Nuove norme sul pignoramento dello stipendio e delle pensioni

L’art. 13, D.L. 27 giugno 2015, n. 83 (pubblicato in G.U. del 27 giugno 2015, n. 147) introduce importanti novità nel codice di procedura civile sul pignoramento della pensione individuando il “quinto” pignorabile della pensione, nonché gli obblighi del terzo pignorato (Banca o Posta) quando sul conto corrente “pignorato” sono accreditati la pensione o lo stipendio.
Con riferimento al pignoramento della pensione, il citato articolo introduce un nuovo comma, secondo il quale “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

Da ciò consegue che vi sarà una parte assolutamente impignorabile della pensione e cioè quella pari all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà.

L’importo della pensione detratto l’assegno sociale aumentato della metà sarà poi pignorabile nel limite del quinto.
Con riferimento al pignoramento del conto corrente, la nuova norma prevede che “le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

La disposizione introduce per il creditore procedente una deroga al principio secondo il cui il limite del quinto vale solo quando il terzo pignorato è il datore di lavoro o l’ente previdenziale.
E difatti, il credito vantato dal correntista (lavoratore o pensionato) nei confronti della Banca o Posta ha come titolo non il rapporto di lavoro o il rapporto previdenziale ma soltanto un credito ad una prestazione avente per oggetto denaro.
Altresì, il D.L. aggiunge un comma all’art. 546 c.p.c. stabilendo che “nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell’assegno sociale; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall’articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge”.

Nella disposizione in esame, però, non è dato comprendere cosa non sia pignorabile (e pertanto escluso dagli obblighi di custodia) con riferimento alle somme già accreditate al momento del pignoramento in quanto il pignoramento normalmente colpisce il saldo e non i singoli accrediti.

Con riferimento alle somme che vengono accreditate dopo il pignoramento il legislatore ne ha previsto la pignorabilità entro i limiti di legge ed ha sancito, altresì, che il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace e l’inefficacia (parziale) è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

Ed ancora. Il legislatore ha previsto che le nuove norme si applicano immediatamente e trovano applicazione anche con riferimento ai procedimenti già pendenti.

E’, altresì, importante sottolineare che il D.L. n. 83/2015 ha apportato una modifica apportata all’art. 480 c.p.c. in materia di precetto. Infatti, il precetto (evidentemente rivolto ai soggetti non fallibili) dovrà contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore”.

La mancanza del predetto avvertimento sarà deducibile dal debitore precettato con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c..

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

 

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