D.Conflittualità col datore e malattia post stress lavorativo: si ha diritto al risarcimento?

D.Conflittualità col datore e malattia post stress lavorativo: si ha diritto al risarcimento?

R. Esclusa la responsabilità di un Comune per il presunto mobbing lamentato dal dipendente inquadrato come comandante della Polizia municipale. Presi in esame diversi episodi, frutto di conflittualità ma non caratterizzati da un intento persecutorio nei confronti del lavoratore. Irrilevante anche la patologia che lo ha colpito, patologia connessa con lo stress vissuto in ambito lavorativo.

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 14879/20; depositata il 13 luglio)

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D. Il Condominio può imporre nelle proprietà esclusive interventi di miglioramento dell’impianto elettrico?

D. Il Condominio può imporre nelle proprietà esclusive interventi di miglioramento dell’impianto elettrico?

R. Nell’ambito dei lavori straordinari, il Condominio non può imporre i lavori in tutte le unità immobiliari anche se servono ad ammodernare l’impianto elettrico. Difatti, l’assemblea non ha il potere di invadere la sfera di proprietà dei singoli partecipanti, a meno di un’accettazione esplicita degli interessati.

(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 14300/20; depositata l’8 luglio)

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D. Intemperanze nella comunità di recupero: è legittima la revoca dell’affidamento terapeutico?

D. Intemperanze nella comunità di recupero: è legittima la revoca dell’affidamento terapeutico?

R. Confermata la decisione del Tribunale di sorveglianza. Decisive le relazioni della direzione della struttura, relazioni che attestano i discutibili comportamenti tenuti dal condannato. Ciò è sufficiente, secondo i giudici, per ritenere che sia venuta meno la necessaria adesione del condannato ai contenuti essenziali della misura alternativa alla detenzione.

(Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 20703/20; depositata il 10 luglio)

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D. Mancato pagamento dell’assegno di mantenimento della prole: la sanzione amministrativa è incostituzionale?

D. Mancato pagamento dell’assegno di mantenimento della prole: la sanzione amministrativa è incostituzionale?

R. Il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento della prole, già sanzionato penalmente, non è compreso nel novero delle condotte inadempienti per le quali può essere irrogata anche la sanzione pecuniaria “amministrativa”, che invece può essere comminata per le tante condotte, prevalentemente di fare infungibile, che possono costituire oggetto degli obblighi relativi alla responsabilità genitoriale e all’affidamento di minori.

(Corte Costituzionale, sentenza n. 145/20; depositata il 10 luglio)

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Rifacimento facciata,benefici fiscali e ratifica dell’assemblea delle spese autorizzate dai condomini

Rifacimento facciata,benefici fiscali e ratifica dell’assemblea delle spese autorizzate dai condomini

In caso di mancata nomina dell’amministratore, l’assemblea, ai sensi dell’art. 1135 c.c., ha sempre il potere di ratificare la spesa effettuata direttamente da parte di alcuni condomini in ordine ai lavori di manutenzione straordinaria delle parti comuni, ancorché non indifferibili ed urgenti. Ne consegue che, in caso di ritardo nella partecipazione delle spese di riparazione e la conseguente impossibilità di documentarle, non spetta il risarcimento per la mancata fruizione dei benefici fiscali. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 6,  ordinanza n. 10845/2020 depositata l’8 giugno.

Il caso. La Corte d’Appello distrettuale accoglieva l’appello formulato dal Condominio contro la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale competente e respingeva l’opposizione avanzata dalla condomina contro il decreto ingiuntivo relativo ai contributi per il rifacimento della facciata condominiale, come da delibera assembleare. In particolare, secondo la Corte territoriale, era stata raggiunta la prova della imputabilità al Condominio della spesa per il rifacimento della facciata condominiale, in quanto, seppur il contratto d’appalto aveva inizialmente visto come committenti alcuni singoli condomini, di seguito era stato nominato un amministratore del Condominio che aveva curato l’esecuzione del rapporto con l’impresa incaricata. Ad avviso della Corte d’Appello, le opere di manutenzione straordinaria della facciata erano comunque essenziali e necessarie, per lo stato in cui versava la stessa, sicché era legittima la delibera dell’assemblea volta a ripartire le relative spese benché l’intervento non fosse stato inizialmente approvato collegialmente. La legittimità di tale delibera veniva ricavata anche dal passaggio in giudicato della sentenza con cui il Giudice di prime cure aveva rigettato l’impugnativa della deliberazione in questione. Pertanto, la Corte d’Appello riteneva infondata la domanda riconvenzionale risarcitoria della condomina per la mancata fruizione dei benefici fiscali, dovendo la stessa, ove davvero non fosse più in grado di beneficiare delle agevolazioni, imputare a se stessa il ritardo nella partecipazione delle spese di riparazione e la conseguente impossibilità di documentarle. 

