D. Nel riesame è “dovere” del detenuto presentare la richiesta di partecipazione all’udienza con l’istanza di riesame, pena la sua esclusione?

R. Si, il detenuto deve fare la richiesta nell’istanza di riesame. La Corte di Cassazione, sez. V Penale, si è nuovamente espressa in materia di istanza di riesame e modalità di partecipazione del detenuto. (Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 35280/17; depositata il 18 luglio).

ARTICOLO COMPLETO PUBBLICATO SU DIRITTO&GIUSTIZIA DEL 08 AGOSTO 2017.

PENALE: nel riesame il “dovere” del detenuto di presentare la richiesta di partecipazione all’udienza pena la sua esclusione (documento correlato: Corte di Cassazione, sez. V penale, sentenza del 20 giugno-18 luglio 2017, n. 890/2017).

 

La vicenda processuale: Il procedimento penale in questione tratta il reato di atti persecutori/Stalking che il prevenuto avrebbe consumato ai danni della sua ex compagna. L’indagine prende le mosse da una presunta “fonte confidenziale” resa alla DIGOS per poi continuare attraverso l’audizione della presunta persona offesa, del padre di quest’ultima e di alcuni colleghi di lavoro della p.o. oltre che attraverso l’ausilio di intercettazioni telefoniche e acquisizione della SIM cellulare della persona offesa con trascrizione di SMS partiti dall’utenza telefonica mobile del prevenuto. Gli atti persecutori, secondo la prospettazione accusatoria, avrebbero avuto inizio quanto meno a cavallo fra l’anno 2016 e l’inizio del 2017; mentre il delitto di danneggiamento, seguito da incendio dell’autovettura della p.o., viene collocato all’inizio del nuovo anno in corso.

Nel mese di marzo si procedeva all’udienza di convalida dell’arresto del presunto persecutore con contestuale emissione di ordinanza custodiale in carcere a cura del GIP distrettuale del Tribunale di Torino.

Infatti il prevenuto era stato tratto in arresto nel mese di marzo 2017, da Agenti della Polizia di Stato all’uopo operanti in appostamento nei pressi dell’abitazione della persona offesa proprio mentre il presunto persecutore era intento a citofonare al portone d’ingresso della p.o..

Espletate le formalità di rito il prevenuto veniva portato presso la Casa Circondariale di Torino e li vi rimaneva a tutt’oggi nonostante avesse chiesto, ritualmente, di poter presenziare all’udienza camerale del riesame ove il Tribunale riservava la decisione sull’istanza defensionale di remissione in libertà ovvero di graduazione della misura afflittiva.

 

La difesa del merito presentava istanza di riesame riservando i motivi all’udienza camerale.

Il Tribunale del Riesame di Torino rigettava la revoca della misura custodiale in carcere emessa dal G.I.P. distrettuale.

La precitata ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino veniva ritualmente impugnata con il ricorso per Cassazione de libertate denunciando la violazione dell’art. 606, lettera b); c) nonché d), per falsa applicazione dell’art. 309, comma 6, c.p.p. in relazione all’art. 127 c.p.p. e art. 24 Costituzione nonché art. 111 Costituzione, per aver disatteso il T.d.L. di Torino la legittima richiesta del detenuto di poter presenziare all’udienza camerale di discussione del riesame ovvero di essere sentito dal giudice naturale precostituito per legge.

Il difensore della fase di legittimità poneva l’accento sulla non obbligatorietà, per il difensore del merito e del suo assistito, di avanzare richiesta di presenziare all’udienza camerale attraverso l’istanza di riesame.

 

La decisione della Corte di Cassazione: la Suprema Corte, dopo aver riservato la decisione, concludeva per il rigetto della questione di diritto proposta. Ciò che non soddisfa del provvedimento, a parere di chi commenta, è proprio il notorio punto di forza della Corte di legittimità: la motivazione. Infatti i Giudici del massimo consesso “volano alto” sul motivo di ricorso e omettono di analizzare la problematica anche alla luce di numerosi contributi dottrinali che avrebbero meritato maggiore attenzione e riflessione. Nel testo del provvedimento impugnato del Giudice del riesame si leggeva: “…rilevato che il ricorrente non ha chiesto di comparire personalmente all’udienza in sede di richiesta di riesame, nemmeno tramite il difensore; ritenuto, pertanto, che la richiesta presentata successivamente sia tardiva…” nonostante il prevenuto avesse fatto richiesta, due giorni prima dell’udienza di discussione del riesame, di poter presenziare attraverso l’estratto del registro modello I.P. 1. Il detenuto, infatti, aveva così dichiarato: “…chiedo di poter presenziare avanti la controscritta udienza”.

 

Com’è noto l’art. 309, comma 6, codice di rito così si esprime: “Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi e l’imputato può chiedere di comparire personalmente.”. Mentre l’art. 127, comma 3, stesso codice disciplina l’ipotesi a che il detenuto sia ristretto presso una Casa Circondariale posta fuori la circoscrizione del giudice. Infatti si legge: “Se l’interessato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa richiesta, deve essere sentito prima del giorno dell’udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo.”

