Se c’è ampliamento volumetrico è “nuova costruzione”

Se è stato effettuato un aumento volumetrico non si può parlare né di ristrutturazione né di ricostruzione, bensì di nuova costruzione, e in quanto tale deve sottostare alla normativa sulle distanze vigente al momento dell’edificazione. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 12527/2016, depositata il 17 giugno.

Il caso. I proprietari di un immobile ricorrevano innanzi al giudice competente al fine di ottenere il risarcimento dei danni occorsi alla loro proprietà statisticamente danneggiata da opere di scavo effettuate in una casa confinante nonché la richiesta di arretramento della costruzione, collocata a distanza inferiore a quella prevista dalla normativa. La difesa avversaria si basava, invece, sull’usucapione del diritto di mantenere il nuovo edificio alla distanza inferiore a quella legale.

Venivano quindi chiamati in causa il direttore dei lavori, la ditta incaricata dei lavori nonché le compagnie assicuratrici.
Il Tribunale competente accoglieva la domanda di risarcimento del danno riconoscendo al somma di € 18.878,00, importo che nel giudizio d’appello veniva aumentato a € 29.170,00.

Non soddisfatti, i danneggiati proponevano ricorso in Cassazione, lamentando anche la falsa applicazione delle norme sulle distanze legali tra edifici.

Sul punto, il Tribunale competente aveva rigettato la domanda motivando che la nuova costruzione era stata costruita “esattamente” dove vi era la vecchia abitazione, ritenendo, perciò, che non fosse subordinata alle leggi attualmente vigenti. I ricorrenti, però, nel giudizio d’appello avevano osservato che, sulla base della giurisprudenza consolidata, nel caso in cui sia stata edificata una nuova costruzione, anche con aumento della volumetria, la stessa doveva rispettare le norme attuali.

La Corte d’Appello, nonostante il C.T.U. avesse riconosciuto che la previsione del mantenimento di parte del vecchio immobile sarebbe stata prevista proprio ai soli fini elusivi delle norme sulle distanze, ha, invece, fondato la propria motivazione sulla base della ricostruzione della ratio dell’art. 873 c.c.

 

Tale sentenza viene cassata dalla Suprema Corte che afferma che la ricostruzione dell’immobile non deve arrecare alcun novum esterno per consentirne l’edificazione ad una distanza difforme da quella stabilita dalla normativa vigente. Già le Sezioni Unite, con ordinanza n. 21578 del 19/10/2011, avevano chiarito i criteri per distinguere: 1) ristrutturazione: si ha quando gli interventi, comportanti modifiche esclusivamente interne, abbiano lasciato inalterati i componenti essenziali dell’edificio, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura; 2) ricostruzione: quando i predetti componenti essenziali dell’edificio preesistente siano venuti meno per evento naturale o volontaria demolizione e l’intervento consista nel loro esatto ripristino, senza alcuna variazione rispetto alle originali dimensioni dell’edificio, e in particolare senza aumenti della volumetria; 3) nuova costruzione: allorquando sussistano, invece, tali aumenti. In tal caso la costruzione dovrà essere sottoposta alla normativa, in tema di distanze, vigente al momento della (nuova) edificazione.
Nel caso in esame, essendo emerso come dato indiscusso che lo spazio volumetrico fosse stato ampliato, gli Ermellini hanno, pertanto, ritenuto che non si debba parlare né di ristrutturazione né di ricostruzione, bensì di nuova costruzione. Conseguentemente, la sentenza viene cassata e la vicenda rinviata alla Corte d’Appello per essere nuovamente esaminata.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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