D. Il rimborso forfettario delle spese generali rientra nelle spese giudiziali?

D. Il rimborso forfettario delle spese generali rientra nelle spese giudiziali?

R. Il rimborso forfettario delle spese generali è una componente delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge e spettante automaticamente al difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza. Quest’ultima si ritiene infatti implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali.  

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 17076/20; depositata il 13 agosto)

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D. Nel procedimento di ATP il giudice può addebitare i costi di CTU a una parte diversa da quella ricorrente?

D. Nel procedimento di ATP il giudice può addebitare i costi di CTU a una parte diversa da quella ricorrente?

R. Non è manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto il contrasto tra gli artt. 2,3,24 e 32 Cost. e il combinato disposto dell’art. 8 d P.R. n. 115/2002, dell’art. 91 c.p.c., dell’art 8 commi 1 e 2 l. n. 24/2017, nonché dell’art. 669-septies c.p.c., nella parte in cui esclude, nella interpretazione consolidata e divenuta diritto vivente, che il giudice possa addebitare in tutto o in parte, a carico di una parte diversa da quella ricorrente, il costo, comprensivo di compensi ed esborsi, dell’attività del collegio nominato per lo svolgimento di CTU nel procedimento di cui all’art. 669-bis c.p.c. e all’art. 8 della l. n. 24/2017, che l’ha resa condizione di procedibilità della domanda di merito.  

(Tribunale di Firenze, sez. IV Civile, ordinanza depositata il 21 maggio 2020)

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D. La mancata consegna del certificato di abitabilità dell’immobile venduto configura una vendita di aliud pro alio?

D. La mancata consegna del certificato di abitabilità dell’immobile venduto configura una vendita di aliud pro alio?

R. Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento del bene e della commerciabilità dello stesso, ma la mancata consegna da parte del venditore configura un mero inadempimento.

(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 17123/20; depositata il 13 agosto)

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Condominio minimo e approvazione delibera assembleare di nomina dell’amministratore

Condominio minimo e approvazione delibera assembleare di nomina dell’amministratore

Qualora il Condominio sia costituito da soli due condomini titolari di quote diseguali e si debba procedere all’approvazione della delibera assembleare avente ad oggetto la nomina dell’amministratore condominiale, è richiesta, sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ai sensi dell’art. 1136, comma 2, c.c.. Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 16337/2020, depositata il 30 luglio.

Il caso. La Corte d’Appello distrettuale respingeva il gravame proposto da una condomina contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale competente che aveva rigettato l’impugnazione della delibera assembleare di nomina dell’amministratore del Condominio minimo, avente due soli partecipanti seppur di quote diseguali, essendo maggiore la quota dell’altra condomina (pari a 691,72 millesimi). Il Tribunale aveva ritenuto irrilevante la deduzione della mancata verbalizzazione della dichiarazione di voto contrario della condomina, circostanza peraltro confermata della registrazione audio dell’assemblea che era stata trascritta e depositata, essendo comunque validamente approvata la delibera col voto favorevole della condomina di maggioranza. La Corte d’appello distingueva fra situazioni in cui i due partecipanti ad un Condominio minimo fossero titolari di quote eguali o di quote di diverso valore, ritenendo comunque inapplicabile l’art. 1136 c.c.. I giudici di secondo grado avevano tuttavia confermato l’irrilevanza dell’allontanamento volontario della condomina dall’assemblea, essendo la stessa titolare di una quota minoritaria.

Avverso tale sentenza viene proposto ricorso per cassazione. La ricorrente sostanzialmente deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 c.c. e l’erronea applicazione degli artt. 1105, 1106 e 1139 c.c., trattandosi, nella specie, di Condominio minimo con quote non paritarie.

In particolare, la Suprema Corte affermava che <<nell’ipotesi di condominio costituito da soli due condomini, seppur titolari di quote diseguali, ove si debba procedere all’approvazione di deliberazioni che – come quella di nomina dell’amministratore – richiedano comunque, sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti, ex art. 1136 c.c., comma 2, la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi i condomini e la decisione “unanime”, non potendosi ricorrere al criterio maggioritario.>>

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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No alla sanzione amministrativa se il contribuente paga tempestivamente gli importi richiesti

No alla sanzione amministrativa se il contribuente paga tempestivamente gli importi richiesti

La sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo non versato prevista dall’art. 13 D. Lgs. n. 471/1997, presuppone la mancata esecuzione dei versamenti di imposta dovuti, pertanto essa non si applica ove il contribuente abbia, nel corso del giudizio ed in ragione dell’esito delle sentenze di merito, tempestivamente corrisposto gli importi richiesti. Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza n. 16643/2020, depositata il 4 agosto.

Il caso. Una s.r.l. impugnava la cartella di pagamento emessa D. Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 68 in relazione alla sentenza della CTR con cui era stata rigettato l’appello avverso l’avviso di rettifica per I.V.A. in relazione ad operazioni intracomunitarie. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso limitatamente alla sanzione irrogata D. Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13 per l’omesso pagamento dell’I.V.A. originariamente richiesta entro il termine di giorni 60 dalla notifica dell’avviso di accertamento D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 60, comma 1. Il giudice d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava integralmente l’impugnazione, ritenendo legittima la cartella emessa.

La contribuente proponeva ricorso per cassazione limitatamente al mancato annullamento della sanzione, con due motivi. Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, “La sanzione amministrativa pari al trenta percento dell’importo non versato prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 presuppone la mancata esecuzione, alle prescritte scadenze, dei versamenti di imposta dovuti, sicché non si applica ove il contribuente, dopo aver impugnato l’avviso di accertamento del tributo omesso e di irrogazione delle conseguenti sanzioni, abbia, nel corso del giudizio ed in ragione dell’esito delle sentenze di merito, tempestivamente corrisposto gli importi richiesti con le cartelle di pagamento emesse in sede di riscossione frazionata, salvo conguaglio all’esito del giudizio medesimo.” Nel caso di specie, difatti, la contribuente aveva proposto ricorso avverso l’originario avviso di accertamento e, poi, nel corso del giudizio, in ragione dell’esito delle sentenze di merito, aveva tempestivamente corrisposto gli importi di cui alle cartelle di pagamento notificate a titolo di pagamento frazionato. Ne derivava che, nella situazione considerata, alcun ritardo era imputabile alla contribuente e, dunque, alcuna sanzione poteva essere irrogata. Era evidente, del resto, che la circostanza che la contribuente avesse proposto ricorso rendeva sì provvisoria la destinazione delle somme frazionatamente pagate fino all’esito del giudizio, ma ciò non legittimava l’ufficio ad esigere l’ulteriore sanzione dei 30% dell’imposta dovuta. Pertanto, non vi era alcun ritardo e, dunque, alcuna sanzione poteva essere irrogata.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

 Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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D. Ripetute assenze ingiustificate, lavoratore poco incline ad adempiere i propri doveri: il licenziamento è legittimo?

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R. Sconfitta definitiva per un operaio. Deve dire addio al proprio posto di lavoro. Giustificato, secondo i Giudici, il provvedimento adottato dall’azienda, poiché il dipendente ha mostrato con i propri comportamenti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi su di lui gravanti.

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