L’obbligo del singolo di pagare al Condominio le spese dovute e le vicende debitorie del Condominio verso i suoi appaltatori rimangono del tutto indipendenti. Appare dunque evidente la diversità dell’azione diretta alla riscossione dei contributi condominiali nei confronti dei partecipanti, rientrante nella legittimazione dell’amministratore, rispetto all’azione per il pagamento del corrispettivo contrattuale esercitata dal terzo creditore verso il singolo condomino sul presupposto della riferibilità diretta dei debiti condominiali ai singoli membri del gruppo. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 7876/2021, depositata il 19 marzo.

Il caso. La Corte d’Appello territoriale rigettava il gravame presentato da un condomino contro la sentenza del Tribunale competente che aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo intimato allo stesso su istanza del Condominio, per l’importo di Euro 11.743,56, a titolo di contributo pro quota correlato al secondo ed al terzo stato di avanzamento dei lavori condominiali. Secondo i giudici di seconde cure, nel caso de quo, mancava l’eccepita ravvisabilità della litispendenza e continenza fra la causa di invalidità del provvedimento monitorio e quella di nullità del contratto di appalto; altresì, escludevano il difetto di legittimazione attiva dell’amministratore, trattandosi di azione per la riscossione di spese dovute da un condomino moroso per poter estinguere il corrispettivo dovuto all’appaltatrice.

Avverso tale sentenza la parte soccombente proponeva ricorso in cassazione eccependo la mancata riunione del presente giudizio a quello intrapreso da lui davanti allo stesso Tribunale avente ad oggetto la nullità del contratto di appalto stipulato dal Condominio con la ditta appaltatrice e la riconvenzionale proposta dall’appaltatrice per ottenere la condanna del condomino al pagamento pro quota del corrispettivo dei lavori. Secondo il ricorrente, entrambi i giudizi avevano ad oggetto il “prezzo dell’appalto richiesto nello stesso tempo dal terzo e dal Condominio”, e come l’altro processo, in particolare, riguardasse altresì la nullità dei titoli contrattuali posti a base della pretesa monitoria del Condominio. Inoltre, il ricorrente eccepiva che l’amministratore aveva azionato il diritto contrattuale rientrante nella titolarità sostanziale di terzi. A tale riguardo la Suprema Corte precisava che “L’obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante ha, per contro, causa immediata nella disciplina del condominio, e cioè nelle norme di cui agli artt. 1118 e 1123 c.c. e segg., che fondano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni.” I giudici di legittimità avevano già affermato che “l’obbligo del singolo partecipante di pagare al condominio le spese dovute e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori rimangono del tutto indipendenti, tant’è che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa in attesa dell’evolvere delle relazioni contrattuali tra condominio e soggetti creditori di quest’ultimo, né può utilmente opporre all’amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si è detto, ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio: sicché il singolo deve sempre e comunque pagare all’amministratore, salva l’insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso per gli avanzi di cassa residuati (Cass. Sez. 2, 29/01/2013, n. 2049).” Altresì, affermavano che, ponendosi il Condominio, nei confronti dei terzi, come “soggetto di gestione” dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini attinenti alle parti comuni, l’amministratore di esso assumeva la qualità di necessario rappresentante della collettività dei condomini, e ciò sia nella fase di assunzione degli obblighi verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, sia, all’interno della medesima collettività condominiale, in quanto unico referente dei pagamenti ad essi relativi; con la conclusione che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del Condominio non sarebbe comunque idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c. (Cass. Sez. 6 – 2, 17/02/2014, n. 3636). Secondo il Supremo Collegio, la domanda per il pagamento dei contributi condominiali proposta nel presente giudizio dal Condominio nei confronti del condomino era diversa per soggetti, petitum e causa petendi dalla causa avente ad oggetto il rapporto contrattuale d’appalto, e gli obblighi da questo derivanti, intercorrente tra il medesimo condomino e l’appaltatrice Beta. Difatti, secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148), il credito che il terzo creditore, in forza di contratto concluso dall’amministratore nell’ambito delle sue attribuzioni, poteva far valere anche direttamente nei confronti del singolo condomino, in proporzione della rispettiva quota millesimale, era cosa giuridicamente diversa (seppur economicamente coincidente) rispetto al credito per la riscossione dei contributi condominiali che poteva far valere l’amministratore di Condominio. Il primo credito aveva, invero, natura di prestazione sinallagmatica e trovava causa nel rapporto contrattuale col terzo approvato dall’assemblea e concluso dall’amministratore in rappresentanza di tutti i partecipanti al Condominio. Appariva, pertanto, evidente la diversità dell’azione diretta alla riscossione dei contributi condominiali nei confronti dei partecipanti, rientrante nella legittimazione dell’amministratore (artt. 1130 n. 3 c.c. e 63, comma 1, disp. att. c.c.), rispetto all’azione per il pagamento del corrispettivo contrattuale esercitata dal terzo creditore verso il singolo condomino sul presupposto della riferibilità diretta dei debiti condominiali ai singoli membri del gruppo. Ciò escludeva ogni interferenza sul presente giudizio del distinto giudizio inerente al contratto d’appalto concluso con la ditta appaltatrice, e smentiva ogni dubbio sulla legittimazione attiva, o, meglio, sulla titolarità sostanziale dell’amministratore in ordine al credito dedotto in sede monitoria.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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