Secondo quali dati si possono modificare le tabelle millesimali?

Esigenze di certezza dei diritti e degli obblighi dei condòmini richiedono che la revisione delle tabelle millesimali avvenga solo in presenza di errori rilevanti, oggettivamente riscontrabili, e relativi ad elementi necessari per la valutazione dell’immobile, oppure a sopravvenute modifiche sulla consistenza reale che incidano in modo rilevante sull’originaria proporzione dei valori. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 19797/2016, depositata il 4 ottobre.

Innanzitutto, prima di esaminare il caso, occorre premettere che la modifica delle tabelle millesimali è prevista dall’art. 69 delle Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, 1ª e 2ª ipotesi. Infatti, il citato articolo, tra le altre cose, prevede che “I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale… possono essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino,… nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione”.

Il caso. Un condomino adiva il Tribunale competente chiedendo la modifica delle tabelle millesimali poiché la presenza di infiltrazioni aveva reso inutilizzabile il locale secondo la sua destinazione catastale, e pertanto, le quote millesimali non corrispondevano più ai valori individuati in precedenza. Il Giudice di prime cure, respingeva la sua domanda con la motivazione che “la potenziale destinazione commerciale” dell’immobile era rimasta immutata e che le infiltrazioni “non avevano inciso sulle caratteristiche strutturali” dell’immobile.

Avverso tale sentenza, il condomino decideva di proporre appello richiamando la prima ipotesi dell’art. 69 delle Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, affermando che le tabelle millesimali erano viziate da un errore. Anche i Giudici di seconde cure rigettavano la domanda dell’appellante negando che: 1. potesse esservi stato un errore che avesse potuto comportare una «apprezzabile discrasia tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari ed il valore effettivo delle stesse»;  2. una mutazione di destinazione d’uso, in quanto mutamento di origine soggettiva e non legato alle caratteristiche oggettive dell’immobile, potesse legittimare una modifica dell’assetto millesimale.

Avverso tale sentenza, il condomino proponeva ricorso per cassazione.

La difesa del ricorrente sosteneva, innanzi i Giudici di legittimità, tre motivi: 1. affermava che l’avvenuto mutamento di destinazione d’uso (dovuto alle infiltrazioni dell’immobile) avesse provocato un’alterazione tra i valori originariamente posti a base delle tabelle, con conseguente necessità di una modifica delle stesse; 2. insisteva anche sulla presenza di un errore e, dunque, di un’«apprezzabile discrasia» tra il valore attribuito ed il valore effettivo delle unità «ovvero per le mutate condizioni di una parte dell’edificio»; 3. affermava che il mutamento di destinazione d’uso dovesse incidere sull’assetto millesimale.

La Corte di Cassazione, riaffermando i principi già consolidati in giurisprudenza che legano la modifica delle tabelle a dati essenziali e oggettivi, rigettava il ricorso.

Secondo gli Ermellini, le tabelle millesimali fotografano la situazione esistente al momento in cui le stesse sono state redatte; le loro modifiche sono ammesse con rigore: gli errori (ipotesi n. 1, art. 69 citato) nella valutazione dell’immobile considerabili devono essere causa di “apprezzabile divergenza” tra valore attribuito e valore effettivo, devono essere attinenti a elementi necessari al calcolo del valore delle unità, e devono consistere in elementi obiettivamente riscontrabili.

Mentre, le circostanze sopravvenute (ipotesi n. 2, art. 69 citato) valide per la modifica devono incidere in maniera “rilevante sull’originaria proporzione dei valori”  e deve, comunque, trattarsi di modifiche delle caratteristiche proprie degli immobili: in assenza di tali elementi, la sola avvenuta modifica della destinazione d’uso rimane nell’alveo della determinazione soggettiva del proprietario, ed è, pertanto, irrilevante ai sensi del citato art. 69.

Secondo la Suprema Corte, tale lettura delle norme era confermata dall’esclusione del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione ai fini della valutazione degli immobili (v. art. 68, ultimo comma, Disp. att. e trans. c.c.): detti elementi erano, in ogni caso, estranei alla «obiettiva conformazione strutturale del piano o della porzione di piano in rapporto all’intero edificio».

Avendo, dunque, l’accertamento del merito escluso che le avvenute modifiche avessero inciso, sulla destinazione dell’immobile, sulla consistenza reale e sulle sue caratteristiche rilevanti ai fini del calcolo del valore delle singole unità, la Corte di legittimità rigettava il ricorso escludendo nella propria sentenza la possibilità della revisione delle tabelle millesimali.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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