, il Condominio proponeva appello ribadendo che le spese relative alla sostituzione delle finestre del vano scala – contestate dall’appellato – erano state correttamente ripartite fra tutti i comproprietari del medesimo vano scala, in applicazione dell’art. 1123, comma 1, c.c. e aggiungeva che una successiva delibera dell’assemblea aveva approvato tutte le decisioni assunte dall’assemblea contestata, sicché poteva essere dichiarata cessata la materia del contendere. La Corte d’Appello territoriale, preso atto della sostituzione della delibera impugnata e della conseguente cessazione della materia del contendere in ordine alla validità della stessa, stabiliva l’annullabilità della decisione condominiale.

Avverso tale sentenza, i singoli condomini del Condominio, soccombenti dal giudizio di secondo grado, proponevano ricorso per cassazione deducendo una falsa applicazione degli artt. 1137 e 1335 c.c., laddove la sentenza oggetto di ricorso era stata pronunciata nei confronti dell’amministratore del medesimo Condominio. Il Supremo Collegio ravvisava preliminarmente una questione di rilevante interesse, tale da comportare una rapida conclusione alle liti condominiali: nei giudizi relativi alla suddivisione e ripartizione delle spese comuni condominiali la legittimazione passiva spettava esclusivamente all’amministrazione del Condominio, mentre la legittimazione attiva era riconosciuta a ciascun condominio dissenziente. Da ciò conseguiva, come ancora di recente ribadito dalla Corte di legittimità che “nelle controversie concernenti impugnativa ex art. 1137 c.c. delle deliberazioni dell’assemblea relative alla ripartizione delle spese per le cose e per i servizi comuni, nelle quali è unico legittimato passivo l’amministratore di condominio, non è ammissibile il gravame avanzato dal singolo condomino avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio. Il potere di impugnazione del singolo condomino viene, infatti, generalmente riconosciuto nelle controversie aventi ad oggetto azioni reali, incidenti sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, o anche nelle azioni personali, ma se incidenti in maniera immediata e diretta sui diritti di ciascun partecipante. Mentre (secondo l’orientamento del tutto prevalente di questa Corte, che il collegio intende qui ribadire) non va consentita l’impugnazione individuale relativamente alle controversie aventi ad oggetto non i diritti su di un bene o un servizio comune, bensì la gestione di esso, intese, dunque, a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, nelle quali non v’è correlazione immediata con l’interesse esclusivo d’uno o più condomini, quanto con un interesse direttamente plurimo e solo mediatamente individuale, giacché, nelle cause di quest’ultimo tipo, la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, spetta in via esclusiva all’amministratore, e la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest’ultimo finisce per escludere la possibilità d’impugnazione da parte del singolo condomino”.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso e condannava in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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D. Il danno (patrimoniale e non patrimoniale) per l’errata segnalazione al CRIF deve essere provato dall’interessato?

R. In caso di illecito trattamento dei dati personali per illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, il danno, sia patrimoniale che non patrimoniale, non può essere considerato “in re ipsa” per il fatto stesso dello svolgimento dell’attività pericolosa. Anche nel quadro di applicazione dell’art. 2050 c.c., il danno, e in particolare la “perdita”, deve essere sempre allegato e provato da parte dell’interessato. (Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 207/19; depositata l’8 gennaio)

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Fallimento e procedura

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D. Gli atti del fascicolo fallimentare sono consultabili solo su specifica istanza?

R. Gli Ermellini escludono la possibilità di configurare un diritto illimitato dei soggetti coinvolti nella procedura fallimentare (fallito, creditori e terzi) alla consultazione di tutti gli atti della procedura stessa.  (Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 212/19; depositata l’8 gennaio)

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Riconoscimento della protezione umanitaria

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D. Riconoscimento della protezione umanitaria: basta dedurre l’instabilità del Paese di provenienza?

R. Ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, è onere dell’istante dedurre specificatamente le lesioni alla sfera dei propri diritti personalissimi poiché sul giudice non incombe il dovere di cooperazione nell’accertamento dei fatti rilevanti nel caso specifico.  (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 231/19; depositata l’8 gennaio)

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Maltrattamenti in famiglia

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D. Insulti a ripetizione verso la moglie: la remissione della querela salva il marito?

