Partecipazione informata dei condomini in assemblea

Partecipazione informata dei condomini in assemblea

Limiti alla partecipazione informata dei condomini in assemblea

Perché venga rispettato il diritto dei condomini alla partecipazione informata in assemblea, è sufficiente che nell’avviso di convocazione vengano indicati gli argomenti all’ordine del giorno nei loro termini essenziali. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 15587/2018, depositata il 14 giugno.

Il caso. Un condomino impugnava innanzi al Tribunale competente una delibera condominiale adottata in sua assenza dal Condominio di cui faceva parte. Il Tribunale respingeva l’impugnativa.

Avverso la sentenza di primo grado, il condomino ricorreva in appello e la Corte d’Appello territoriale respingeva il gravame rilevando che: 1. l’obbligo di preventiva informazione risultava assicurato dall’avviso di convocazione spedito ai partecipanti; 2. la stipula di un contratto di finanziamento per la sostituzione della caldaia era un’appendice priva di autonomia rispetto all’approvazione dei lavori di sostituzione della caldaia, in quanto contenuta proprio nel preventivo che l’assemblea aveva deciso di scegliere nell’esercizio dei suoi poteri di scelta sui costi da affrontare, anche con previsione di interessi in alternativa ad una immediata ripartizione dei costi; 3. il riparto era frutto di mero conteggio matematico e l’appellante aveva omesso di indicare eventuali errori o profili in relazione ai quali la ripartizione non sarebbe stata corretta.

Avverso tale sentenza l’appellante proponeva ricorso per cassazione con tre motivi di doglianza. Con il primo motivo il ricorrente deduceva la violazione dell’art. 1105 c.c. rimproverando ai giudici di seconde cure di non avere considerato che, come dedotto in appello, la delibera era intervenuta su argomenti non compresi nell’avviso di convocazione. Osservava, infatti, che il contratto pluriennale di finanziamento e quello di manutenzione dell’impianto di riscaldamento non formavano oggetto dell’ordine del giorno indicato nell’avviso (riguardante solo l’approvazione del preventivo per la sostituzione della centrale termica, l’adeguamento del locale, la contabilizzazione e ripartizione). La Suprema Corte riteneva il motivo manifestamente infondato dal momento che “per la partecipazione informata dei condomini ad un’assemblea condominiale al fine della conseguente validità della delibera adottata (artt. 1139 e 1105, terzo comma, cod. civ.), è sufficiente che nell’avviso di convocazione della medesima gli argomenti da trattare siano indicati nell’ordine del giorno nei termini essenziali per esser comprensibili, secondo un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, insindacabile in Cassazione se congruamente motivato”. Con il secondo motivo il ricorrente deduceva la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1135 c.c.; secondo la tesi del ricorrente la delibera non poteva prevedere il pagamento rateale, cioè un’operazione finanziaria pluriennale (priva dell’indicazione delle condizioni di restituzione) implicante anche il pagamento di interessi (di cui non si conosceva neppure il tasso) e, in ipotesi di vendita dell’immobile, anche il sorgere di una obbligazione solidale di pagamento con l’acquirente, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.. Il motivo era ritenuto inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.), infatti, “secondo il costante orientamento di questa Corte, l’interesse ad impugnare va apprezzato in relazione all’utilità concreta che deriva alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione stessa, non potendo esaurirsi in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, priva di riflessi pratici sulla decisione adottata”. Sulla scorta di tale principio, il ricorrente aveva l’onere di dimostrare quale concreto pregiudizio gli sarebbe derivato da un pagamento rateale, di cui non riportava neppure l’incidenza in termini di maggiorazione per interessi (elemento certamente verificabile), non bastando i riferimenti a ipotetici obblighi futuri per il condomino alienante. Con il terzo motivo il ricorrente deduceva l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (approvazione di una ripartizione in assenza dell’indicazione del criterio adottato o di un richiamo ad un documento allegato). Rilevava che la Corte di merito era partita da un falso presupposto perché egli in appello non aveva contestato la corretta ripartizione della spesa, ma aveva lamentato la mancata ricezione, unitamente al verbale, del piano di ripartizione, con conseguente impossibilità di verifica della correttezza del criterio adottato. Il motivo era ritenuto manifestamente infondato. Secondo il Supremo Collegio la censura mossa dal ricorrente non coglieva la ratio decidendi, fondata su un difetto di interesse in concreto, posto che – come pure rilevato dalla Corte di merito – il riparto era frutto di mero conteggio matematico e non vi era stata nessuna indicazione di errori o profili in relazione ai quali la ripartizione non sarebbe stata corretta, verifica che il ricorrente ben avrebbe potuto in ogni caso effettuare attraverso la consultazione della documentazione condominiale, non avendo mai dedotto il contrario.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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Regolamento condominiale

