L’uso esclusivo della facciata condominiale dell’edificio ad uno soltanto dei condomini, sia pure al fine specifico di installarvi pannelli pubblicitari, comporta di per sé la sottrazione agli altri partecipanti al Condominio del diritto di godimento della cosa comune loro spettante ed il correlativo svuotamento della relativa proprietà nel suo nucleo essenziale. Questo è ciò che ha deciso la Corte d’Appello di Milano, sez. III, sentenza 09 luglio 2021 n. 2190.

Il caso. Il Condominio aveva chiesto al giudice adito la rimozione delle strutture per i pannelli pubblicitari apposti dalla convenuta condomina sui frontespizi dell’edificio condominiale. Il giudice respinge la domanda considerando che “al momento di costituzione del condominio, coincidente con la prima vendita di una singola unità immobiliare da parte dell’originario proprietario in virtù di clausole contenute nel relativo atto, anche mediante eventuale richiamo di un previo regolamento di condominio, è lasciata all’autonomia delle parti la possibilità di sottrarre alla presunzione di comunione almeno alcune delle parti altrimenti comuni”.

Avverso tale sentenza il Condominio interponeva appello eccependo l’errata conclusione del giudice di prime cure e, in particolare, l’inconferenza ai fini della decisione della sentenza n. 24301/2017 della Cassazione. La Corte d’Appello distrettuale osservava che il giudice di primo grado si era basato su un orientamento in base al quale l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un Condominio, in favore delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incideva non sull’appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avveniva secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex artt. 1102 e 1117 c.c.. Questo diritto non era riconducibile al diritto reale d’uso previsto dall’art. 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, era tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell’unità immobiliare cui accedeva (Cassazione Civile, sez. II, 16 ottobre 2017, n. 24301). Tale provvedimento aveva ad oggetto il diverso caso in cui l’unico proprietario dell’intero edificio aveva concesso l’uso esclusivo di una porzione del cortile al primo acquirente di una delle unità immobiliari dello stabile, fino ad allora interamente di sua proprietà). Sotto questo specifico profilo emergeva l’assenza di una “frizione” con uno dei principi cardini in materia di diritti reali ovvero il numerus clausus quale espressione della tassatività legislativa delle diverse figure di ius in re. Non si discorreva della “creazione” negoziale di una peculiare forma di diritto reale autonomo ma soltanto, della conformazione del diritto di partecipazione all’uso della cosa comune secondo un criterio non paritario. Criterio pattuito in via negoziale e non oggetto di mera esecuzione fattuale dal condomino. Il citato uso non veniva scorporato dalla proprietà solitaria ed esclusiva del cespite facente parte del Condominio essendo a questa indissolubilmente legato e non alla “persona fisica” che ne era titolare. La convenuta non avrebbe potuto certo disporre dello stesso senza disporre dell’unità solitaria che ne fondava il diritto di esercizio maggiore in luogo degli altri condomini. Ne conseguiva che il titolo negoziale che siffatta attribuzione avesse contemplato implicava di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del Condominio, le parti non avessero voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l’applicazione dell’art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d’uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistessero i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente inter partes) di natura obbligatoria (Cassazione Civile, S.U. 17 dicembre 2020, n. 28972). Pertanto, secondo il nuovo orientamento “i condomini non possono costituire un diritto reale di uso esclusivo, perpetuo e trasmissibile, a carico di una parte comune dell’edificio condominiale e a favore di un condomino, ostandovi i principi del numerus clausus e della tipicità dei diritti reali”. Detto ciò, i Giudici di seconde cure osservavano che in sede di costituzione del Condominio gli originari e unici proprietari dell’edificio non avevano inteso riservare a sé la proprietà delle facciate ma soltanto il diritto di uso esclusivo. Anche ove si potesse ricondurre alla figura del diritto reale d’uso di cui all’art. 1021 c.c., come in astratto ipotizzabile secondo la stessa Cassazione Civile, S.U. 17 dicembre 2020, n. 28972 (ma escluso in concreto dal giudice di prime cure), il diritto d’uso esclusivo delle facciate attribuito a sé dagli originari comproprietari dell’intero stabile al momento della costituzione del Condominio (coincidente con il primo atto di vendita), dovrebbe comunque escludersi la cedibilità a terzi del diritto medesimo, atteso l’espresso divieto sancito in proposito dall’art. 1024 c.c.  (e ciò contrariamente a quanto affermato, prima dell’intervento delle Sezioni Unite da Cass. Civ., sez, II, n. 24301/2017).  Da ciò sarebbe conseguito, comunque, la insussistenza in capo alla condomina di un diritto d’uso esclusivo delle facciate dello stabile opponibile alla collettività dei condomini.  Pertanto, richiamando i principi delle Sezioni Unite, i condomini non potevano costituire un diritto reale di uso esclusivo perpetuo e trasmissibili, a carico di una parte comune dell’edificio condominiale e a favore di un condomino.

Per tali motivi la Corte d’Appello accoglieva l’interposto appello e  condannavano la condomina  alla rimozione dei pannelli pubblicitari.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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