L’IVA sulle imposte in bolletta è illegittima e, pertanto, va rimborsata.

In tema di imposte, nessuna norma autorizza lo Stato a incassare la tassa anche sulle accise su gas ed energia elettrica. Conseguentemente, è legittimo pretendere l’Iva su un’imposta in quanto non esiste una legge che lo preveda e, pertanto, chiunque può chiedere di essere rimborsato. Ciò è quanto ha stabilito il Giudice di Pace di Venezia con il decreto del 9 maggio 2016.

Il caso. Un consumatore ricorreva innanzi al Giudice di Pace di Venezia chiedendo la restituzione dell’imposta pagata sull’accise nella bolletta per l’erogazione di un servizio da parte dell’Enel. Il Giudice di Pace ha condannato la citata società alla restituzione dell’imposta versata dal consumatore ovvero 103,78 euro, più interessi e spese. Tale pronuncia è molto importante in quanto rappresenta un precedente che potrebbe determinare nuovi scenari e, soprattutto, nuovi ricorsi contro l’Enel.

Innanzitutto va precisato che la differenza principale tra le due imposte è che mentre l’IVA dipende dal valore economico (€) del servizio, l’accisa dipende dalla quantità del bene acquistato dal cliente, ossia l’energia elettrica (in kWh) o il gas (in Smc). Infatti, mentre l’accisa è un’imposta che viene applicata alla quantità di energia consumata indipendentemente dal contratto o dal fornitore scelto, l’IVA, è invece applicata al costo complessivo del servizio.

Ciò premesso, alcune note società, quali  Eni ed Edison, come altre compagnie fornitrici, non sono produttori di energia ma si limitano ad acquistare il prodotto e a rivenderlo agli utenti. All’atto dell’acquisto, la compagnia di distribuzione paga l’accisa ovvero l’imposta di fabbricazione a canone, quindi una tassa, che viene “scaricata” dal venditore all’utente. Più correttamente, invece, il costo della vendita della fornitura di energia elettrica o di gas dovrebbe essere ricompreso nella fattura nel costo del servizio di vendita e del servizio di rete ma così non è dal momento che nella fattura spedita all’utente è messo in evidenza come “imposta”. In tal modo, si addebita un costo come tassa al cliente che paga un’imposta (finale) anche su un’altra tassa, vale a dire l’IVA sull’accisa. In passato, sul punto che ci vede occupati, l’AEEG (Autorità Garante), aveva formulato un regolamento indicativo del comportamento di vendita delle compagnie erogatrici di energia, volto alla formulazione della fattura, e a tale regolamento si sono attenuti i rivenditori. Tuttavia, non è stata, però, tenuta in alcuna considerazione la sentenza n. 238 del 2009 della Corte Costituzionale, con cui “veniva esplicitamente dichiarata illegittima l’imposizione dell’IVA su un’imposta”. In ottemperanza a tale sentenza l’AEEG avrebbe dovuto modificare il regolamento emanato, al fine di evitare che comparisse un errore di impostazione nelle fatture di fornitura di gas o luce.

Prima della predetta sentenza costituzionale, sul problema in esame si era espressa la Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 3671 del 29 aprile del 1997, che  aveva precisato che per “prezzo di acquisto” (ai fini della determinazione della base imponibile) ai sensi dell’art. 52 del R.D.L. 19.10.1938 n. 1933, deve intendersi il corrispettivo versato dall’operatore economico che organizza l’operazione, al netto della componente fiscale. Pertanto, se i servizi consistono negli stessi prodotti fabbricati dall’industriale e venduti al commerciante, per prezzo di vendita ai rivenditori, ai sensi dell’art. 128 del R.D.L. n. 1933 del 1938, deve intendersi il corrispettivo in senso civilistico, depurato, quindi, dalla componente fiscale.

Alla luce di ciò,  secondo la Suprema Corte, un’imposta non costituisce mai base imponibile per un’altra.

L’utente che vuole effettuare un ricorso, al fine di ottenere il citato rimborso, può scegliere due diverse strade:  1. presentare personalmente richiesta di rimborso IVA sulle bollette, chiamando direttamente in causa l’azienda di energia elettrica o di erogazione del gas;  2. partecipare alla class action portata avanti da molti cittadini italiani e finalizzata all’abolizione di questa “tassa sulla tassa”.

Quanto appena esposto è importante se si considera che ciò comporterebbe una situazione delicata i cui effetti ricadrebbero sull’economia nazionale poiché se ogni cliente decidesse di intentare ricorso contro l’Enel si potrebbe verificare un ingente buco nelle tasche dello Stato italiano. Infatti, anche se il rimborso a cui ci si riferisce riguarda solo una modica somma pagata sulle imposte, questa moltiplicata per dieci anni diventa importante per il singolo utente; se poi si considera che moltiplicata per tutti gli utenti italiani diventerebbe una cifra importante da restituire.

In effetti, la sentenza in esame rappresenta un importante precedente e potrebbe estendersi non solo alle bollette dell’energia elettrica e del gas, ma anche alle accise che già paghiamo sui carburanti. Si creerebbe, conseguentemente, una situazione nuova e potenzialmente pericolosa per il Fisco italiano, costretto a versare ingenti somme ai cittadini italiani.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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