Il vicino può opporsi al passaggio dei tubi per la fornitura di gas metano.

In tema di servitù, non è ammissibile la costituzione coattiva di una servitù di passaggio di tubi per la fornitura di gas metano perché l’esigenza di tale fornitura non è assimilabile alla servitù di acquedotto. Questo è stato sancito dalla Cassazione Civile, sentenza n. 11563 del 6 giugno 2016.

Il caso. I proprietari di un terreno adivano il tribunale competente per la rimozione delle tubature per l’adduzione di gas, acqua e scarico fognario installate sullo stesso. Sia il Tribunale che la Corte di Appello confermavano il rigetto della domanda di costituzione coattiva di servitù di gasdotto da parte dei familiari del fondo vicino in quanto, a parere dei giudici, non era possibile la costituzione di servitù diverse da quelle previste dall’art. 1033 c.c. Avverso tale decisione, i convenuti proponevano ricorso per Cassazione.

E’ doveroso premettere che l’art. 1027 c.c. descrive la servitù come il peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario, pertanto, requisito fondamentale è l’altruità del fondo. Inoltre, mentre le servitù volontarie sono quelle che nascono per volontà dei proprietari del fondo dominante e del fondo servente (mediante contratto) o per usucapione ed il  venir meno dell’utilità non può far venire meno il peso, le servitù coattive nascono perché è la legge stessa a prevedere e imporre la loro costituzione e possono cessare, su richiesta di una delle due parti, quando non vi sia più necessità del peso imposto perché il vantaggio è stato conseguito in altro modo indipendente dal fondo servente.

Nell’ambito delle servitù coattive importante è l’art. 1033 c.c. secondo cui il titolare del fondo dominante può portare le acque su un fondo altrui al fine di sopperire ai bisogni della vita, e secondo le necessità imposte dagli usi agrari ovvero dagli usi industriali, sempre che sussistano i presupposti di cui all’art. 1037 del c.c. Egli deve, peraltro, provvedere alla realizzazione del necessario acquedotto, a meno di non accordarsi col proprietario del fondo servente per il passaggio delle acque in uno proprio già in essere (art. 1034 del c.c.). Se, inoltre, la costruzione dell’acquedotto effettuata dal titolare del fondo dominante richiede l’attraversamento al disopra o al disotto degli acquedotti già presenti nel fondo servente, questi deve farsi carico provvedere alla realizzazione delle opere indispensabili per impedire che tali condutture possano venire compromesse (art. 1035 del c.c.).

Secondo la Suprema Corte, il caso de quo non può essere ricondotto nella normativa che regola l’imposizione della servitù di acquedotto. Infatti, richiamando quanto già precisato dalla giurisprudenza di legittimità, la Cassazione ha ritenuto inammissibile la costituzione coattiva di una servitù di passaggio di tubi per la fornitura di gas metano, “dovendosi escludere un’applicazione estensiva dell’art. 1033 cod.civ. in tema di servitù di acquedotto coattivo, atteso che l’esigenza del passaggio di tubi conduttori del gas non può essere ricondotta sotto la stessa fattispecie normativa che regola la imposizione della servitù di acquedotto, in conseguenza della non assimilabilità delle due situazioni per i caratteri peculiari di struttura e funzione di ciascuna di esse, ed in particolare della pericolosità insita nell’attraversamento sotto terra delle forniture del gas, non ricorrente nella servitù di acquedotto“.

Inoltre, riprendendo quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 357/2002, la Suprema Corte ha ulteriormente precisato che solo il legislatore potrebbe introdurre un modello coercitivo nella disciplina dei rapporti tra fondi vicini, posto che una scelta di tal genere “non si presenta come costituzionalmente vincolata, a causa dell’esistenza di fonti di energia alternative, di modalità tecniche di approvvigionamento del gas metano diverso dal trasporto mediante condutture nonché della possibilità di giungere al medesimo risultato mediante atti di esercizio dell’autonomia privata“.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dei ricorrenti con condanna alle spese di giudizio.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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