È legittima la delibera assembleare se l’assemblea non approva il consuntivo ma autorizza la riscossione delle spese?

Va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presidiano alle vicende dell’amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell’approvazione dei rendiconti. Ciò è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 8521/2017, depositata il 31 marzo.

Il caso. Un condomino conveniva in giudizio il Condominio chiedendo l’annullamento delle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto l’approvazione del consuntivo e del preventivo delle spese di gestione. Il giudice di prime cure rigettava le domande attoree.

Sul gravame proposto dal condomino, la Corte di Appello territoriale confermava la pronuncia di primo grado.

Avverso tale sentenza, il condomino proponeva ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi.

Con il primo motivo, il ricorrente deduceva  la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per non avere la Corte di Appello dichiarato la nullità delle delibere impugnate per violazione dell’art. 28 del regolamento condominiale, a tenore del quale l’esercizio condominiale si chiudeva il 30 giugno di ogni anno. Secondo i Giudici di legittimità, le delibere impugnate erano valide dal momento che la Corte territoriale aveva legittimamente ritenuto il carattere derogabile della detta previsione regolamentare, non sussisteva violazione dei canoni legali di interpretazione delle scritture negoziali e, d’altra parte, la motivazione della sentenza impugnata sul punto risultava esente da vizi logici e giuridici.

Con il secondo motivo, il ricorrente contestava le delibere per quanto atteneva all’addebito delle spese di riscaldamento. Secondo il Supremo Collegio, doveva ritenersi inattaccabile la sentenza di appello perché aveva ritenuto non provato il distacco dal riscaldamento condominiale: si trattava di una censura di merito non sindacabile in grado di legittimità (se libera da vizi logico-giuridici). Quanto alla mancata disposizione della consulenza tecnica di ufficio richiesta dall’attore, la Corte rammentava che rientrava nella discrezionalità del giudice di merito decidere circa la sua “necessità ed utilità” e, dunque, disporla, senza che su ciò potesse sindacare la Corte di legittimità, a meno che la decisione non dipendesse “unicamente dalla risoluzione di una questione tecnica” ed essa non fosse l’unico strumento a disposizione per l’accertamento dei fatti (Cass., Sez. I, n. 4853 del 01/03/2007). Nel caso in esame, osservava la Corte, i fatti avrebbero potuto essere provati dalla parte sia con prove documentali che con prove testimoniali, e la CTU non poteva essere disposta per sopperire al mancato esercizio dell’onere probatorio.

Con il terzo motivo, il ricorrente deduceva la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, in relazione al fatto che il consuntivo approvato (2006) includeva una posta a debito derivante da un esercizio precedente (2004) non ancora approvato. Secondo la Corte, l’assemblea condominiale, pur non approvando il rendiconto relativo all’anno 2004, aveva autorizzato, all’unanimità,  l’amministratore a richiedere ai condomini i conguagli da esso risultanti; che, non avendo il ricorrente provveduto al pagamento del dovuto né impugnato quella delibera, l’amministratore – in ossequio al principio della continuità dei bilanci – aveva riportato a debito, nel consuntivo relativo al 2006, la somma non corrisposta; che, il consuntivo 2004 era stato poi comunque approvato nel 2008 e la relativa deliberazione era stata impugnata dal ricorrente e aveva formato oggetto di separato giudizio. Ed ancora, quella precedente delibera (con cui, pur in assenza di approvazione del consuntivo si autorizzava la riscossione dei conguagli ivi indicati) in quanto non impugnata dal ricorrente, era divenuta esecutiva nei suoi confronti e, pertanto, tale somma era stata legittimamente inserita nel bilancio del 2006. Ciò, dunque, non poteva costituire causa di invalidità della delibera. Infatti, nel decidere, la Corte si riportava ad un principio già enunciato in precedenza secondo cui “nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell’osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell’esame dei vari rendiconti presentati dall’amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, cosicché va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presidiano alle vicende dell’amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell’approvazione dei rendiconti (Cass., Sez. 2, n. 11526 del 13/10/1999; Sez. 2, n. 13100 del 30/12/1997)”.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

 

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