In tema di autovelox non risulta da alcuna normativa che la segnaletica di avvertimento del controllo debba essere anche luminescente ma incombe sulla P.A. fornire le prove relative alla “omologazione” e alla “taratura” dell’autovelox per legittimare il verbale redatto dalla Polizia municipale. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 13630/2021, depositata il 19 maggio.

Il caso. Un automobilista proponeva, innanzi al Giudice di Pace competente, opposizione avverso il verbale di accertamento di violazione dell’art. 142, comma 8, C.d.S. elevato dal Comando della Polizia Municipale del Comune competente. Il Giudice di prime cure accoglieva l’opposizione e annullava l’impugnato verbale sul presupposto che “dalle emergenze processuali risultava che in loco non era stato apposto alcun dispositivo luminoso di segnalazione e/o comunque alcun cartello indicante la tipologia di controllo effettuato”.

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Avverso tale sentenza il Comune interponeva appello. Il Tribunale, in funzione di Giudice di appello, ritenendo privo di senso il riferimento alla presunta necessità di una segnalazione luminosa dell’autovelox, accoglieva il gravame e rigettava l’opposizione.

Avverso tale sentenza l’automobilista proponeva ricorso per cassazione. Con il primo e il secondo motivo il ricorrente deduceva sostanzialmente il vizio di violazione delle norme del C.d.S. in tema di segnalazione delle postazioni di rilevamento della velocità. La doglianza della parte ricorrente si risolveva nel pretendere –  al fine della legittimità della sanzione contestata – l’adempimento di un “obbligo di informazione della presenza di postazioni di controllo” per il quale non sarebbe stata sufficiente la sola relativa segnaletica (pacificamente esistente), ma una ulteriore e necessaria segnaletica di tipo luminoso. Secondo gli Ermellini tale lamentela era del tutto infondata “non risultando da alcuna normativa che la segnaletica di avvertimento del controllo debba essere anche luminescente.” Con il terzo motivo, parte ricorrente lamentava una errata applicazione, da parte della sentenza impugnata, dei principi relativi all’onere probatorio. In particolare (e per il profilo meritevole di accoglimento) veniva svolta censura in ordine alla mancata prova – da parte della P.A. procedente – della prova e attestazione della omologazione dell’apparato autovelox a mezzo del quale veniva accertata la contestata violazione al C.d.S.. Il Tribunale aveva, sul punto, ritenuto che era “onere dell’opponente dimostrare il fatto impeditivo della pretesa sanzionatoria” e che “alcuna prova sulla circostanza che l’autovelox potesse non essere omologato era stata data” dall’odierna parte ricorrente. Tanto comportava un’errata applicazione del principio dell’onere della prova con violazione della norma di cui all’art. 2697 c.c.. Infatti, come già affermato dalla Corte di Cassazione 26 maggio 1999, n. 5095, incombeva all’Amministrazione “l’onere (nel caso de quo non risultante svolto) di dimostrare compiutamente l’esistenza dei fatti costitutivi dell’illecito”. Al riguardo doveva raffermarsi il principio secondo cui l’allegazione della omologazione e taratura del sistema di verifica ed accertamento della velocità costituiva indefettibile onere a carico della P.A.. Nel caso in esame, in violazione  anche di detto principio, si era verificata, prima ancora dell’apprezzamento della prova, un’errata applicazione del principio dell’onere della prova attribuito ad una parte diversa da quella che ne era gravata” (Cass. 16 maggio 2007, n. 11216).

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il primo ed il secondo motivo del ricorso, accoglieva il terzo, assorbiti i rimanenti motivi, cassava – in relazione al motivo accolto – l’impugnata sentenza e rinviava, anche per le spese, al Tribunale competente in persona di diverso Giudice.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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