VAi sensi dell’art. 1134 c.c., il condomino non ha un obbligo di provvedere ai lavori urgenti di manutenzione dell’edificio, bensì una mera facoltà e il mancato esercizio non può comportare responsabilità per lo stesso condomino. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 10587/2019, depositata il 16 aprile.

Il caso. Un condomino agiva in giudizio avverso i proprietari dell’appartamento soprastante il suo lamentando che questi avevano effettuato, senza alcuna autorizzazione, lavori di ristrutturazione sul tetto dello stabile condominiale, creando varchi per le acque meteoriche, le cui infiltrazioni avevano provocato danni all’appartamento del ricorrente. Con tale ricorso, dunque, il condomino aveva chiesto la conferma nel merito del ricorso nunciatorio con il quale aveva in precedenza chiesto, e ottenuto, il ripristino del tetto condominiale. Si costituivano in giudizio i condomini del piano superiore sostenendo la necessità dei lavori di ripristino del tetto e negando di avere cagionato dei danni al condomino dell’appartamento del piano sottostante. Il Giudice di primo grado accoglieva il ricorso rilevando che non era stata provata, in causa, l’esistenza di un accordo fra i condomini per la ristrutturazione del tetto crollato e che da ciò derivava il fatto che i condomini del piano superiore erano intervenuti di loro spontanea volontà e, pertanto, questi non avevano diritto alla restituzione delle spese effettuate per il condominio e dovevano rispondere dei danni causati in quanto custodi ex art. 2051 c.c. del cantiere.

Avverso tale sentenza, i condomini soccombenti interponevano appello. La Corte di Appello territoriale rigettava l’appello e confermava integralmente la sentenza impugnata.

Avverso tale sentenza, i soccombenti proponevano ricorso per cassazione su quattro motivi. Con il primo motivo i ricorrenti lamentavano che i giudici di secondo grado non avevano correttamente valutato l’istruttoria processuale, ritenendo provato il nesso causale tra i lavori eseguiti sul tetto e le infiltrazioni di acqua nell’appartamento sottostante. Tale motivo veniva dichiarato inammissibile perché si risolveva nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali, non proponibile nel giudizio di cassazione. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentavano che la sentenza impugnata era viziata di legittimità perché era posto a fondamento della decisione un fatto specificamente contestato da parte convenuta e, cioè, che le infiltrazioni de quibus erano state originate dal crollo del tetto avvenuto in precedenza e non dai lavori realizzati dai ricorrenti. Anche questo motivo veniva dichiarato inammissibile in quanto, secondo il Supremo Collegio, i Giudici di seconde cure avevano rigettato nel merito tale eccezione, in ragione della quale le infiltrazioni erano state prodotte solo a causa del crollo del tetto, anche per l’assenza di prova su tale affermata circostanza. Con il terzo motivo i ricorrenti sostenevano la loro facoltà di eseguire i lavori di riparazione del tetto, ex art. 1134 c.c., anche senza alcuna autorizzazione dell’altro condomino trattandosi all’evidenza di spesa urgente; quindi, doveva respingersi il ricorso nunciatorio ex art. 1172 c.c. della controparte in quanto questi non aveva in alcun modo giustificato la sua inerzia nel provvedere alle opere di rifacimento del tetto. Anche questo motivo veniva dichiarato inammissibile. Secondo i Giudici di legittimità, il ragionamento dei ricorrenti non poteva essere accolto nella parte in cui non riconoscevano che la loro controparte, pure condomino, non aveva un obbligo di provvedere ai lavori di rifacimento del tetto, bensì una mera facoltà. Il suo mancato esercizio non poteva comportare responsabilità per lo stesso. Con il quarto motivo i ricorrenti rilevavano che la Corte d’Appello territoriale aveva immotivatamente omesso di rinnovare la CTU nonostante la loro istanza in tal senso e in ogni caso omesso di valutare le osservazioni dei consulenti tecnici di parte. Secondo la Corte di Cassazione, i ricorrenti avevano errato nel valutare la decisione di secondo grado. Nell’impugnata sentenza, i Giudici avevano valutato come le consulenze tecniche eseguite in corso di causa erano state tutte valutate ed erano tutte giunte alla medesima conclusione, tenendo peraltro conto delle osservazioni dei tecnici di parte. Alla stregua di tale ragionamento, pertanto, la Corte d’Appello territoriale aveva valutato di non rinnovare la CTU. Anche questo motivo veniva dichiarato inammissibile da una parte rivendicando la corretta azione della Corte d’Appello e, dall’altra, sottolineando come i ricorrenti non avevano neanche provveduto a evidenziare le osservazioni dei loro tecnici di parte le quali erano state secondo loro immotivatamente ignorate dal CTU.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava la parte soccombente alla refusione delle spese di causa alla controparte.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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