D. Coltivazione di cannabis per uso personale: la norma penale è incostituzionale?

R.  L’attitudine della coltivazione di cannabis ad innescare un meccanismo di creazione di nuove disponibilità di droga, quantitativamente non predeterminate, rende non irragionevole la valutazione legislativa di pericolosità di tale condotta.  La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R. n. 309/1990 (Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti), nella parte in cui non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative anche la coltivazione di piante di cannabis, ove finalizzata in via esclusiva all’uso personale della sostanza stupefacente.
Ad avviso del giudice rimettente, risulterebbe violato il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), sotto il profilo dell’ingiustificata disparità di trattamento fra chi detiene per uso personale una sostanza stupefacente ricavata da piante da lui stesso precedentemente coltivate (assoggettabile soltanto a sanzioni amministrative) e chi è sorpreso mentre ha in corso l’attività di coltivazione, finalizzata sempre al consumo personale (condotta che assume, invece, rilevanza penale). La Consulta, quindi, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 13, secondo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Brescia. (Corte Costituzionale, sentenza n. 109/16; depositata il 20 maggio).

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