Avverso tale sentenza la condomina proponeva ricorso per cassazione eccependo, con il primo motivo, che “le prove raccolte, ivi comprese le fatture emesse dalla ditta appaltatrice e dal Direttore dei Lavori” erano in direzione contraria alla imputabilità della spesa di manutenzione della facciata al Condominio, invece ravvisata dalla Corte d’Appello. In particolare, evidenziava la ricorrente che le fatture emesse dall’impresa appaltatrice erano state intestate al Condominio, pur provenendo i pagamenti dai singoli condomini, e non dall’amministratore; del resto, la rappresentanza formale del Condominio, con la nomina di un amministratore, si sarebbe perfezionata soltanto dopo la conclusione dei lavori. L’assemblea, secondo la ricorrente, avrebbe dunque ratificato spese sostenute non dall’amministratore, ma dai singoli condomini committenti, sicché soltanto costoro avrebbero potuto agire per il rimborso. Con il secondo motivo, la ricorrente precisava di aver rilevato la nullità della delibera in questione, in quanto inerente altresì a lavori sui balconi di proprietà esclusiva, sicché tale nullità non poteva dirsi coperta dal giudicato maturato sulla impugnazione della medesima deliberazione. Con il terzo motivo, la ricorrente eccepiva che la Corte d’Appello aveva erroneamente escluso il nesso causale tra il comportamento messo in atto dai condomini, che avevano affidato i lavori di rifacimento della facciata senza approvazione assembleare, e la decadenza dal beneficio delle detrazioni fiscali. Secondo il Supremo Collegio, “l’assemblea, ai sensi dell’art. 1135 c.c., nell’esercizio dei poteri di gestione del condominio, ha sempre il potere di ratificare la spesa effettuata dall’amministratore, ovvero, in caso di mancata nomina dello stesso, direttamente da parte di alcuni condomini (come si assume avvenuto nel caso in esame) in ordine a lavori di manutenzione straordinaria delle parti comuni, ancorché non indifferibili ed urgenti. Non viene infatti in gioco, nel presente giudizio, la pretesa di rimborso azionata dai singoli condomini, in base a quanto previsto dall’art. 1134 c.c., ma proprio il potere assembleare di approvazione, seppur in via di ratifica, delle opere di manutenzione straordinaria e di ripartizione delle rispettive spese tra tutti i partecipanti”. Non assumeva alcuna decisività la circostanza che il Condominio avesse proceduto alla nomina dell’amministratore soltanto dopo la conclusione dei lavori, in quanto l’Amministratore, per effetto della nomina ex art. 1129 c.c., aveva soltanto una rappresentanza “ex mandato” dei vari condomini; sicché, la sua mancata nomina non privava questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei propri diritti, trovando piuttosto applicazione l’art. 1105 c.c., il quale stabiliva le regole di amministrazione della cosa comune (applicabile, in forza del rinvio contenuto nell’art. 1139 c.c. in materia condominiale), ferma la configurabilità di una ratifica assembleare dell’operato negoziale dei singoli partecipanti mediante approvazione del riparto dei rendiconti di spesa (Cass. Sez. 6-2, 03/04/2012, n. 5288). Al riguardo, la Corte territoriale aveva giustamente affermato che la ricorrente doveva imputare a sé il ritardo nella partecipazione delle spese e la conseguente impossibilità di documentare le stesse allo scopo di poter beneficiare delle detrazioni fiscali. Infatti, il singolo condomino che, in ipotesi di lavori eseguiti su parti condominiali, non avesse in concreto provveduto ai relativi pagamenti, contestando la sussistenza del proprio obbligo di contribuzione (per essere state le opere di manutenzione commissionate da altri comproprietari), e non si fosse potuto perciò avvalere delle detrazioni in ragione della spesa sostenuta per l’intervento edilizio, in forza dell’art. 1 della L. n.  449/1997, non poteva accampare alcuna pretesa risarcitoria nei confronti dell’intero Condominio, essendo stato proprio l’inadempimento dell’interessato la causa che aveva determinato la perdita della facoltà di detrarre il relativo costo dall’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di legittimità.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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Condominio: chi risponde per i debiti pregressi relativi all’unità immobiliare?

Condominio: chi risponde per i debiti pregressi relativi all’unità immobiliare?

L’acquirente dell’unità immobiliare che sia subentrato nel Condominio, non può essere ritenuto obbligato in via diretta verso il terzo creditore relativamente ai debiti sorti in un momento precedente  all’acquisto. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2 ordinanza n. 12580/2020, depositata il 25 giugno.

