Secondo l’art. 51, D.L. n. 79/2011, le locazioni di breve durata stipulate da alcuni condomini sono riconducibili a quelle per finalità turistiche per brevi periodi non superiori a 30 giorni. Ne consegue che esse non si distinguano dunque dalle ordinarie locazioni, connotandosi solo per la loro durata transitoria. Ciò è quanto stabilito dalla  Corte d’Appello di Milano, sez. III Civile, sentenza n. 93/2021, depositata il 13 gennaio.

Il caso. Un Condominio proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale competente che aveva respinto la sua domanda nei confronti di alcuni condomini, avente ad oggetto l’accertamento della contrarietà al regolamento condominiale dell’utilizzo dell’unità immobiliare degli stessi, sita al terzo piano dello stabile, ad alloggio temporaneo di breve durata, nonché l’ordine ai convenuti di cessare immediatamente tale utilizzo. Aveva censurato la suddetta sentenza per aver erroneamente ritenuto che non fosse opponibile ai condomini (che avevano acquistato l’appartamento in questione nel 1981) il regolamento condominiale (approvato all’unanimità nel 1961) ed in particolare le clausole che vietavano l’esercizio all’interno dell’appartamento dell’attività di “pensione” o l’uso dello stesso “a camere ammobiliate affittate a terzi”, sostenendo che dette limitazioni costituissero servitù atipiche e come tali opponibili ai terzi acquirenti solo ove trascritte o specificamente indicate nell’atto di acquisto (mentre in realtà si sarebbe trattato di una obbligazione propter rem, vincolante per effetto dell’acquisto dell’immobile e della contestuale accettazione del regolamento condominiale). Poiché gli stessi appellati avrebbero riconosciuto di affittare il loro appartamento per periodi brevissimi (limitati a qualche giorno), aveva chiesto l’integrale riforma della sentenza appellata, considerato altresì – come già sostenuto in primo grado – che dette locazioni brevi avrebbero arrecato disturbo alla tranquillità degli altri condomini e sarebbero stati contrari al decoro dell’edificio (in violazione di altra disposizione regolamentare) e che non sarebbero state previamente comunicate all’amministratore del Condominio (come pure previsto dal regolamento). Gli appellati chiedevano la conferma della sentenza impugnata, affermando che comunque la locazione breve posta in essere non costituisse violazione di alcuna norma regolamentare, non essendo assimilabile all’affitto di camere ammobiliate (trattandosi di affitto dell’intera unità immobiliare, per uso abitativo e senza servizi accessori di carattere alberghiero). Secondo la Corte d’Appello, il Tribunale aveva affermato che nel 1961, con l’approvazione all’unanimità del regolamento del Condominio de quo ed in particolare del suo art. 4 (il quale prevedeva il divieto di “uso dell’appartamento a camere ammobiliate affittate a terzi”), i condomini avessero costituito una servitù atipica di non facere a carico di ciascuna unità immobiliare ed a favore di tutte le altre: come tale, essa sarebbe opponibile al terzo che fosse divenuto proprietario di una di dette unità solo a condizione che la clausola regolamentare fosse trascritta nei registri immobiliari ex artt. 2659 e 2665 c.c., oppure che l’acquirente avesse preso atto in modo specifico della stessa contestualmente all’atto d’acquisto, non essendo invece sufficiente che l’atto di provenienza contenesse un mero richiamo al contenuto del regolamento. Con ciò, dunque, il Tribunale aveva aderito all’orientamento espresso dalla Suprema Corte a partire dalla sentenza n. 21024/16 (confermato in seguito da Cass. n. 6769/18), in contrasto con il consolidato precedente orientamento secondo il quale “la semplice limitazione al godimento degli immobili, senza la determinazione di un peso di prestazioni positive, non raffigura né una servitù, né un onere reale…il divieto di svolgere una determinata attività negli appartamenti costituisce un rapporto obbligatorio reale di non facere; precisamente, una obbligazione propter rem con contenuto negativo, di non conferire all’immobile una certa destinazione” (Cass. n. 11684/00). A queste conclusioni si era giunto rilevando soprattutto l’assenza, nelle clausole di cui si discuteva, del connotato tipico della servitù, e cioè la soggezione di un bene, in questo caso l’immobile, a vantaggio di un altro immobile, che non si configurava nel caso di clausole regolamentari incidenti sulla destinazione d’uso degli immobili, che, invece, costituivano una previsione concepita nell’interesse e a vantaggio dei condomini che ne beneficiavano: quanto all’ammissibilità di una convenzione che ponesse limitazioni ai diritti dei condomini, poi, questa era stata ritenuta sulla base del principio di autonomia negoziale. Tutto ciò con la conseguenza della idoneità della mera indicazione del regolamento condominiale nell’atto di acquisto ai fini dell’opponibilità ai terzi acquirenti (Cass. n. 19212/16). Detta qualificazione, peraltro, si presentava irrilevante nel caso in esame, posto che il comportamento attribuito agli appellati non si poteva ritenere violazione delle prescrizioni del regolamento di condominio in questione. Inoltre, i giudici di seconde cure ritenevano che “Le locazioni stipulate dagli appellati sono riconducibili a quelle per finalità turistiche per brevi periodo non superiori a 30 gg ai sensi dell’art.53 del D.lgs. n.79/2011, che la Regione Lombardia ha espressamente escluso dall’ambito delle attività ricettive (quali proprio quelle di Bed and Breakfast ed affittacamere): esse non si distinguono dunque dalle ordinarie locazioni (cui certamente il Condominio non può neppure opporre un proprio gradimento, il che porta a ritenere l’onere di informazione preventivo all’Amministratore come finalizzato al più alla facilitazione dei contatti con i conduttori, ogni diversa interpretazione configurando la nullità della clausola), connotandosi solo per la loro durata transitoria. In sé, del resto, dette locazioni non sono necessariamente più moleste per gli altri condomini rispetto a quanto potrebbe esserlo una di ordinaria durata quadriennale, osservandosi ad esempio che il turista è di norma un adulto, senza animali al seguito e che per la maggior parte della giornata non occupa l’alloggio, mentre eventuali comportamenti irrispettosi possono essere propri anche di uno stabile conduttore (che il locatore potrebbe solo richiamare all’osservanza del regolamento)”.

Per tali motivi la Corte d’Appello distrettuale rigettava il ricorso e condannava il Condominio al pagamento delle spese processuali.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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