In caso di lite fra due dipendenti di un supermercato, percepita dagli altri lavoratori e dai clienti, il licenziamento è eccessivo, anche perché il lavoratore ha reagito all’aggressione perpetrata ai suoi danni dal collega. Il rapporto di lavoro è comunque concluso, ma l’oramai ex dipendente ha diritto ad un adeguato risarcimento. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI. Civile – L, ordinanza n. 10621/2021, depositata il 22 aprile.
Il caso. Due lavoratori di un supermercato litigavano all’interno del “reparto macelleria”: il primo schiaffeggiava il secondo, ma quest’ultimo reagiva colpendolo con violenza e finiva per essere licenziato. Il Tribunale, pronunciando sull’opposizione, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 51 e ss., proposta dal lavoratore avverso l’ordinanza che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento intimato per giusta causa dal datore di lavoro, rigettava il ricorso.
Avverso tale sentenza il lavoratore interponeva appello. La Corte d’Appello accoglieva il reclamo del lavoratore e dichiarava illegittimo il licenziamento; applicava la tutela di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, e, per l’effetto, dichiarando risolto il rapporto di lavoro con decorrenza dalla data del licenziamento, riconosceva al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto. A fondamento del decisum, la Corte d’Appello poneva le seguenti argomentazioni: a) risultava provato il fatto posto a base del licenziamento: il lavoratore, a seguito di una discussione con un collega nel reparto macelleria, era passato alle vie di fatto; l’accadimento era visibile e/o udibile da parte degli altri colleghi e dei clienti del reparto medesimo; b) tale condotta era astrattamente riconducibile all’ipotesi sanzionata dal CCNL di settore, con il licenziamento senza preavviso; c) tuttavia, in concreto, il recesso datoriale non era proporzionato: il lavoratore aveva colpito il collega dopo essere stato schiaffeggiato; dopo la prima discussione, avvenuta nel reparto e rimasta nei limiti di un confronto verbale, il lavoratore aveva continuato a lavorare senza dare seguito al diverbio. Era stato il collega a seguire il resistente nella cella frigorifera con l’intenzione di continuare il litigio e di aggredirlo; il lavoratore non aveva precedenti disciplinari.
Avverso tale sentenza il datore di lavoro proponeva ricorso per cassazione. Per il Supremo Collegio era inutile il richiamo a una presunta proporzionalità del licenziamento, come da contratto, a fronte della condotta tenuta dal lavoratore nella struttura commerciale. Difatti, era corretta, e non poteva essere messa in discussione, la valutazione dell’episodio compiuta dai Giudici di secondo grado. I dettagli della vicenda, come acclarati tra primo e secondo grado, erano sufficienti, in sostanza, per ritenere evidente “l’illegittimità della sanzione espulsiva” decisa dall’azienda. Ciò comportava che il lavoratore doveva dire addio al proprio posto di lavoro, ma poteva comunque aveva diritto ad un adeguato risarcimento.
Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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