Affinché sussista una veduta, a norma dell’art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 7705/2016, depositata il 19 aprile). Con tale sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in tema di distinzione tra luci e vedute. Il caso in esame ha riguardato la domanda di abbattimento di alcune opere poste in violazione delle norme del codice civile in materia di distanze tra edifici. In particolare, la Corte di Appello, conformemente alle conclusioni raggiunte dalla CTU esperita in corso di causa, aveva qualificato come veduta un’apertura posta ad una altezza tale da consentire l’affaccio sul fondo vicino e ritenendo integrato il presupposto della prospectio, senza però considerare che, in concreto e per le caratteristiche dell’apertura (dotata di inferiate di ferro) detta prospectio, non era materialmente possibile.

Proprio con riferimento a tale motivo della decisione dei Giudici di merito è stato proposto ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso con riguardo alla censura rivolta alla erronea qualificazione dell’apertura come vedutae non come luce nonostante la stessa non consentisse materialmente, nonostante l’altezza, la prospectio sul fondo vicino. Richiamando sul punto l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, gli Ermellini hanno affermato che affinché sussista una veduta, ai sensi dell’art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio, dovendo tale apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, ovvero di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale. Tuttavia, hanno precisato, sempre richiamando alcuni precedenti di legittimità, che quanto all’affaccio esso deve essere sicuro, nel senso che, avuto riguardo al luogo, alle modalità di accesso e alle caratteristiche dell’apertura, la veduta deve essere possibile senza usare particolare accorgimenti o mettere a repentaglio l’incolumità di chi si affaccia. In tal senso, secondo la Corte, ha deposto anche la nozione di uso corrente dell’espressione “affacciarsi” che il legislatore ha recepito nell’art. 900 c.c., la quale denota la posizione che l’osservatore assume per potere, comodamente, senza pericolo e senza ausilio di alcun mezzo artificiale, vedere obliquamente e lateralmente sul fondo altrui, tenendo il petto, protetto dall’opera, a livello superiore a quello massimo dell’opera stessa. Su tali presupposti è stata, quindi, censurata la sentenza dei Giudici di merito per avere erroneamente qualificato l’apertura come veduta, senza considerare che nel caso de quo la stessa, pur essendo posta ad una altezza tale da consentire di affacciarsi, non consentiva, per determinate caratteristiche, una comoda prospectio nel fondo confinante.
Avv. Anna Maria Cupolillo,  Staff Giuridico AvvExpress

 

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