In tema di possesso dei condomini sulle parti comuni, l’uso della cosa comune e i lavori per il miglior godimento della stessa ex art. 1102 c.c. non possono mai concretizzarsi nell’appropriazione sostanziale del bene mediante uno spoglio degli altri condomini, sicché l’effettuazione di lavori che incorporino nella proprietà individuale parti condominiali quali le scale e il pianerottolo si concretizzano in una turbativa del possesso che legittima il Condominio o uno dei singoli condomini alla relativa azione di manutenzione, a nulla rilevando che tali parti comuni siano poste a servizio esclusivo di una porzione dello stabile di proprietà esclusiva. Questo è quanto stabilito dal Tribunale di Genova, sez. III, ordinanza 23 giugno 2021.
Il caso. Due condomine proponevano azione in via principale ex art. 1168 c.c., ed in subordine ex art. 1170 c.c., nonché ex art. 703 c.p.c., nei confronti della proprietaria di due appartamenti, per la reintegrazione nel possesso (o in subordine la manutenzione del possesso) a seguito di spoglio, violento e clandestino commesso dalla condomina resistente accusata di aver inglobato parti comuni condominiali (pianerottoli e scale) all’interno dei propri appartamenti, in tal modo unendoli e collegandoli. Il giudice di primo grado emetteva ordinanza di rigetto del ricorso, ritenendo che le ricorrenti non godessero di un legittimo possesso dei beni, pur dando per assodato che oggetto dello spoglio fossero delle parti comuni condominiali e che le ricorrenti ne fossero comproprietarie. In particolare, il giudice di prime cure evidenziava che, in relazione alla categoria dei beni condominiali arrecanti un’utilità soggettiva ai condomini, era necessario che il ricorrente provasse uno specifico utilizzo del bene da parte del condomino-comproprietario, pena il rigetto della domanda possessoria.
Avverso tale ordinanza le ricorrenti proponevano reclamo al Collegio, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1168 e 1170 c.c., con riferimento agli artt. 1102 e 1117 c.c.. Il Collegio, infatti, affermava che la porzione di pianerottolo e la scala oggetto del procedimento possessorio costituivano parti comuni dell’edificio in base a quanto disposto dall’art. 1117, n.1, c.c.. Era pacifico dal confronto tra la situazione preesistente e quella attuale – fotografie prodotte da entrambe le parti – che la parte resistente/reclamata con la condotta ed i lavori denunciati dalle ricorrenti/reclamanti aveva “incorporato/inglobato” nell’unità immobiliare di sua esclusiva proprietà una porzione del pianerottolo che si trovava subito dopo il portone di ingresso dell’edificio su via e le scale che consentivano in precedenza l’accesso al piano seminterrato o terzo sottostrada e, di fatto, aveva in questo modo “unito” l’appartamento al livello della strada con il sottostante appartamento, sempre di sua esclusiva proprietà, “utilizzando” le scale condominiali. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte – almeno a livello di massime ufficiali (tra le tante: Cassazione n. 8119/2004; Cassazione n. 16496/2005; Cassazione n.24471/2017) “in tema di possesso dei condomini sulle parti comuni distingue astrattamente il c.d. compossesso oggettivo relativo a cose, impianti, servizi che siano “oggettivamente” utili alle singole unità immobiliari, a cui sono collegati materialmente o per destinazione – ad esempio il suolo, le fondazioni, il tetto, la facciata – dal compossesso c.d. soggettivo relativo a cose, impianti e servizi utili “soggettivamente” tanto che la loro unione materiale o la destinazione funzionale ai piani o porzioni di piano dipende dall’attività dei rispettivi proprietari – ad esempio scale, portoni, portici – ma nelle singole fattispecie esaminate dalla giurisprudenza si possono rinvenire precedenti favorevoli alla tesi delle reclamanti.” Sul punto, il Supremo Collegio aveva già avuto modo di affermare che, in tema di possesso dei condomini sulle parti comuni, “l’uso della cosa comune e i lavori per il miglior godimento della stessa ex art. 1102 c.c. non possono mai concretizzarsi nell’appropriazione sostanziale del bene mediante uno spoglio degli altri condomini, sicché l’effettuazione di lavori che incorporino nella proprietà individuale parti condominiali quali le scale e il pianerottolo si concretizzano in una turbativa del possesso che legittima il condominio o uno dei singoli condomini alla relativa azione di manutenzione, a nulla rilevando che tali parti comuni siano poste a servizio esclusivo di una porzione dello stabile di proprietà esclusiva” (Cassazione Civile, ordinanza 11 settembre 2020, n. 18929). Nel caso de quo, pertanto, nonostante l’uso sporadico delle scale e del pianerottolo da parte delle ricorrenti, l’appropriazione avvenuta mediante “fisica incorporazione/inglobamento” dei beni condominiali nella proprietà esclusiva della condomina, con alterazione e sottrazione definitiva alla possibilità di godimento collettivo, non può considerarsi ammissibile e configura uno spoglio del compossesso: nello specifico, il Collegio evidenziava che l’incorporazione della porzione di pianerottolo e delle scale nella sua proprietà esclusiva, con conseguente “fisica impossibilità” di raggiungere il livello dell’edificio posto al piano seminterrato, ledeva anche il c.d. “compossesso oggettivo” di beni ex art. 1117, n. 1, c.c., che erano “oggettivamente utili” alle singole unità immobiliari, per destinazione materiale e funzionale.
Per tali motivi, il Collegio accoglieva il reclamo e revocava l’ordinanza impugnata.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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