Il condomino ha diritto di ottenere l’accesso alla
documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione
all’assemblea condominiale. Pertanto, l’amministrazione deve predisporre
un’organizzazione che consenta l’esercizio della sopradetta facoltà, spettando
a lui anche provare l’eventuale inesigibilità della richiesta. Questo è quanto
stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 4445/20
depositata il 20 febbraio.
Il caso. Un condomino impugnava la delibera assembleare, assunta
dal Condominio di cui faceva parte, per sentir dichiarare la nullità e/o
annullabilità della stessa, lamentando la violazione del proprio diritto di
esaminare la documentazione contabile, posta a fondamento dell’adottata
delibera di approvazione del bilancio consuntivo e di quello preventivo con i
relativi riparti. Il Giudice di primo grado rigettava la domanda rilevando che
dagli atti non risultava che fosse stata impedita al condomino l’analisi della
documentazione.
Avverso tale sentenza il condomino interponeva
appello. La Corte d’Appello territoriale rigettava il gravame rigettava il
gravame sul presupposto che la richiesta avanzata dall’appellante fosse tardiva
in vista della data fissata per l’assemblea.
Avverso la decisione il condomino proponeva ricorso
per cassazione lamentando, tra le altre cose, che la Corte di merito avesse
disatteso l’orientamento giurisprudenziale secondo cui ogni condomino poteva
domandare e ottenere dall’amministrazione l’esibizione dei documenti contabili
in ogni momento e non solo in sede di rendiconto annuale e di approvazione
assembleare del bilancio, a condizione che questo non ostacolasse l’attività
dell’amministrazione. Gli Ermellini, ritenendo fondato il motivo di ricorso,
rilevavano che il condomino era stato regolarmente convocato per l’assemblea
con raccomandata semplice ed egli aveva richiesto per iscritto
all’amministratore di visionare i documenti a ridosso dell’assemblea (nello
specifico il giorno prima). E, sulla base di tale considerazione, la Corte
stessa aveva rilevato che ciò fosse incompatibile con il diritto del condomino
di esaminare la documentazione contabile prima della stessa seduta assembleare
e che, pertanto, i tempi della richiesta non avrebbero permesso la visione dei
documenti contabili prima dell’assemblea e che l’accoglimento della richiesta
medesima avrebbe di certo ostacolato l’attività di amministrazione comportando
il rinvio dell’assemblea stessa; sarebbe stato opportuno, pertanto, che il
ricorrente avesse formulato per tempo detta richiesta e non avesse aspettato la
convocazione dell’assemblea per consultare i documenti. Secondo il Supremo Collegio la Corte
d’appello aveva correttamente richiamato il consolidato principio, affermato
dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “in tema di comunione dei
diritti reali, ciascun comproprietario ha la facoltà (di richiedere e) di
ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione dei documenti
contabili in qualsiasi tempo (e non soltanto in sede di rendiconto annuale e di
approvazione del bilancio da parte dell’assemblea) e senza l’onere di
specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o
estrarre copia dai documenti), purché l’esercizio di tale facoltà non risulti
di ostacolo all’attività di amministrazione, non sia contrario ai principi di
correttezza, e non si risolva in un onere economico per il condominio (dovendo
i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini
richiedenti)”. Tuttavia la Suprema Corte osservava che, di tale principio,
la Corte di merito non aveva fatto altrettanto corretta applicazione, avendo
trascurato la contestuale affermazione della Corte di legittimità, per la quale
“il condomino ha senz’altro il diritto di accedere alla documentazione
contabile in vista della consapevole partecipazione all’assemblea condominiale
e che a tale diritto corrisponde l’onere dell’amministratore di predisporre
un’organizzazione, sia pur minima, che consenta la possibilità di esercizio di
tale diritto e della esistenza della quale i condomini siano informati. Con il
che, deve ritenersi che a fronte della richiesta del condomino di accedere alla
documentazione contabile per gli indicati fini di partecipazione consapevole ad
un’assemblea che su quei documenti debba esprimersi, l’onere della prova (che
nella specie non risulta assolto) della inesigibilità della richiesta e della
sua non compatibilità con le modalità previamente comunicate incombe
sull’amministratore e, quindi, in sede di impugnazione della delibera
assembleare, al Condominio, ove intenda resistere all’azione del condomino
dissenziente”.
Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il
ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa ad altra Corte
d’appello di Catania.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il
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CIn tema di sopraelevazioni, le condizioni statiche dell’edificio costituiscono un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione di cui all’art. 1127 c.c. e non l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso. Questo è quanto stabilito dalla Corte di , sez. II Civile, ordinanza n. 2000/20, depositata il 29 gennaio.
