E’ possibile parlare di meretricio inconsapevole?

L’atto sessuale diventa atto di prostituzione soltanto se è presente l’elemento retributivo. Di conseguenza, non ricorre la fattispecie di sfruttamento del meretricio nel caso in cui un soggetto si faccia consegnare denaro da un terzo al fine di procurargli incontri sessuali con una donna che, però, è ignara delle pretese economiche richieste al partner. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione III Penale, sentenza n. 28196/2016, depositata il 7 luglio.

Il caso. Un uomo organizzava, servendosi di una chat, incontri sessuali a pagamento tra una donna, che si concedeva abitualmente anche a lui, e terzi soggetti paganti. Il compenso, secondo gli accordi intercorsi con il “terzo”, veniva ripartito tra la donna e l’organizzatore dell’incontro, che ultimo aveva partecipato anche lui a questi affollati consessi. La donna, però, secondo la ricostruzione fatta in giudizio, prestava i suoi favori per puro piacere, non sapendo nulla del mercanteggiamento che vi stava dietro e non ricevendo alcun compenso.

La responsabilità dell’imputato, veniva affermata in primo grado e ribadita in appello, anche se con trattamento sanzionatorio diverso.

Contro tale decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione.

La Suprema Corte, accogliendo la censura del ricorrente, affermava che “l’atto sessuale diventa atto di prostituzione solo in presenza dell’elemento retributivo”. Secondo gli Ermellini, il meretricio gratuito, per lo meno sotto il profilo strettamente giuridico, non esisteva. Era, dunque, necessario che l’atto sessuale fosse contraccambiato dall’erogazione di una utilità. La nozione penalistica, ma anche quella “laica”, di prostituzione richiedeva che vi fosse un mercimonio dell’atto sessuale; la retribuzione di quest’ultimo costituiva, perciò, elemento essenziale e costitutivo del reato, in mancanza del quale non si perfezionava la fattispecie oggetto della norma incriminatrice. Si sarebbe potuto, tutt’al più, parlare ad esempio di induzione alla prostituzione sempre se, nella condotta contestata, vi fossero gli estremi di tale illecito, ma non di sfruttamento della prostituzione. Ma ancora. La sentenza d’Appello non superava l’esame nemmeno sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato dal momento che, per la configurazione del reato contestato, era necessario, secondo i Supremi Giudici, il dolo specifico caratterizzato dalla “cosciente volontà del colpevole di trarre vantaggio economico dalla prostituzione”, di raggiungere un obiettivo specifico ovvero un vantaggio economico.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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