E’ nulla la deliberazione dell’assemblea condominiale
che, all’esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il Condominio ed un
singolo condomino, disponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, il
pagamento delle spese sostenute dallo stesso Condominio per il compenso del
difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa
ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 c.c. Questo è quanto
stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 1629/2018,
depositata il 23 gennaio.
Il caso. Il Tribunale competente rigettava la
domanda proposta da due condomini che, impugnata la delibera assembleare di
approvazione del consuntivo, deducevano che non fossero da loro dovute le spese
per la gestione scale, per la pulizia, la manutenzione ordinaria e quelle per i
compensi di professionisti e tecnici di parte del Condominio in un giudizio di
accertamento tecnico preventivo promosso dagli stessi attori.
Avverso tale sentenza i due condomini interponevano appello. La Corte d’Appello
territoriale accoglieva solo la censura relativa alle spese per il legale ed il
consulente tecnico di parte.
Avverso tale sentenza il Condominio proponeva ricorso per la cassazione
lamentando, in sostanza, la falsa applicazione dell’art. 1132 c.c., ovvero il dissenso
dei condomini rispetto alle liti. Secondo il Supremo Collegio la Corte
d’Appello territoriale aveva fatto corretta applicazione dell’orientamento
secondo cui “è nulla la deliberazione dell’assemblea condominiale che,
all’esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un
singolo condomino, disponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, il
pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del
difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa
ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 c.c.” Questo
orientamento spiegava come nell’ipotesi di controversia tra Condominio e uno o
più condomini, la compagine condominiale veniva a scindersi di fronte al
particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al
Condominio in contrasto tra loro, nulla significando che nel giudizio il gruppo
dei condomini, costituenti la maggioranza, fosse stato rappresentato
dall’amministratore. Pertanto, era da considerare nulla per impossibilità
dell’oggetto la deliberazione dell’assemblea che, con riferimento ad un
giudizio che vedeva contrapposti il Condominio ed un singolo condomino, ponesse
anche a carico di quest’ultimo, pro quota, l’obbligo di contribuire alle spese
sostenute dallo stesso Condominio per il compenso del difensore o del
consulente tecnico di parte nominati in tale processo, trattandosi di spese per
prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche
ragioni personali del singolo condomino, e neppure, perciò, trovando
applicazione in tale ipotesi l’art. 1132 c.c.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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Quanto più la situazione di possibile
danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da
parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in
rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza
causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del
danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso
eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso
comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un
criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per
l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. Questo è
quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n.
6403/2020, depositata il 6 marzo).
Il caso. Una donna
conveniva in giudizio il Comune chiedendo il risarcimento dei danni da lei
patiti in conseguenza della caduta avvenuta a causa di una buca imprevista e
non segnalata esistente in una via del centro cittadino nella quale ella si era
trovata a transitare. Si costituiva in giudizio il convenuto, chiedendo il
rigetto della domanda. Il Tribunale, espletate due consulenze tecniche e svolta
prova per testimoni, rigettava la domanda e condannava l’attrice al pagamento
delle spese di giudizio.
Avverso tale sentenza la donna,
soccombente, interponeva appello. La Corte d’appello territoriale rigettava il gravame, confermava la sentenza
di primo grado e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del
grado.
Avverso tale sentenza l’appellante
proponeva ricorso per cassazione. Gli Ermellini, innanzitutto, rilevavano che
“Giova premettere che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi
sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1. febbraio
2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per
danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in
interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di
incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa,
dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga
conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di
solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto
più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e
superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele
normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più
incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente
del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che
detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso,
quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza
ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità
causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella
produzione del sinistro”. La Corte d’appello, che si era correttamente
richiamata a questa giurisprudenza, aveva fatto buon governo di tali principi.
Inoltre, il Supremo Collegio condivideva la linea seguita in Appello, laddove si era sottolineato che “la caduta –
verificatasi in ora diurna – della donna era stata causata” sì “da un’ampia
sconnessione del marciapiede” che però “era ben visibile a causa della diversa
connotazione cromatica rispetto alla restante parte del marciapiede”. E
peraltro “nel punto ove era avvenuta la caduta, residuava comunque uno spazio
sufficiente per un comodo e sicuro transito pedonale”. Nessun dubbio, quindi,
sul fatto che la donna avesse tenuto “una condotta non conforme al generale
dovere di tutela esigibile dagli utenti della strada”. Questa constatazione era
sufficiente per respingere la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti
del Comune, non ritenendolo responsabile né ai sensi dell’art. 2043 né
ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.
Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e
condannava la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
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D. Qual’è il reato per chi positivo al Coronavirus non adempie all’obbligo di quarantena?
R. Ravvedendo un elevato grado di pericolosità sociale nel comportamento di chi consapevolmente assuma il rischio di trasmettere l’infezione da Coronavirus, dobbiamo chiarire che nel nostro ordinamento tale condotta può integrare il reato di lesioni gravissime, sanzionato dagli articoli 582 e 583 del Codice Penale. Pena sino a 7 anni di reclusione!
R. Scontro tra un consigliere comunale e un avvocato impegnato nell’associazionismo ambientalista. Il primo rivolge forti critiche su Facebook al secondo: fatale però l’emoticon che ha caratterizzato una delle frasi. Dal giudice è arrivato l’ordine di rimuoverla: ogni giorno in più di presenza online di essa costerà 150 euro al consigliere comunale.
(Tribunale di Verona, decreto depositato il 27 gennaio 2020)
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R. Il collegio della III Sezione Civile della Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 6161/20, ha negato il risarcimento dei danni subìti da una donna, trasportata a bordo di un motoveicolo, a seguito della caduta dovuta ad un improvviso attraversamento di cani sulla carreggiata: la donna indossava un casco a “scodella” anziché il casco protettivo integrale omologato.
(Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 6161/20; depositata il 5 marzo)
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R. La nota spese ex art. 75 disp. att. c.p.c. funge da limite al potere del giudice di liquidazione dei compensi alla parte vittoriosa in quanto, quando la parte presenta la nota spese specificando la somma domandata, il giudice non può attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entità superiore. Tale valenza vincolante della nota spese permane anche nel caso in cui medio tempore siano stati modificati per legge i parametri cui il giudice è tenuto a fare riferimento, in difetto di una specifica attività della parte interessata.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 6345/20; depositata il 5 marzo)
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