Azione per il ripristino della res comune:non è necessario il consenso di tutti i comproprietari

Il singolo comproprietario può esperire l’azione per ottenere la demolizione di opere costruite sul terreno comune al fine di ottenerne il ripristino, senza che sia necessario il consenso degli altri comproprietari. Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 4336/2018, depositata il 22 febbraio.

Il caso. Il Tribunale competente, accogliendo la domanda proposta dal comproprietario di un terreno, condannava i convenuti alla demolizione del muro di recinzione da essi realizzato ed a rilasciare la striscia di terreno abusivamente occupata, nonché alla demolizione ed asporto della platea di fondazione per la parte insistente sulla area di comproprietà dell’attore.

I convenuti impugnavano la sentenza di primo grado innanzi la Corte d’Appello territoriale che, in riforma della stessa, rigettava la domanda rilevando che il secondo comproprietario del terreno non condivideva l’azione proposta dall’attore innanzi al Giudice di prime cure, difatti il dissenso di questi, ai sensi dell’art. 1105 c.c., era idoneo a paralizzare la suddetta azione.

Avverso la sentenza della sentenza di secondo grado,  l’erede del comproprietario proponente l’azione ricorreva per cassazione denunciando l’esperibilità dell’azione ai sensi dell’art. 1102 c.c.. Gli Ermellini, per ragioni di priorità logica convenivano di esaminare il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 1105 e 1102 c.c., in relazione all’art. 360 n.3) c.p.c., deducendo che la disposizione dell’art. 1105 c.c., posta a fondamento della pronuncia impugnata, non era applicabile al caso di specie, dovendo piuttosto farsi riferimento alla disposizione dell’art. 1102 c.c., in virtù della quale il singolo comproprietario era legittimato ad esercitare le azioni a difesa della cosa comune, sia nei confronti dei terzi che di ogni altro partecipante alla comunione. Tale motivo veniva ritenuto fondato. La Suprema Corte sottolineava che, secondo un consolidato orientamento, «ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l’intera cosa comune e non una frazione della stessa, è legittimato ad agire o resistere in giudizio, anche senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti del terzo o di un singolo condomino. Il dissenso dell’altro comproprietario, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, non era dunque idoneo a paralizzare la pretesa dell’odierna ricorrente, diretta al ripristino della cosa comune nella sua integrità, mediante demolizione del muro di confine e ripristino del fosso di scolo abusivamente eliminato».

Per tali motivi, la Corte di Cassazione cassava la sentenza impugnata e rinviava, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’Appello competente.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

 

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