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D. Se l’asilo nido è chiuso, è decisivo il regolamento condominiale?

R. Respinte le obiezioni proposte dal titolare dell’attività, svolta in un immobile di sua proprietà e collocato al piano rialzato dello stabile. Vincente la linea dura adottata dalle famiglie che vivono nell’edificio. Decisiva la lettura del regolamento riguardante la gestione del condominio.  (Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 16384/18; depositata il 21 giugno)

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Lesioni personali

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D. Cancello aperto, il cane esce in strada e morde un passante: è condannabile il padrone?

R. Il proprietario del quadrupede è inchiodato alle proprie responsabilità dalla mancanza di attenzione nel controllo dell’animale. I giudici ritengono decisivo il fatto che egli abbia aperto il cancello della propria abitazione senza prestare adeguata attenzione al cane. (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 29084/18; depositata il 22 giugno)

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Ascensore esterno e servitù di passaggio

Ascensore esterno e servitù di passaggio

Ascensore esterno per i disabili e diritto di servitù di passaggio sulla strada

In tema di servitù di passaggio, non comporta diminuzione dell’esercizio della servitù l’esecuzione di opere, ovvero la modifica dello stato dei luoghi che, pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino, tuttavia, in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodità dell’esercizio della servitù. Pertanto, l’ascensore costruito esternamente ad un Condominio per eliminare le barriere architettoniche non comporta nessuna riduzione del diritto di esercizio della servitù sulla strada davanti all’edificio e realizza la piena facoltà del fondo servente. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile – ordinanza n. 14500/2018, depositata il 6 giugno.

Il caso. I titolari di una servitù di passaggio pedonale e carrabile sulla strada di proprietà di Condominio adivano il Tribunale competente lamentando la costruzione in adiacenza alla parete dell’edificio condominiale di un ascensore esterno che aveva ridotto il passaggio in questione da m. 4,15 a m. 2,50. Il Giudice di primo grado ravvisava la violazione dell’art. 1067 c.c. a causa del restringimento del transito provocato dall’ascensore “anche interpretando la norma in esame in senso costituzionalmente orientato alla luce dell’esigenza del condominio convenuto di eliminare le barriere architettoniche”. Altresì, argomentava come, in forza dell’espletata CTU, un’analoga opera, adeguata alla tutela dei portatori di handicap, poteva essere realizzata lungo la parete posta sul retro dell’edificio condominiale, senza sacrificare il diritto reale degli attori.

