In caso di revoca dell’amministratore di Condominio prima della scadenza del termine previsto nell’atto di nomina, egli ha diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, altresì al risarcimento dei danni, in applicazione dell’art. 1725, comma 1, c.c., salvo che sussista una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 7874/2021, depositata il 19 marzo.

Il caso. Il Tribunale competente accoglieva solo in parte l’appello di una condomina contro la sentenza del Giudice di Pace, affermando che all’appellante, ex amministratrice di un Condominio, spettasse solo il saldo del compenso fino all’esaurimento del rapporto e non anche il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 1725 c.c., norma inapplicabile al recesso in materia di professioni intellettuali in quanto disciplinato dall’art. 2237 c.c..

Avverso tale sentenza la condomina proponeva ricorso per cassazione deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2237 e 1725 in relazione all’art. 1229 c.c., sostenendo che al rapporto tra Condominio e amministratore non potesse applicarsi l’art. 2237 c.c., in quanto norma attinente al contratto d’opera intellettuale e dovendosi assimilare l’amministratore condominiale ad un mandatario con rappresentanza. Secondo gli Ermellini era evidente come, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, gli effetti della revoca dell’incarico di amministratore di Condominio non potessero trovare la loro disciplina nella fattispecie di cui all’art. 2237 c.c., la quale regola, invero, il recesso del cliente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale. Il contratto tipico di amministrazione di Condominio, il cui contenuto era essenzialmente dettato negli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c., non costituiva prestazione d’opera intellettuale, e non era perciò soggetto alle norme che il codice civile prevedeva per il relativo contratto, atteso che l’esercizio di tale attività non era subordinata – come richiesto dall’art. 2229 c.c., all’iscrizione in apposito albo o elenco, quanto (e ciò peraltro soltanto a far tempo dall’entrata in vigore dell’art. 71-bis disp. att. c.c., introdotto dalla L. n. 220 del 2012) al possesso di determinati requisiti di professionalità ed onorabilità, e rientrava, piuttosto, nell’ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi, di cui alla L. 14 gennaio 2013, n. 4. Inoltre, “come chiarito da Cass. Sez. Un. 29/10/2004, n. 20957, la previsione della revocabilità ad nutum da parte dell’assemblea conferma la assimilabilità al mandato del rapporto intercorrente tra condominio ed amministratore e, conseguentemente, il carattere fiduciario dell’incarico. Trattandosi, peraltro, di mandato che si presume oneroso conferito per un tempo determinato, se la revoca è fatta prima della scadenza del termine di durata previsto nell’atto di nomina, l’amministratore ha diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, altresì al risarcimento dei danni, proprio in applicazione dell’art. 1725 c.c., comma 1, salvo che ricorra a fondamento della medesima revoca una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico”. Era infatti da ritenere che l’art. 1129 c.c., si preoccupava unicamente di far salvo il potere di revoca dell’assemblea, senza tuttavia regolarne gli effetti, il che non esonerava l’interprete dal far uso di quelle norme analoghe che, a proposito della revoca ante tempus, differenziavano le conseguenze avendo riguardo alla sussistenza, o meno, della giusta causa di recesso (art. 1725 c.c., comma 1, appunto, ma anche art. 2383 c.c., comma 3).  Pertanto, l’amministratore di Condominio, in ipotesi di revoca deliberata dall’assemblea prima della scadenza del termine previsto nell’atto di nomina, aveva diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, altresì al risarcimento dei danni, in applicazione dell’art. 1725 c.c., comma 1, salvo che sussistesse una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificavano la revoca giudiziale dello stesso incarico.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa al Tribunale competente, in persona di diverso magistrato, anche per le spese processuali.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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