L’avviso di convocazione condominiale è un atto unilaterale recettizio

L’avviso di convocazione condominiale, ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c., deve qualificarsi quale atto unilaterale recettizio ai sensi dell’art. 1335 c.c. avente natura privata svincolata da specifiche previsioni di legge. Pertanto, in materia di notifica delle convocazioni assembleari è sufficiente, al fine di ritenere fornita la prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti la data dell’adunanza di prima convocazione, che il Condominio dimostri la data di pervenimento dell’avviso all’indirizzo del destinatario. Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 23396/2017, depositata il 6 ottobre.

Il caso.  Un condomino impugnava, innanzi al Tribunale competente, una delibera condominiale lamentando di non aver avuto conoscenza della convocazione assembleare cinque giorni prima dell’adunanza della stessa. Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso del condomino.

Il Condominio impugnava con appello principale la sentenza di primo grado innanzi alla Corte d’Appello territoriale. L’appellato, a sua volta, proponeva appello incidentale sul punto delle spese processuali. La Corte d’Appello rigettava l’appello principale del Condominio e accoglieva l’appello incidentale del condomino. In particolare, i giudici di seconde cure avevano ritenuto – confermando sul punto quanto opinato dal Tribunale, che conseguentemente non aveva esaminato per assorbimento le altre ragioni di opposizione alle delibere – non fosse stata provata la ricezione dell’avviso di convocazione nei confronti dell’appellante cinque giorni prima dell’adunanza, ritenendo applicabile il principio della scissione degli effetti delle notifiche e, quindi, ritenendo che la convocazione inviata per posta si perfezionasse, per il destinatario, con il compimento della giacenza o con il ritiro del piego.

Avverso la decisione della Corte di Appello il Condominio proponeva ricorso per Cassazione con due motivi di doglianza.

Con il primo motivo il Condominio ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1135 nonché degli artt. 2697 cod. civ. e 66, ultimo comma, disp. att. c. c., mentre con il secondo lamentava l’omessa o insufficiente motivazione circa il fatto decisivo dell’individuazione della data del pervenimento della lettera raccomandata di convocazione. I due motivi venivano esaminati congiuntamente e ritenuti fondati e, pertanto, la Suprema Corte accoglieva il ricorso per Cassazione del Condominio. Gli Ermellini affermavano che per le notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari il rispetto del termine di cinque giorni prima dell’adunanza prescritto dall’art. 66, ultimo comma, disp. att. c.c. per l’arrivo al destinatario della convocazione ad assemblea di condominio andasse verificato, in caso di mancata consegna di lettera raccomandata, considerando quale dies a quo lo scadere del termine di giacenza presso l’ufficio postale o, se anteriore, il ritiro del piego da parte dell’interessato. Richiamavano, in tal modo, senza citarla direttamente, la disciplina dell’art. 8, commi quarto e sesto, della L. n. 890 del 1982 in materia di notificazioni di atti giudiziari a mezzo posta, nonché, citandola, la sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 26/11/2002. Ed ancora, peraltro, qualificavano con molta chiarezza l’avviso di convocazione – atto eminentemente privato, e del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall’applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari – quale atto unilaterale recettizio, per cui esso rinveniva la propria disciplina nell’art. 1335 cod. civ., al medesimo applicandosi la presunzione di conoscenza in tale norma prevista (superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato) in base alla quale la conoscenza dell’atto era parificata alla conoscibilità, in quanto riconducibile anche solamente al pervenimento della comunicazione all’indirizzo del destinatario e non alla sua materiale apprensione o effettiva conoscenza. Invero, la presunzione di conoscenza ex art. 1335 cod. civ. degli atti recettizi in forma scritta giunti all’indirizzo del destinatario operava per il solo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo indicato dalla norma. L’onere della prova a carico del mittente riguardava, in tale contesto, solo l’avvenuto recapito all’indirizzo del destinatario, salva la prova da parte del destinatario medesimo dell’impossibilità di acquisire in concreto l’anzidetta conoscenza per un evento estraneo alla sua volontà (Cass. 29/04/1999, n. 4352).

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava ad altra sezione della Corte d’appello territoriale anche per le spese del giudizio di legittimità.

 

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

 

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