Avverso la sentenza di primo grado, il Condominio ricorreva in appello e la Corte d’Appello territoriale, in riforma dell’impugnata sentenza, affermava che la collocazione dell’ascensore nell’area gravata da servitù di passaggio “fosse l’unica soluzione idonea ad eliminare le barriere architettoniche”, escludendo, così, la violazione dell’art. 1067 c.c.. La soluzione alternativa, emersa dalla CTU e consistente nell’installare l’impianto sul retro dell’edificio condominiale, veniva ritenuta inadeguata sia per l’ubicazione del sito e la realizzabilità dell’intervento (possibile presenza di condutture interrate, ostacolo all’ingresso in un box di proprietà esclusiva di terzi), sia per le difficoltà di raggiungimento dell’ascensore da persone in condizioni di inabilità fisica (accesso dalla via pubblica e dal cortile interno servendosi di percorso più lungo e ricoperto da ghiaia, oppure tramite l’atrio comune ed il “locale biciclette”). Inoltre, ritenevano i giudici di secondo grado, che l’installazione dell’ascensore nel lato del cortile interno avrebbe avuto costi molto elevati, avrebbe compromesso la facciata del fabbricato ed avrebbe creato nuovi ingressi dall’esterno nei balconi di proprietà esclusiva, i quali avrebbero dovuto essere allungati con la creazione di ballatoi e muniti di cancelletti o di porte per motivi di sicurezza. Dunque, in definitiva, veniva esclusa la violazione dell’art. 1067 c.c., in quanto il restringimento del passaggio oggetto di servitù da m. 4,15 a m. 2,50 di larghezza consentiva comunque il passaggio di autoveicoli di tale ultima dimensione ed impediva unicamente la manovra di inversione di marcia.

Avverso la decisione di merito i titolari della servitù di passaggio proponevano ricorso per cassazione articolato in quattro motivi che si incentravano nell’ambito di applicazione del richiamato art. 1067 c.c., a rigore del quale il proprietario del fondo servente non poteva compiere nulla «che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo». Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte “in tema di servitù di passaggio, non comporta diminuzione dell’esercizio della servitù l’esecuzione di opere, ovvero la modifica dello stato dei luoghi che, pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino, tuttavia, in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodità dell’esercizio della servitù”. La valutazione di quanto affermato era riservata al giudice del merito, il quale non poteva tenere giustificata la trasformazione “solo in considerazione della dinamica dei rapporti e dell’evolversi delle situazioni sociali”, vagliando tali esigenze con il libero e comodo ingresso che doveva essere garantito al titolare del diritto di passaggio. Pertanto, le esigenze del fondo dominante dovevano essere contemperate con quelle del fondo servente nel rispetto delle facoltà di godimento del proprietario che non potevano essere totalmente elise dall’esistenza della servitù. Tra tali facoltà vi erano “anche (o soprattutto) quelle finalizzate a consentire una piena accessibilità alla casa di abitazione da parte di qualsiasi portatore di handicap o persona con ridotta capacità motoria”. Secondo i giudici di legittimità, in applicazione dei citati principi non poteva riscontrarsi nessuna inconciliabilità nella argomentazione della Corte d’Appello con la quale era stata valutata la piena funzionalità e necessità dell’impianto dell’ascensore allestito dal Condominio, inoltre, correttamente non era stata rilevata nessuna violazione dell’art. 1067 c.c., in quanto l’opera non aveva causato nessuna riduzione dell’esercizio della servitù di passaggio o una modifica all’originaria convenzione.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di legittimità.

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Fallimento e la quietanza rilasciata dal fallito in bonis

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D. La quietanza rilasciata dal fallito in bonis vale come confessione stragiudiziale?

R. Il decisum in commento affronta la questione della valenza probatoria da attribuire alla dichiarazione di quietanza. Nello specifico si tratta di stabilire se la quietanza rilasciata da un creditore, poi fallito, al debitore all’atto del pagamento abbia, o meno, l’efficacia vincolante della confessione stragiudiziale, ex art. 2375 c.c.. (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 15591/18; depositata il 14 giugno)

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Deposito presso la casa comunale

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D. Deposito presso la casa comunale è possibile solo se è assolutamente impossibile individuare residenza, domicilio e dimora del destinatario?

R. Solo la notifica di un atto a persona di residenza, dimora o domicilio sconosciuti, legittima l’applicabilità della procedura di notificazione ex art. 143 c.p.c.. A tal fine è necessario che ricorra l’impossibilità di individuare detti luoghi, nonostante l’espletamento, da parte del notificante, delle indagini necessarie secondo l’ordinaria diligenza.(Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 15626/18; depositata il 14 giugno)

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