R. La registrazione al sito e l’inserimento dei dati personali della donna sono avvenuti con un ‘IP’ riconducibile all’utenza telefonica mobile del partner. Indiscutibile, quindi, la condotta da lui tenuta, consistita in un illecito trattamento dei dati personali della ex compagna.
(Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 42565/19; depositata il 17 ottobre)
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R. Sacrosanta la pretesa del titolare della struttura che ha ospitato il ricevimento nuziale: egli dovrà percepire l’intera cifra pattuita cogli sposi. Irrilevanti le lamentele della coppia per la scarsa qualità del cibo e del servizio: tale elemento non basta per parlare di danno esistenziale. Peraltro, aggiungono i Giudici, moglie e marito avrebbero dovuto essere più tempestivi e segnalare la loro insoddisfazione entro 60 giorni dal ricevimento.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 26485/19; depositata il 17 ottobre)
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Tutti i
condomini devono partecipare alle spese di conservazione del tetto le parti dell’edificio condominiale
volte a preservarlo da agenti atmosferici e da infiltrazioni di acqua piovana o
sotterranea rientrano tra le cose comuni, proprio per la loro funzione necessaria
all’uso collettivo. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez.
VI Civile – 2, ordinanza n. 24927/2019, depositata il 7 ottobre.
Il caso. La
Corte territoriale confermava quanto deciso dal Tribunale competente sulla
impugnativa della delibera assembleare, ravvisando l’obbligo della condomina
ricorrente di concorrere alle spese di manutenzione del tetto del fabbricato,
in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell’atrio comune,
seppur non sovrastante alcuna unità immobiliare di proprietà esclusiva della
stessa. La ricorrente evidenziava che i giudici di secondo grado si erano posti
in contrasto col principio affermato dalla Corte di Cassazione n. 11484/2017,
non rinvenendosi alcuna “comunione della copertura” ex art. 1117
c.c., coinvolgente le sue proprietà, in relazione al tetto, in quanto le unità
immobiliari appartenenti alla stessa non si trovavano al di sotto della
proiezione verticale del medesimo tetto oggetto di ristrutturazione.
Avverso
tale sentenza la ricorrente proponeva ricorso per cassazione. Secondo un ormai consolidato orientamento
della giurisprudenza di legittimità “le
parti dell’edificio in condominio – quali, nella specie, muri e tetti (art.
1117 c.c., n. 1), ovvero le opere ed i manufatti fognature, canali di scarico e
simili (art. 1117 c.c., n. 3), deputati a preservare l’edificio condominiale da
agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea,
rientrano, per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, fra le cose
comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in
misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi
della prima parte dell’art. 1123 c.c., non ricomprendendosi, per contro, fra
quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura
diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui
all’art. 1123 c.c., commi 2 e 3. La ripartizione delle spese di manutenzione
proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne
tragga non si giustifica, infatti, con riferimento a quelle parti, come il
tetto (o la facciata), che costituiscono le strutture essenziali ai fini
dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono
destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità
immobiliari dell’edificio”. Continuavano gli Ermellini affermando che “in un
risalente precedente, si spiegava ancor meglio come il principio della
proporzione fra quota di proprietà e concorso nei vantaggi e nei pesi della
cosa comune vige allo stato puro nella comunione, mentre non è sufficiente nel
condominio, giacché, essendo tale istituto caratterizzato dalla coesistenza di
un regime di comunione con molteplici proprietà individuali, l’intensità del
godimento delle cose ed impianti comuni da parte dei condomini può obiettivamente
risultare diversa a seconda del rapporto in cui con quelle cose ed impianti si
trova (di fatto) il bene oggetto di proprietà esclusiva; di tal che, in sede di
riparto delle spese di manutenzione del tetto, quel che veramente rileva non è
tanto l’appartenenza del tetto medesimo ad alcuni o a tutti i condomini, quanto
la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i
proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare
siano tenuti alla relativa spesa, poiché non può, almeno in linea generale,
ammettersi una ripartizione per zone di un medesimo tetto”. Ed ancora. Nel caso
de quo, neppure trovava perciò applicazione il regime sulle spese stabilito
dall’art. 1126 c.c., (cui si riferiva Cass. Sez. 6 – 2, 10/05/2017, n. 11484),
il quale disciplinava soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico
solare, propriamente inteso, di uso esclusivo, ossia di quella superficie
terminale dell’edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre
che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli
appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risultava
dal titolo. Solo allorquando il tetto dell’edificio in Condominio fosse di
proprietà esclusiva di uno dei partecipanti, si era ritenuto in giurisprudenza
che le spese di manutenzione dello stesso dovessero ripartirsi con i criteri di
cui all’art. 1126 c.c., come, appunto, stabilito per i lastrici solari di uso
esclusivo.
Per tali
motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
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R. Ai fini della validità della notifica eseguita ai sensi dell’art. 139 c.p.c. è da considerarsi persona “addetta all’ufficio” colui che si qualifichi come collega di studio dell’avvocato destinatario dell’atto in quanto la natura del rapporto stabilmente intercorrente fra detti soggetti fa presumere che il consegnatario, essendo stato rinvenuto nello studio comune al destinatario ed avendo accettato di ricevere la copia dell’atto, provvederà ad effettuare la consegna al destinatario medesimo.
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 25477/19; depositata il 10 ottobre)
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R. Contenzioso ancora aperto tra un portalettere e Poste Italiane. Necessario un nuovo processo in appello per stabilire eventuali addebiti a carico dell’azienda per l’incidente subito dal lavoratore durante il proprio turno. Il dato relativo all’impiego autorizzato di un mezzo privato non può escludere a priori la responsabilità della società.
(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 25689/19; depositata l’11 ottobre)
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R. La sanzione inflitta ad un legale che, nell’esercizio del suo mandato difensivo e nell’interesse del cliente, abbia criticato e denunciato nelle opportune sedi il comportamento parziale e/o razzista di un giudice, non solo è sproporzionata e contraria a quanto necessario in uno Stato democratico, ledendo la sua libertà di espressione ex art. 10 Cedu, ma ha anche un effetto dissuasivo sull’intera categoria professionale. Infatti gli avvocati sarebbero, così, dissuasi dall’accettare difese tecniche, con conseguente ed ovvia lesione del diritto di accesso alla giustizia della collettività.
CEDU sez. III nel caso L.P. e Carvalho c. Portogallo (ric. 24845/13 e 49103/15) dell’8 ottobre.
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