Posto che l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, così come quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, è legittima la delibera assembleare adottata a maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2, c.c. che disponga la ripartizione delle spese di manutenzione secondo criteri differenti dalle tabelle in vigore. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2,  ordinanza n. 30392/2019, depositata il 21 novembre. 

Il caso. Tribunale competente emetteva decreto ingiuntivo nei confronti di alcuni condomini per il pagamento degli oneri condominiali relativi a spese di manutenzione approvate con delibera condominiale. Tutti i predetti decreti, emessi con clausola di provvisoria esecutività, venivano impugnati dalle parti ingiunte, le quali invocavano l’applicazione del regolamento condominiale in vigore che li esonerava dall’obbligo di partecipare al riparto delle spese condominiali. Si costituiva nei diversi giudizi di opposizione, poi riuniti, il Condominio, il quale negava la natura contrattuale del regolamento condominiale e deduceva la sua inopponibilità agli acquirenti dei vari appartamenti situati nello stabile. Il Tribunale competente riconosceva la natura non contrattuale del regolamento di condominio e quindi la sua inopponibilità agli acquirenti dei vari appartamenti situati nello stabile, ma rilevava che le delibere di riparto delle spese poste a base dei decreti ingiuntivi opposti avevano suddiviso l’onere economico tra i condomini in maniera difforme dalle vigenti tabelle millesimali. Accoglieva, quindi, le opposizioni revocando i decreti ingiuntivi e compensando le spese del grado.

Avverso tale sentenza, interponevano appello gli opponenti in relazione alla compensazione delle spese. Il  Condominio, costituendosi in secondo grado, invocava il rigetto dell’appello principale spiegando impugnazione incidentale in relazione alla statuizione di revoca dei decreti opposti. La Corte d’Appello territoriale accoglieva l’impugnazione principale, rigettando quella incidentale, e condannava il Condominio alle spese del doppio grado.

Avverso tale sentenza il Condominio proponeva ricorso per cassazione con un unico motivo. Il ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte di Appello aveva erroneamente affermato l’insufficienza della maggioranza qualificata dei partecipanti al condominio ai fini della modificazione delle tabelle millesimali di riparto delle spese comuni. Secondo il ricorrente, una volta esclusa la natura negoziale del regolamento condominiale, la deliberazione dell’assemblea dell’ente di gestione, adottata con la maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c., comma 2, poteva legittimamente disporre il riparto delle spese di conservazione delle parti comuni anche secondo un criterio difforme da quello previsto dalle tabelle millesimali in vigore. Gli Ermellini ribadivano il principio, posto dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “In tema di condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma 2 c.c.” (Cass. Sez. U., Sentenza n. 18477 del 09/08/2010, successivamente confermata da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21950 del 25/09/2013 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27159 del 25/10/2018). Ne derivava  l’erroneità della statuizione del giudice di appello, che – confermando sul punto la decisione del Tribunale – aveva ravvisato la nullità delle delibere dell’assemblea condominiale con cui erano state ripartite tra i partecipanti al condominio le spese di conservazione e manutenzione della cosa comune, sul presupposto che la modifica della tabella millesimale imponeva l’unanimità dei partecipanti all’ente di gestione e non poteva essere adottata con deliberazione a maggioranza qualificata.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e cassava la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte d’Appello territoriale.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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