In tema di Condominio negli edifici, la responsabilità solidale dell’acquirente di una porzione di proprietà esclusiva per il pagamento dei contributi dovuti al condominio dal condomino venditore è limitata al biennio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63 disp. att. c.c., (già) comma 2, e non già l’art. 1104 c.c., atteso che, ai sensi dell’art. 1139 c.c., le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio soltanto in mancanza di apposita disciplina. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 10346/2019, depositata il 12 aprile.

Il caso. L’acquirente di un appartamento adiva il Tribunale competente chiedendo la declaratoria di nullità delle delibere assembleari con cui il Condominio aveva provveduto ad addebitargli le morosità del precedente proprietario. Tali delibere trovavano il proprio fondamento nell’art. 11 del Regolamento del Condominio che poneva a carico del nuovo proprietario anche i debiti per contributi condominiali maturati dal precedente condomino.  Il Giudice di prime cure riteneva la nullità della succitata clausola regolamentare e dichiarava la nullità della delibera impugnata.

Avverso tale sentenza, il Condominio interponeva appello chiedendone la riforma. La Corte di Appello territoriale, in riforma dell’impugnata decisione del Tribunale di prima istanza, accoglieva l’appello del Condominio e rigettava la domanda proposta dalla parte appellata affermando il principio secondo il quale <<l’accollo al condomino avente causa degli oneri condominiali inadempiuti, di cui all’art. 63 disp. att. c.c., è norma inderogabile ex art. 72 disp. att. c.c., nel senso che alcuna disposizione contrattuale o regolamentare può esonerare il condomino avente causa dall’obbligo suddetto nel limite minimo dei contributi omessi per l’anno in corso e quello precedente, mentre è riconducibile all’autonomia del regolamento condominiale di natura contrattuale di disporre a carico dell’acquirente condomino l’accollo di debiti maturati, costituenti “obligationes propter rem”, dal condomino dante causa in esercizi precedenti>>.

Avverso tale sentenza, parte appellata propone ricorso per cassazione.  Parte ricorrente censurava il vizio di violazione, falsa ed errata applicazione di norme di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. In particolare lamentava la violazione dell’art. 63 disp. cit., deducendosi l’erroneità, in diritto, della gravata decisione fondata su una non condivisa ed illogica interpretazione della medesima norma; il tutto, secondo parte ricorrente, in base ad una modifica della volontà della legge, effettuata in via interpretativa, in palese contrasto col chiaro disposto normativo ex art. 63 cit., non abbisognevole affatto di tale tipo di interpretazione. Il Supremo Collegio riteneva fondato il motivo per la parte relativa alla invocata violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nel senso che il decisum della Corte distrettuale si fondava sulla ricostruzione della portata della disposizione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 4 (come, da ultimo modificato ex L. n. 220 del 2012). Alla stregua di tale ricostruzione operata dal Giudice di appello, in riforma di quella svolta dal Tribunale di prime cure, si tendeva all’affermazione di un principio, invero innovativo, per cui il limite temporale (biennale) per il pagamento dei contributi condominiali pregressi da parte del condomino subentrate a precedente condomino moroso avrebbe costituito un limite inderogabile ma solo nel limite e non nel massimo. Si ipotizzava, quindi, la possibilità di deroga per affermare la possibile responsabilità del nuovo condomino anche per le morosità condominiali arretrate oltre il biennio precedente all’acquisto dell’unità immobiliare condominiale. L’affermazione della impugnata sentenza non poteva essere condivisa sotto un duplice profilo. Innanzitutto la stessa, con un’interpretazione additiva ed estensiva rispetto alla chiara volontà della norma de qua, ampliava oltremodo i margini temporali retroattivi della responsabilità solidale dell’acquirente di una proprietà condominiale. Così facendo la decisione impugnata finiva per creare, con l’artificioso ricorso ed il riferimento all’autonomia regolamentare condominiale ed alle obligationes propter rem, una estensione non prevista dalla legge del particolare tipo di responsabilità solidale del nuovo condomino. Quest’ultimo, giovava ricordare, era comunque estraneo – prima dell’acquisto – al regolamento condominiale, la cui autonomia non poteva mai esercitarsi contro una ben precisa inderogabilità voluta dalla citata norma di attuazione del c.c. anche all’evidente fine di non alimentare incertezze sui limiti della responsabilità de qua in concreto oltremodo ostativi alla circolazione dei beni (che era bene ancorare a certezza del diritto e non ad incertezze interpretative). In secondo luogo ed ancor più decisivamente la Suprema Corte osservava come tutto il ragionamento su cui era fondato il dictum della Corte territoriale poggiava su una ricostruzione della parziale inderogabilità (solo nel minimo) del predetto limite ex art. 63 cit., in via interpretativa e sul un fondante presupposto espressamente affermato: “il regolamento condominiale di natura contrattuale può disporre a carico dell’acquirente condomino l’accollo di debiti maturati, costituenti “obligationes propter rem”, da parte del condomino dante causa in esercizio precedenti” all’acquisto. La decisione era, dunque, fondata sulla possibilità di configurare i predetti debiti come obligationes propter rem. Sennonché – aspetto questo, decisivo, ma eluso dalla valutazione della Corte a quo – la predetta configurabilità dei medesimi debiti come era del tutto ed univocamente esclusa dalla giurisprudenza della Corte di legittimità. Giovava, all’uopo, rammentare i principi – già affermati dalla Suprema Corte – per cui, “in tema di condominio negli edifici, la responsabilità solidale dell’acquirente di una porzione di proprietà esclusiva per il pagamento dei contributi dovuti al condominio dal condomino venditore è limitata al biennio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63 disp. att. c.c., (già) comma 2, e non già l’art. 1104 c.c., atteso che, ai sensi dell’art. 1139 c.c., le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio soltanto in mancanza di apposita disciplina” (Cass. 27 febbraio 2012, n. 2979). Anche questo aspetto, doveva, quindi, ritenersi fondato e accolto.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava l’impugna sentenza e rinviava, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello territoriale.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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