Ex amministratore del Condominio e consegna di tutta la documentazione

In caso di cessazione dell’incarico di amministratore di Condominio, questi è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso ed inerente alla gestione dell’immobile ed ai condomini, fermo restando che la mera messa a disposizione di tali documenti non è sufficiente. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile -2, ordinanza n. 6760/2019, depositata l’8 marzo.

Il caso. Il Tribunale competente rigettava la domanda proposta da un Condominio per la condanna del precedente amministratore, al pagamento della somma di Euro 9.475,73 a titolo di rimborso di importi incassati nel corso della gestione condominiale e mai spesi, nonché per la consegna di tutta la documentazione relativa all’amministrazione dello stesso.

Avverso tale sentenza, l’ex amministratore interponeva gravame e la Corte d’Appello territoriale accoglieva parzialmente l’impugnazione proposta, e per l’effetto in riforma della decisione di primo grado, condannava l’appellato alla restituzione.

Avverso tale sentenza, l’ex amministratore  proponeva ricorso per cassazione. Il ricorrente, in primis, lamentava violazione di legge (art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.) per aver ritenuto la Corte territoriale non dimostrato che la somma era stata regolarmente portata in contabilità ed utilizzata per la gestione condominiale, comportando così un’inversione dell’onere della prova. Il Supremo Collegio sottolineava che le censure non contenessero un’adeguata denuncia della violazione dei principi in tema di onere della prova, posto che correttamente i giudici di merito avevano ritenuto soccombente l’ex amministratore che non avesse contestato la ricezione della somma. Sul punto, rimarcava il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite secondo il quale “ai sensi del quale la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (cfr. Cass. Sez. Un. n. 16598 del 2016, in motivazione)”. Nel caso di specie,  lungi dal dedurre la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. nei termini indicati, le censure del ricorrente si risolvevano nella mera richiesta di una rilettura nel merito dell’intero compendio probatorio complessivamente acquisito nel giudizio di merito e come tale non prospettabile in sede di legittimità. In secundis,  per quanto atteneva la restituzione della documentazione relativa alla gestione del Condominio, gli Ermellini ricordavano che <<la semplice messa a disposizione della stessa, non equivale ad una materiale consegna, cui peraltro l’amministratore è obbligato a norma dell’art. 1129 c.c., comma 8, come modificato dalla L. n. 220 del 2012, secondo cui “alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”. Del resto, anche prima della riforma, l’obbligo di restituzione, sebbene non previsto espressamente dalla legge, veniva desunto dalla giurisprudenza dai principi generali, costituendo uno dei momenti più delicati quello del “passaggio di consegne” fra vecchio e nuovo amministratore, dato che all’interesse di chi subentra nell’incarico di prendere il prima possibile possesso di tutta la documentazione inerente al condominio acquisito, può corrispondere il disinteresse dell’amministratore uscente a occuparsi di un condominio con il quale si è interrotto definitivamente il rapporto professionale. E d’altro canto il ritardo nel passaggio di consegne può essere fonte per il condominio di rilevanti danni. Tale affermazione trovava conferma nella costante giurisprudenza secondo cui “il mancato adempimento di tale dovere rientra tra le ipotesi per cui si può richiedere legittimamente l’adozione di un provvedimento di urgenza, finanche a norma dell’art. 700 c.p.c. (Cass. n. 11472 del 1991)>>.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore del controricorrente.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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