Il caso. Un condomino, partecipante ad un Condominio, proponeva opposizione al precetto notificatogli da un avvocato per il pagamento della somma di Euro 8.270,66, quale quota millesimale di sua competenza del maggior credito di Euro 99.124,98 riconosciuto a favore del medesimo avvocato nel decreto ingiuntivo emesso a carico del Condomino a titolo di corrispettivo di attività giudiziali e stragiudiziali svolte tra il 2002 ed il 2008. A fondamento dell’opposizione il condomino sosteneva, tra le altre ragioni, di non essere tenuto al pagamento pro quota del suddetto debito condominiale per essere tale debito sorto quando egli non era ancora condomino, avendo acquistato il proprio immobile nel 2013. Il Tribunale competente accoglieva l’opposizione al precetto.

Avverso tale sentenza l’avvocato  interponeva gravame. La Corte d’Appello distrettuale riformava interamente la sentenza di primo grado. Il Giudice di seconde cure fondava il proprio convincimento su una serie di considerazioni che facevano propendere la bilancia a favore del creditore. Dopo aver premesso che l’art. 63 disp. att. c.c. opererebbe solo nei rapporti tra condomino e Condominio e non anche nei rapporti tra Condomino e terzi creditori del Condominio, riteneva il condomino fosse obbligato nei confronti dell’avv. in forza del disposto dell’art. 1104 c.c., comma 3, applicabile al Condominio per il richiamo contenuto nell’art. 1139 c.c.. In particolare, secondo la Corte d’Appello distrettuale, la disposizione per cui “il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati” induceva a ritenere il cessionario obbligato verso i terzi in solido con cedente; né a tale conclusione ostava il riferimento letterale della menzionata disposizione ai “contributi”, in quanto, si leggeva nella sentenza di secondo grado, “la comunione non è dotata (salvo casi marginali) di una struttura organizzativa complessa o di criteri di ripartizione degli oneri particolarmente elaborati… così che la gestione si esaurisce nella ripartizione degli oneri tra i partecipanti in proporzione delle rispettive quote”. A sostegno della propria tesi la Corte d’appello adduceva altresì l’esigenza, di carattere pratico, di non caricare il terzo creditore dell’onere, potenzialmente molto gravoso, di accertare chi fossero i componenti della compagine condominiale al momento dell’insorgenza dell’obbligazione.

Avverso tale sentenza il condomino proponeva ricorso per cassazione con un solo motivo, ovvero denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1139 c.c. e dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo il cessionario di una unità immobiliare di un fabbricato condominiale obbligato, ai sensi dell’art. 1104 c.c., a rispondere dei debiti del condominio verso terzi pur quando si trattasse di debiti sorti anteriormente al sua acquisto. Secondo la Suprema Corte l’assunto dell’impugnata sentenza contrastava col tenore letterale della disposizione dettata dall’art. 1104 c.c., che si riferiva ai “contributi” dovuti non versati. Equiparare, ai fini della responsabilità del cessionario di un’ unità condominiale, la nozione di “contributi” con quella di quota millesimale del credito vantato dal terzo nei confronti della comunione contrastava con il canone ermeneutico, fissato nell’art. 12 preleggi, del “significato proprio delle parole”; il debito per “contributi” era infatti, per definizione, un debito nei confronti degli altri comunisti, non un debito nei confronti dei terzi. D’altra parte, la Corte osservava come “La costruzione giurisprudenziale del principio della diretta riferibilità ai singoli condomini della responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni contratte verso i terzi dall’amministratore del condominio per conto del condominio, tale da legittimare l’azione del creditore verso ciascun partecipante, poggia comunque sul collegamento tra il debito del condomino e la appartenenza di questo al condominio, in quanto è comunque la contitolarità delle parti comuni che ne costituisce il fondamento e l’amministratore può vincolare i singoli comunque nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli (Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148). Non può pertanto essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale ex art. 63 disp. att. c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, nella specie per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente i lavori”. Secondo gli Ermellini, quanto all’assunto sviluppato nella memoria depositata dal ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., alla cui stregua la decisione della Corte d’appello era conforme all’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 24654/10, era sufficiente rilevare che esso si fondava su una lettura errata tale ultima sentenza. Nella sentenza n. 24654/10, infatti, si instaurava una distinzione tra: a) spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune; b) spese attinenti a lavori che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio. Tale distinzione concerneva l’individuazione del momento in cui nasceva l’obbligazione condominiale, che, per le spese di cui sub a), coincideva con il compimento effettivo dell’attività gestionale mentre, per le spese di cui sub b), coincideva con la data di approvazione della delibera condominiale (avente valore costitutivo) che disponeva l’esecuzione degli interventi. Ma, in entrambi i casi, il soggetto su cui gravava il debito era colui che partecipava al Condominio nel momento di insorgenza dell’obbligazione, quale che fosse tale momento (cfr. sent. n. 24654/10, pag. 6, § 1.2: “In generale il condomino è tenuto a contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano o di una porzione di piano facente parte del condominio: e siccome l’obbligo nasce occasione rei e propter rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire”).

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava l’impugnata sentenza e rinviava alla Corte di Appello distrettuale, in altra composizione.

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