Il singolo condomino non può vantare alcun diritto di proprietà esclusiva in virtù di un precedente testamento sul vano sottoscala il quale, per effetto del nuovo assetto immobiliare post-ricostruzione intervenuto dopo la formazione del testamento e prima della morte del de cuius, sia venuto a ricomprendersi nelle parti comuni ex art. 1117 c.c.. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 23119/2020, depositata il 22 ottobre.
Il caso. Un condomino conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale competente una condomina lamentando l’occupazione, da parte della stessa, del vano scala condominiale ubicato al piano terra. Chiedeva, pertanto, che l’androne scala del fabbricato fosse dichiarato comune a tutti i proprietari degli immobili a cui garantiva l’accesso in ragione dei millesimi di proprietà a ciascuno imputabili, con condanna della citata convenuta all’eliminazione della pavimentazione installata, del tubo in ferro infisso nel pavimento e di tutto quanto allocato nelle scale condominiali. La domanda veniva respinta dal Giudice di prime cure.
Avverso tale sentenza il condominio interponeva appello. La Corte d’appello distrettuale accoglieva il gravame e, per l’effetto, dichiarava che l’androne scala del fabbricato in questione aveva natura condominiale e, di conseguenza, condannava l’appellata ad eliminare le opere eseguite nel relativo spazio, oltre che al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. A fondamento dell’adottata decisione, i giudici di secondo grado, premessa la qualificazione della formulata domanda come domanda di rivendicazione ed individuata la porzione immobiliare oggetto di controversia, ritenevano che in virtù della documentazione prodotta era emersa la natura condominiale del controverso androne e che l’appellata non poteva vantare alcun diritto di esclusiva proprietà sullo stesso per effetto del testamento, poiché la relativa disposizione “mortis causa” relativa allo stanzino in discorso doveva considerarsi inefficace ai sensi dell’art. 654 c.c., siccome aveva ad oggetto una bene inesistente nell’asse ereditario al tempo del decesso del testatore.
Avverso tale sentenza, la soccombente proponeva ricorso per cassazione. La ricorrente sosteneva che la corte d’appello avesse erroneamente applicato l’art. 654 c.c. in una situazione in cui non si versava in tema di legato ma di istituzione di erede. La temporanea inesistenza del bene, perché in costruzione al momento dell’atto, non avrebbe dunque potuto comportare l’inefficacia della disposizione testamentaria. Gli Ermellini, pur rilevando la formale errata applicazione della norma, ritenevano infondata la censura. La sentenza impugnata aveva, infatti, appurato che lo stanzino non avrebbe potuto ritenersi ricompreso tra i beni di proprietà del de cuius e, quindi, oggetto di istituzione ereditaria. Infatti il vano, anche se esistente all’atto del testamento, non lo era più all’apertura della successione testamentaria per effetto della sopravvenuta ricostruzione dell’intero immobile che non prevedeva più il vano ripostiglio sottoscala conformemente al progetto approvato da tutti i comproprietari. In conclusione, la ricorrente non avrebbe potuto (come affermato dalla Corte territoriale seppur in applicazione erronea dell’art. 654 c.c.) vantare alcun diritto di proprietà esclusiva in virtù del testamento sul vano sottoscala il quale, per effetto del nuovo assetto immobiliare post-ricostruzione intervenuto dopo la formazione del testamento e prima della morte del de cuius, era venuto a ricomprendersi nelle parti comuni ex art. 1117 c.c..
Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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