L’acquirente dell’appartamento risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandolo, è divenuto condomino e qualora sia chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, in virtù del principio dell’ambulatorietà, ha comunque diritti a rivalersi nei confronti del suo dante causa. Questo è quanto stabilito dalla Cassazione civile, sez. II, ordinanza, 9 maggio 2022, n. 14531.

Il caso. Una signora, in qualità di acquirente di un appartamento, conveniva in giudizio la venditrice, chiedendo la condanna di quest’ultima alla restituzione della somma pari ad Euro 17.738,93 corrisposta dall’attrice in favore del Condominio a titolo di oneri condominiali a seguito di decreto ingiuntivo, emesso nei suoi confronti in quanto proprietaria attuale dell’immobile, affermando che detti oneri erano di spettanza della convenuta venditrice in quanto relativi a voci di spesa antecedenti l’alienazione dell’appartamento. Il Tribunale competente accoglieva la domanda formulata dall’attrice.

Avverso tale sentenza la soccombente venditrice interponeva gravame. La Corte di appello distrettuale accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, respingeva l’originaria domanda. In particolare, i giudici di seconde cure affermavano che, essendo i contributi condominiali in questione precedenti di oltre due anni la compravendita, l’obbligazione oggetto di causa non era solidale fra le parti per cui l’azione proposta dall’acquirente non poteva essere qualificata di regresso ai sensi dell’art. 1299 c.c., ma quale adempimento del terzo di un debito altrui, con conseguente richiesta di restituzione da parte dell’effettivo debitore, essendo pacifico che il soggetto obbligato nei confronti del Condominio fosse la venditrice. Ciò posto, la Corte d’Appello accertava che la venditrice, “ben prima” del pagamento effettuato in corso di causa dall’acquirente, aveva rappresentato a quest’ultima che le delibere sulle quali il Condominio fondava il proprio credito erano radicalmente nulle in quanto effettuate senza la partecipazione di tutti gli aventi diritto, manifestando così l’intenzione di non voler procedere al pagamento e di far valere dette nullità nell’ipotesi di ingiunzione da parte del Condominio. Altresì, la Corte affermava che l’acquirente non era legittimata a richiedere la restituzione di quanto “malamente pagato”, per non aver dato immediata comunicazione alla debitrice effettiva della ricevuta notifica del decreto ingiuntivo relativo ad un debito altrui e avendo, così, impedito alla venditrice di difendersi e opporsi tempestivamente.

Avverso tale sentenza l’acquirente proponeva ricorso per Cassazione con due motivi. Con il primo motivo la ricorrente sosteneva di vantare un diritto di credito nei confronti della venditrice sia in forza della clausola prevista al punto n. 3 del contratto di compravendita con la quale controparte si sarebbe impegnata a consegnare all’acquirente l’immobile libero da pesi, gravami, vincoli, oneri e privilegi, sia in ragione della contestuale scrittura privata in manleva intercorsa inter partes. Aggiungeva, inoltre, che la fattispecie in esame non sarebbe rientrata nel paradigma di cui all’art. 1180 c.c., rivestendo non già la qualità di terzo ma quella di nuova proprietaria dell’appartamento e, come tale, sarebbe stata obbligata al pagamento degli oneri nei rapporti con il Condominio, dovendosi qualificare il debito condominiale oggetto di causa come obbligazione reale. Con il secondo motivo la ricorrente lamentava il vizio di motivazione della sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 1137 c.c. e art. 305 c.p.c., per aver il giudice di appello rigettato la domanda dell’acquirente per non avere quest’ultima attivato un procedimento monitorio di opposizione a decreto ingiuntivo che le avrebbe consentito di chiamare in causa la venditrice così da permetterle di poter eccepire la nullità delle delibere condominiali poste a fondamento del decreto ingiuntivo. Ad avviso della ricorrente, infatti, la sua eventuale opposizione a decreto ingiuntivo non avrebbe mai comportato una declaratoria di nullità delle predette delibere, poiché sarebbero state già impugnate dalla venditrice in due precedenti giudizi, conclusisi entrambi, uno con sentenza definitiva di rigetto dell’opposizione e l’altro con dichiarazione di estinzione per mancata riassunzione. I motivi del ricorso venivano esaminati congiuntamente data la loro intrinseca connessione. Secondo pacifica giurisprudenza della Corte “in tema di ripartizione delle spese condominiali tra venditore e acquirente dell’immobile, il previgente art. 63 disp. att. c.c., comma 2, ratione temporis applicabile – ora, in forza della L. n. 220 del 2012, art. 63, comma 4, disp. att. c.c. – delinea a carico dell’acquirente un’obbligazione solidale, non propter rem, ma autonoma, in quanto costituita ex novo dalla legge esclusivamente in funzione di rafforzamento dell’aspettativa creditoria del Condominio su cui incombe, poi, l’onere di provare l’inerenza della spesa all’anno in corso o a quello precedente al subentro dell’acquirente (Cass. n. 21860 del 2020). In altri termini, la responsabilità solidale dell’acquirente per il pagamento dei contribuiti dovuti al Condominio dal venditore è limitata al biennio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, e non già l’art. 1104 c.c., atteso che, ai sensi dell’art. 1139 c.c., le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio soltanto in mancanza di apposita disciplina (Cass. n. 2979 del 2012 e Cass. n. 16975 del 2005).” Inoltre, gli Ermellini, ribadivano che “il principio dell’ambulatorietà di cui all’art. 63 disp. att. c.c., secondo cui l’acquirente di un’unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidamente con lui, ma non al suo posto, opera solo nei confronti dei rapporti esterni con il condominio, non anche nei rapporti interni tra acquirente e venditore. In quest’ultimo rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto dalle parti, è operante il principio generale della personalità delle obbligazioni, con la conseguenza che l’acquirente dell’appartamento risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandolo, è divenuto condomino e qualora sia chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, in virtù del principio dell’ambulatorietà, ha comunque diritti a rivalersi nei confronti del suo dante causa (Cass. n. 1956 del 2000).” Anche la Corte d’Appello aveva affermato che, essendo i contributi condominiali precedenti di oltre due anni la compravendita, l’obbligazione oggetto della causa non era solidale fra le parti, per cui l’azione proposta dall’acquirente dell’immobile non poteva essere qualificata di regresso ai sensi dell’art, 1299 c.c., ma quale adempimento del terzo di un debito altrui, con conseguente richiesta di restituzione da parte dell’effettivo debitore. Alla luce di tali considerazioni, nel caso di specie l’unico soggetto obbligato al pagamento delle spese nei confronti del Condominio era la venditrice, in qualità di proprietaria dell’unità immobiliare al momento dell’adozione delle delibere condominiali fonti dell’obbligazione in questione, con conseguente legittimità dell’azione di indebito soggettivo proposta dall’acquirente.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Corte di appello distrettuale, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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