Il caso. Il Tribunale
adito accoglieva la domanda proposta da un Condominio dichiarando contrario ai
limiti posti dall’art. 1127 c.c., comma 2, il manufatto realizzato sulla
terrazza di copertura dell’edificio e comunicante con il sottostante
appartamento di proprietà della convenuta e conseguentemente ne ordinava
rimessione in pristino.
Avverso tale sentenza, la convenuta interponeva appello. La Corte d’Appello
territoriale confermava la decisione di
primo grado qualificando la nuova opera , ovvero un bagno con ripostiglio al
quale si accedeva tramite scala a chiocciola aperta con foratura del solaio,
come “sopraelevazione” realizzata in carenza di verifiche dinamiche sulle
condizioni statiche dell’edificio anche in considerazione della normativa
regionale antisismica.
Avverso tale sentenza, l’appellante proponeva ricorso per cassazione. La
Suprema Corte innanzitutto affermava che la Corte d’appello aveva
correttamente qualificato come “sopraelevazione”, agli effetti
dell’art. 1127 c.c., il manufatto realizzato dalla ricorrente sulla terrazza di
copertura dell’edificio condominiale. Difatti, “Ai fini dell’art. 1127 c.c., la
sopraelevazione di edificio condominiale è, infatti, costituita dalla
realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell’area
sovrastante il fabbricato, per cui l’originaria altezza dell’edificio è
superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore
terminale delimitante le nuove fabbriche”. Nella definizione enunciata dalla
stessa Corte “la nozione di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. comprende,
peraltro, non solo il caso della realizzazione di nuovi piani o nuove
fabbriche, ma anche quello della trasformazione dei locali preesistenti
mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie, seppur
indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato”. Inoltre, “l’art.
1127 c.c. sottopone, poi, il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo
piano dell’edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell’edificio
che non la consentono, ovvero dall’aspetto architettonico dell’edificio stesso,
oppure dalla conseguente notevole diminuzione di arie e luce per i piani
sottostanti”. In riferimento al limite delle condizioni statiche, la
giurisprudenza aveva, altresì, chiarito l’assolutezza del divieto “cui è
possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condomini, il
proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di
consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso
della nuova costruzione. Ne consegue che le condizioni statiche dell’edificio
rappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e
non già l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio
dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità
del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce
apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede
di legittimità se congruamente motivato”.
Nel caso in esame, la ricorrente aveva omesso di verificare la conformità
del fabbricato alle prescrizioni tecniche previste dalla legislazione speciale
antisismica, e, in sede di giudizio, avrebbe dovuto produrre elementi
sufficienti a dimostrarne la sicurezza in tal senso secondo un’indagine rimessa
al giudice di merito, correttamente motivata e dunque sottratta alle censure.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava
la ricorrente al rimborso delle spese sostenute dal Condominio
controricorrente.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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R. Il deposito in cancelleria, entro il termine di 20 giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione se il controricorrente, nel costituirsi, depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata. Invece, se il suddetto deposito non avvenga neanche entro l’adunanza in camera di consiglio il ricorso è improcedibile.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 3715/20; depositata il 14 febbraio)
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R. Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con assegnazione del numero identificativo: in quel momento la sentenza diviene conoscibile e dunque impugnabile ai sensi dell’art. 327 c.p.c.. Ove i due momenti del deposito e della pubblicazione risultino impropriamente scissi, il giudice deve accertare – mediante istruttoria documentale, o, nel caso, attraverso presunzioni semplici o secondo la regola che, ex art. 2697 c.c., impone alla parte di provare la tempestività dell’impugnazione – il momento in cui la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale con l’inserimento nell’elenco cronologico e l’assegnazione del numero identificativo. Una sentenza può dirsi depositata solo a seguito del suo inserimento nell’elenco cronologico, con conseguente assegnazione del numero identificativo.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 3536/20; depositata il 13 febbraio)
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R. L’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo dove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, la quale non ricorre nelle ipotesi in cui ne abbiano beneficiato i figli maggiorenni che ormai abbiano raggiunto una indipendenza economica in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio.
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 3659/20; depositata il 13 febbraio)
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R. Ove la società sia stata cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento può esserle validamente notificato all’indirizzo di posta elettronica certificata dalla stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese, se questo risulta ancora attivo.
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 3443/20; depositata il 12 febbraio)
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