La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, (sentenza n.35145 del 08.11.2023 con pubblicazione in data 15.12.2023 ) in sintesi ha così disposto: “Di recente, anche a seguito delle diverse procedure di stabilizzazione dei lavoratori a termine nel settore pubblico privatizzato, si è posta la questione dell’eventuale compatibilità di queste situazioni con il persistere del diritto al risarcimento del danno per la condotta illegittima della PA. Ebbene, la Corte di Cassazione con sentenza n. 35145 del 15/12/2023 è decisamente intervenuta sul punto affermando chiaramente che “Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell’illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente”. Ciò significa, a tenore delle considerazioni espresse dalla stessa Corte, che questa stretta correlazione deve presupporre, da un lato che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha realizzato la condotta ritenuta abusiva e, dall’altro, che la stessa sia effetto diretto ed immediato dell’illecita condotta tenuta dalla pubblica amministrazione. Si è dunque concluso per l’insussistenza di questi presupposti ogni qual volta l’assunzione a tempo indeterminato non sia direttamente correlata, quale misura riparatrice, all’abuso perpetrato nei confronti del dipendente con l’illegittima successione di contratti a termine, ma discenda dall’esito positivo della partecipazione dello stesso lavoratore ad una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine. Tutti coloro che hanno avuto più contratti di lavoro con la PA a tempo determinato, con o senza soluzione di continuità, per un periodo superiore ai 36 mesi, possono quindi agire avanti la Sezione Lavoro del Tribunale territorialmente competente nei confronti del medesimo ente amministrativo, deducendo l’illegittimità della reiterazione dei contratti di lavoro a termine, con conseguente richiesta di risarcimento del danno presunto (da 2,5 a 12 mensilità rispetto all’ultima retribuzione globale di fatto ex art. 8 l. 604/1996) e del relativo danno da perdita di chance, se dimostrato. Secondo la clausola 5 dell’Accordo quadro recepito nella direttiva 1999/70/CE è previsto che il lavoratore che abbia patito la reiterazione di contratti a termine può avvalersi di una presunzione di legge circa l’ammontare del danno e rilevato che il pregiudizio è normalmente correlato alla perdita di chance di altre occasioni di lavoro stabile, le Sezioni Unite hanno rinvenuto nella L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, una disposizione idonea allo scopo, nella misura in cui, prevedendo “un risarcimento predeterminato tra un minimo ed un massimo, esonera il lavoratore dall’onere della prova, fermo restando il suo diritto di provare di aver subito danni ulteriori” (cfr., da ultimo, anche Cass. 4.3.2020 n. 6097, Cass. 23.6.2020 n. 12363). La Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 35145 pubblicata il 15.12.2023 ha così espressamente statuito: “… in caso di concorsi riservati la reiterazione del contratto a termine opera come mero antecedente (remoto) della assunzione ed offre al dipendente precario una semplice chance di assunzione, chance la cui valenza riparatoria è stata esclusa da questa Corte sin dalle sentenze del 18 ottobre 2016 sui precari della scuola. Questa Corte ha dunque enunciato il seguente principio di diritto: <<Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell’illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso della amministrazione e la stabilizzazione ottenuta del dipendente. Detta stretta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l’effetto diretto ed immediato dell’abuso. Tale ultima condizione non ricorre quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga all’esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine” (confermativa di Cassazione n. 14815/2021).
Questi i principi su cui il lavoratore ricorrente dovrà muoversi in sede giudiziaria facendo attenzione a quei pronunciamenti di alcuni giudici del lavoro che disconoscono tale indirizzo del giudice di legttimità.
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