R. Condanna definitiva per il marito. Decisive le condotte vessatorie messe in atto ai danni della consorte. Irrilevante il richiamo difensivo alla decisione della moglie di rimettere l’originaria querela.  (Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 175/19; depositata il 4 gennaio)

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Nuove regole per la notificazione a mezzo del servizio postale

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La legge 30 dicembre 2018, n. 145 (c.d. legge di bilancio) introduce, al comma 813, alcune modifiche alla legge n. 890/1982 in materia di notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari.

Addio al bollo postale sull’avviso di ricevimento. La prima modifica interviene eliminando l’obbligo di munire del bollo dell’ufficio postale l’avviso di ricevimento del piego raccomandato che ritorna al mittente.

Il nuovo primo comma dell’art. 4, infatti, prevede ora che «l’avviso di ricevimento del piego raccomandato, completato in ogni sua parte [e munito del bollo dell’ufficio postale] recante la data dello stesso giorno di consegna, è spedito in raccomandazione all’indirizzo già predisposto dall’ufficiale giudiziario».

Punto di accettazione dell’operatore postale. Un’ulteriore modifica, questa volta di carattere terminologico, è quella che attiene al comma 4 dello stesso articolo 4 il cui testo prevede oggi che «i termini, che decorrono dalla notificazione eseguita per posta, si computano dalla data di consegna del piego risultante dall’avviso di ricevimento e se la data non risulti, ovvero sia comunque incerta, da quanto attestato sull’avviso medesimo dal punto di accettazione dell’operatore postale che lo restituisce».
In questo caso, quindi, l’originaria espressione “ufficio postale” lascia spazio al “punto di accettazione dell’operatore postale”: e ciò in linea con le precedenti modifiche che avevano aperto alla libera concorrenza il mercato della notificazione che può avvenire, oltre che tramite Poste Italiane, tramite operatori postali privati o comunque diversi da Poste Italiane.

Smarrimento dell’avviso di ricevimento. La legge di bilancio precisa il supporto dell’avviso smarrito quando il mittente aveva indicato un indirizzo PEC e i tempi da rispettare per il duplicato dell’avviso di ricevimento smarrito. Ed infatti, in caso di smarrimento l’operatore postale incaricato è tenuto a rilasciare, senza spese, un duplicato o altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo e a farlo avere al mittente.
Quando – e qui risiedono le modifiche – «il mittente ha indicato un indirizzo di posta elettronica certificata, l’operatore forma una copia per immagine su supporto digitale [e, non già analogico, n.d.a.] dell’avviso di ricevimento secondo le modalità prescritte dall’articolo 22 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e provvede, entro cinque giorni dalla consegna del piego al destinatario, a trasmettere con modalità telematiche la copia dell’avviso al mittente».
Sul punto, è bene mettere in evidenza che la sostituzione del termine “digitale” al termine “analogico” va a sanare un errore previsto nella versione precedente: ed infatti, la copia per immagine dell’originale analogico da spedire, poi, tramite PEC non avrebbe che potuto essere “digitale” non potendo certamente inviare a mezzo PEC un documento “analogico”.

Mancata consegna personale: torna la CAN. A volte ritornano: dopo un “anno sabbatico” (ed infatti, era stata abrogata dalla legge di bilancio di dicembre 2017) la legge re-introduce la Comunicazione di Avvenuta Notifica.
Il comma 3-bis dell’art. 7 prevede, nuovamente, che «se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’operatore postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata. Il costo della raccomandata è a carico del mittente».

Si allungano i tempi per la messa a disposizione dell’atto in caso di assenza. Si allungano i tempi per la messa a disposizione dell’atto in caso di assenza: ed infatti, ai sensi del nuovo comma 1 dell’art. 8, se le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero se l’operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato entro due giorni lavorativi dal giorno del tentativo di notifica [e, non più lo stesso giorno, nda] presso il punto di deposito più vicino al destinatario.

Verso l’avviso di ricevimento digitale. La legge di bilancio, infine, differisce al 1° giugno 2019 il termine di cui all’art. 1, comma 97-quinquies, secondo periodo, l. 23 dicembre 2014, n. 190, in materia di avviso di ricevimento digitale del piego raccomandato facendo «salvi i comportamenti tenuti dagli operatori postali sino alla data di entrata in vigore della presente legge».
E ciò per consentire il completamento della disciplina regolatoria e la conclusione dei tempi di realizzazione da parte degli operatori postali.

 

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