È consentito costruire in aderenza o in appoggio anche in caso di addizione di opera preesistente

In materia di distanze tra edifici non vi sono ragioni per negare la possibilità di costruire un manufatto in aderenza ad un fabbricato realizzato dal vicino sul confine per il sol fatto che tale manufatto costituisca addizione di uno stabile preesistente, purché la situazione lo consenta e la soluzione originaria – ossia la costruzione a distanza legale, in aderenza o in appoggio – sia legittima. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 23986/2017, depositata il 12 ottobre.

Il caso. Con atto di citazione una società conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale competente, un’altra società, sostenendo che la convenuta aveva provveduto alla costruzione di una scala sul confine tra le rispettive proprietà in violazione delle norme sulle distanze legali previste dal codice civile e dal PRG, nonché della disciplina delle vedute, e, conseguentemente, chiedeva la demolizione dell’opera ed il risarcimento del danno. Si costituiva la convenuta chiedendo in via riconvenzionale la demolizione della scala e del vano in allumino anodizzato realizzati dalla società attrice in aderenza al muro di confine tra le due proprietà, nonché il risarcimento dei danni. Il giudice di primo grado dichiarava l’illegittimità della scala realizzata dalla convenuta e, in accoglimento della domanda attorea, la condannava a demolirla (ma non a risarcire il danno), mentre rigettava la domanda riconvenzionale.

La parte soccombente impugnava la sentenza di primo grado e ricorreva in appello. La Corte d’Appello territoriale, confermava la condanna di quest’ultima a demolire la scala dalla stessa realizzata, ma – accogliendo la riconvenzionale dalla stessa proposta, rigettata in primo grado – condannava anche parte appellata a demolire la scala esterna ed il manufatto in alluminio nero anodizzato da quest’ultima realizzati costruiti in aderenza al muro di confine, in quanto considerati nuova costruzione.

Avverso tale sentenza l’appellata proponeva ricorso per Cassazione lamentando con un unico motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 873 (idem censura si riscontrava anche nel ricorso incidentale della controparte), dell’art. 877 c.c., l’omessa motivazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n.5 c.p.c. (idem il ricorso incidentale),  nonché la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.. In particolare la ricorrente sosteneva che i giudici di seconde cure avevano errato nel ritenere la scala in aderenza una nuova costruzione (o comunque successiva all’edificazione originaria dell’edificio), e che al più l’unico manufatto che sarebbe dovuto essere considerato tale era solo la lavorazione in vetro ed alluminio anodizzato realizzato in virtù di una concessione del 1991. Questo poiché la scala in aderenza al fabbricato era preesistente a tale concessione, nonché realizzata contemporaneamente all’edificazione del fabbricato dalla stessa ricorrente. La Corte di Cassazione con l’ordinanza accoglieva il solo ricorso principale, sia perché l’assunto secondo cui la scala della ricorrente sarebbe stata una costruzione nuova risulta apodittico e non supportato da alcuna motivazione, sia perché tale statuizione risultava giuridicamente errata laddove pretendeva di applicare alla costruzione in aderenza un principio elaborato dalla giurisprudenza in materia di costruzione in prevenzione. Occorre premettere che il codice civile agli artt. 873 ss. delinea il c.d. principio di prevenzione il quale, regolando i rapporti di vicinato,  stabilisce che tra due proprietari di aree finitime, chi costruisce per primo impone all’altro di mantenere la distanza legale tra le costruzioni prevista dalla legge, risultando quindi favorito. In definitiva, il confinante preveniente condiziona la scelta del vicino che, a sua volta, voglia edificare. Il preveniente, in verità, può: 1. fabbricare rispettando una distanza dal confine pari alla metà di quella imposta dal codice (l’art. 873 c.c. prevede una distanza minima di 3 metri tra gli edifici, pertanto, la costruzione avverrebbe a 1,5 metri); 2. costruire sul confine; 3. erigere lo stabile ad una distanza inferiore alla metà di quella prescritta. A fronte della scelta operata dal preveniente, il vicino che costruisce più tardi, nel primo caso deve fabbricare ad una distanza pari alla metà di quella prevista, in modo da rispettare la distanza legale di cui all’art. 873 c.c.; nel secondo caso il prevenuto può chiedere la comunione forzosa del muro sul confine (art. 874 c.c.) cioè realizzare la sua costruzione in aderenza allo stesso (art. 877, comma 1, c.c.); nel terzo caso, infine, il prevenuto può chiedere la comunione forzosa del muro e avanzare la propria fabbrica fino ad esso, oppure rispettare la distanza legale cioè costruire in aderenza. Con riferimento a quest’ultimo caso, è necessario che la nuova opera e quella preesistente siano autonome dal punto di vista strutturale (tale autonomia permette di distinguere l’ipotesi de qua dalla c.d. costruzione in appoggio), e che un lato del nuovo edificio combaci perfettamente con l’edificio preesistente. Premesso ciò, occorre sottolineare che il principio di prevenzione – riconosciuto, a chi per primo edifica – si esaurisce con il completamento della costruzione e non può, quindi, giovare automaticamente per un successivo manufatto, ancorché accessorio al primo (Cass. 6926/01). Pertanto, secondo i giudici di legittimità, non vi erano ragioni per negare la possibilità di costruire un manufatto in aderenza ad un fabbricato realizzato dal vicino sul confine per il solo fatto che tale manufatto costituisse addizione di un fabbricato preesistente (non importava se realizzato prima o dopo quello del vicino: per l’affermazione della possibilità di mutare in ogni tempo la soluzione costruttiva – a distanza legale, in aderenza o in appoggio – purché la situazione lo consenta e la soluzione originaria fosse legittima, cfr. Cass. 11488/15). Quindi, in definitiva, la sentenza gravata andava cassata in relazione al solo ricorso principale, con rinvio alla corte territoriale perché la stessa, per un verso, accertasse se la realizzazione della scala della società ricorrente fosse o meno antecedente a quella del vano in alluminio anodizzato e, per altro verso, si attenesse al principio che la costruzione in aderenza fosse consentita anche se si trattasse di addizione di opera preesistente.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso principale, dichiarava inammissibile il ricorso incidentale, cassava la sentenza gravata in relazione alla statuizione impugnata con il ricorso principale e rinviava ad altra sezione della corte d’appello territoriale.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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