Il credito vantato dal Condominio nei confronti del condomino diviene certo ed esigibile con l’approvazione assembleare del bilancio condominiale preventivo e del piano di riparto e, dunque, l’amministratore può legittimamente procedere alla riscossione dei contributi condominiali, anche in assenza della diffida. Ciò è quanto stabilito dal Tribunale di Roma, sentenza n. 247/2020, depositata l’8 gennaio.
Il caso. A seguito di ricorso in via monitoria proposto da un Condominio, il Giudice di Pace competente emetteva un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti di un condomino per il pagamento dell’importo di € 1.267,52, oltre a spese monitorie, chiesto a titolo di quote condominiali oggetto di delibere condominiali che avevano rispettivamente approvato il bilancio preventivo della gestione condominiale e i piani di riparto.
Avverso il decreto ingiuntivo il condomino proponeva opposizione sostenendo sostanzialmente di non aver ricevuto nessuna richiesta di pagamento degli oneri condominiali e neppure una lettera di messa in mora. L’opposizione veniva rigettata e il decreto ingiuntivo confermato.
Avverso tale sentenza, il condomino interponeva appello chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo impugnato. Il Giudice di seconde cure ricordava che le quote condominiali da pagare a seguito delle delibere assembleari costituivano titolo di credito del Condominio e provavano l’esistenza del credito stesso, legittimando non soltanto la concessione del decreto ingiuntivo ma anche la condanna del singolo condomino a pagare le somme all’esito del giudizio di opposizione che questi avesse proposto avverso il decreto stesso. Neppure poteva sostenersi che il credito condominiale diventasse esigibile solo dopo la diffida. Il Tribunale, richiamata una decisione della Cassazione (n. 24299/08), riteneva che il credito condominiale doveva considerarsi “certo” e “liquido” con l’approvazione assembleare dello stato di ripartizione, indifferentemente che si trattasse di riparto preventivo o consuntivo nonché “esigibile”, quando la scadenza del termine, eventualmente riferito alle singole rate, rendesse attuale l’obbligo di pagamento ai sensi dell’art. 1182 c.c. (mora ex re). Altresì, precisava, riguardo alla contestazione sulla possibilità di accedere al monitorio senza previa diffida, che era già stato chiarito dalla Cassazione (n. 9181/2013) che il sollecito al condomino moroso non era obbligatorio e neppure poteva costituire una condizione di procedibilità del recupero del credito. Questo neppure se il regolamento condominiale prevedesse la previa diffida, posto che la violazione di siffatta regola poteva al più far sorgere in capo all’amministratore una responsabilità da inesatto adempimento del mandato. Il Tribunale precisava ancora come il sopraesposto principio era rafforzato dalla nuova normativa condominiale ex artt. 63 disp. att. c.c. e 1129, c. 9, c.c., in base alla quale il ricorso alla procedura monitoria rappresentava un obbligo per l’amministratore, il quale doveva provvedervi in tempi stretti.
Per tali motivi il Tribunale rigettava il ricorso.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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