Nel caso che ci vede occupati il detenuto era ristretto nella circoscrizione del Tribunale del Riesame.

La Suprema Corte, invece, così si esprime: “…si tratta di una disposizione con carattere di specialità rispetto alle regole stabilite in via generale dall’art. 127 c.p.p. con riguardo ai procedimenti camerali, sicché si deve ritenere che…il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale che intende esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale… deve formulare tale richiesta con l’istanza di riesame.”

Poche righe per liquidare una questione di diritto che è molto più ampia e complessa. Basti considerare che l’obbligatorietà statuita dalla Suprema Corte abbia, di fatto, reso più difficoltose per il detenuto le modalità di presenza all’udienza camerale. Si pensi, ad esempio, ai casi – non infrequenti nella quotidianità dei riesami- in cui il detenuto (personalmente e/o a mezzo del suo difensore) impugni genericamente l’ordinanza custodiale riservando i motivi all’udienza camerale stessa! La norma, a parere di chi commenta, non statuisce un obbligo bensì una facoltà per il prevenuto di presentare la richiesta di comparire con l’istanza di riesame. La questione dell’equo contemperamento delle esigenze costituzionalmente garantite del diritto di difesa e la necessità che il rito camerale, previsto dall’art. 309 c.p.p., si svolga secondo la indefettibile tempistica ivi richiamata, pena la inefficacia della misura ai sensi del comma 10 della citata disposizione, non deve andare a discapito del sacrosanto diritto di ogni arrestato di essere ascoltato dal suo Giudice naturale!

 

La decisione odierna della Sez. V della Corte di Cassazione non risolve la questione ma la rinvia ad altro ricorso e/o situazione. In dottrina, fra tanti, si rileva un ottimo esame della questione giuridica a cura di Francesca Romana Mittica che così scrive: “Secondo un’interpretazione che sembrerebbe più fedele al testo codicistico si potrebbe, invece, sostenere che il verbo «può» («Con la richiesta di riesame … l’imputato può chiedere di comparire personalmente») non esclude che il detenuto possa chiedere la traduzione anche successivamente al suindicato termine. Infatti, parrebbe che non esprimendosi in termini assoluti, il legislatore conceda la possibilità di manifestare la volontà di presenziare già nell’atto di impugnazione e non, piuttosto, che introduca un termine finale entro cui avanzare detta richiesta: laddove si fosse stabilito una limitazione del genere, la disposizione avrebbe dovuto, invece, prevedere l’avverbio “entro” (ad es. «l’imputato può chiedere di comparire personalmente entro il termine per la presentazione della richiesta di …») ovvero il verbo “deve” (ad es. «l’imputato che intenda comparire personalmente deve comunicarlo con la richiesta di riesame») cfr. da Processo penale e giustizia n. 3 del 2016.

Anche la Corte europea, in alcune decisioni risalenti all’anno 2016, ha evidenziato la necessità che la partecipazione del detenuto alle udienze non sia appesantita da modalità più gravose e, nel nostro ordinamento, si potrebbe porre una questione di legittimità costituzionale.

La novella n. 47/2015 si pone in linea con il principio garantistico di partecipazione del detenuto all’udienza camerale ma le Corti di merito e quella di legittimità ne stanno svotando il reale significato e la precisa portata. Alla luce di tali considerazioni, si impone, dunque, per l’autorità giudiziaria un’attenta valutazione al fine di consentire un’armonizzazione fra il comma 8, rimasto inalterato, e il comma 8-bis dell’art. 309 c.p.p., frutto del recente innesto, onde consentire al ricorrente di comparire personalmente, anche in difetto di espressa richiesta, qualora abbia perlomeno sollecitato tempestivamente la traduzione.

 

Bisogna riconoscere che la distinzione ora accennata non riguarda affatto la gravità della ingiustizia rispetto alla parte; che torto sia stato fatto al prevenuto dal Giudice perché egli ha valutato malamente il fatto o ha interpretato malamente il diritto, questo è per il ricorrente indifferente; come è in massima, indifferente al derubato che il furto sia avvenuto di giorno o di notte. Però non è indifferente alla res publica, perché l’errore di diritto ha una maggiore pericolosità sociale.

Per il momento l’indirizzo è che nel riesame è “dovere” del detenuto presentare la richiesta di partecipazione all’udienza con l’istanza di riesame, pena la sua esclusione.

Conviene che la Suprema Corte imprima quello indirizzo interpretativo più garantista verso il giusto processo che riteniamo sia stato eluso, dalla decisione in commento, anche in relazione al principio di non colpevolezza.

 

Avv. Luigi CIAMBRONE

– Patrocinante in Cassazione e Magistrature Superiori –

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