D. Start-up innovativa e sovraindebitamento, la procedura inizia con la mera richiesta di nomina del gestore della crisi?

D. Start-up innovativa e sovraindebitamento, la procedura inizia con la mera richiesta di nomina del gestore della crisi?

R. La nomina del gestore della crisi, anche quando venga richiesta presso il Tribunale e non presso l’Organismo di Composizione della Crisi, dà luogo ad un procedimento di nomina che ha natura di volontaria giurisdizione. Si tratta di procedure che hanno il loro inizio con la richiesta della nomina e la loro fine con l’emissione nel provvedimento di nomina o con l’eventuale rigetto/inammissibilità della istanza di nomina. Solo la fase successiva – eventuale e possibile se sussistono i presupposti – relativa ad una delle tre procedure di sovraindebitamento determina l’inizio della procedura di sovraindebitamento stessa ai fini del quinquennio di cui all’art. 31, comma 4, d.l. n. 179/2012.  

(Tribunale di Genova, sez. VII Civile, sentenza 3 novembre 2019)

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D. Lo Statuto dei lavoratori (articolo 7) vale anche per l’apprendista?

D. Lo Statuto dei lavoratori (articolo 7) vale anche per l’apprendista?

R. Riprende vigore la posizione di un lavoratore allontanato da una struttura, a contratto in corso, a causa delle lamentele dei clienti e di un presunto scarso apprendimento professionale. Di nuovo in ballo l’impugnativa del licenziamento per mancato rispetto delle garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori.  

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 2365/20; depositata il 3 febbraio)

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D. Il fumatore incallito per oltre trent’anni è colpevole per la malattia che ne ha provocato la morte?

D. Il fumatore incallito per oltre trent’anni è colpevole per la malattia che ne ha provocato la morte?

R. Respinta la richiesta di risarcimento avanzata dall’uomo – poi deceduto a processo in corso – e dai suoi familiari più stretti nei confronti dell’azienda che ha prodotto e messo in commercio le sigarette. Il gravissimo problema di salute che lo ha colpito, e causato direttamente da anni di tabagismo, è frutto di una scelta libera e consapevole, cioè accendere e fumare sigarette a ripetizione ogni giorno.  

(Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 1165/20; depositata il 21 gennaio)

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D. E’ nulla l’ordinanza comunicata via PEC e priva della firma digitale del cancelliere?

D. E’ nulla l’ordinanza comunicata via PEC e priva della firma digitale del cancelliere?

Le copie informatiche del fascicolo digitale equivalgono all’originale anche se prive di firma del cancelliere. Tale disposizione è applicabile a tutti gli atti digitalizzati, riferendosi all’intero contenuto del fascicolo informatico.  

(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 93/20; depositata il 7 gennaio)

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D. Il mutamento di natura e funzione dell’assegno divorzile costituisce ex se giustificato motivo valutabile ai fini della sua revisione?

D. Il mutamento di natura e funzione dell’assegno divorzile costituisce ex se giustificato motivo valutabile ai fini della sua revisione?

R. Il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto ed è necessario, a monte, che esso sia accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno divorzile, da rendersi alla luce dei rinnovati principi giurisprudenziali. Pur considerando l’ampiezza della formula adottata dal legislatore, consentire l’accesso al rimedio della revisione dando alla formula dei “giustificati motivi” un significato che si riferisca alla sopravvenienza di tutti quei motivi che possono far sorgere l’interesse ad agire per il mutamento, tra i quali anche una diversa interpretazione avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, non pare opzione esegetica percorribile, in quanto non considera che l’interpretazione giurisprudenziale costituisce una chiave di lettura dei dati di fatto rilevanti per il diritto e non li produce essa stessa, né nel mondo fenomenico, né quale fonte normativa.  

(Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 1119/20; depositata il 20 gennaio)

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Lo sfogo online configura il reato di diffamazione?

Lo sfogo online configura il reato di diffamazione?

E’ colpevole di diffamazione aggravata il cittadino che si sfoga su Facebook accusando innanzitutto il vicesindaco del suo paese di avere intascato i soldi provenienti dal gettito fiscale a carico della comunità. Impossibile parlare di critica eccessiva. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 628/2020, depositata il 10 gennaio.

Il caso. Un cittadino condivideva su FacebooK alcuni messaggi con cui venivano posti sotto accusa il vicesindaco e i componenti della giunta comunale. A loro veniva rivolto l’epiteto di “imbroglioni”, poiché, secondo l’autore degli scritti, avevano «intascato il denaro oggetto di ‘prelievo forzoso’ a carico dei cittadini». Per il vicesindaco era evidente che lo scritto presente on line era offensivo.

Dello stesso avviso erano sia i Giudici di primo grado che quelli di secondo grado che ritenevano il cittadino colpevole del reato di diffamazione aggravata, in quanto veniva ritenuto inequivocabile il contenuto delle frasi postate su Facebook, cioè «l’insinuazione» che l’amministratore comunale avesse intascato «le somme oggetto di prelievo fiscale» a carico della comunità del paese.

Avverso tale sentenza l’imputato proponeva ricorso per cassazione con tre motivi di doglianza. Il primo motiva veniva ritenuto infondato poiché la Corte territoriale aveva ritenuto che il contenuto dei messaggi “postati” dall’imputato avesse rivelato la volontà di muovere non tanto un’aspra critica all’operato degli amministratori comunali, bensì quella di accusarli di essersi appropriati di danaro pubblico, insinuando che gli stessi si fossero “intascati” risorse provenienti dal prelievo fiscale. In tal senso la sentenza aveva, dunque, escluso la stessa configurabilità dell’esimente di cui all’art. 51 c.p., sostanzialmente negando la sussistenza della veridicità del fatto posto alla base dell’invocato esercizio del diritto di critica. Tali conclusioni non apparivano censurabili trovando effettivo riscontro nel tenore testuale dei messaggi incriminati, che non contenevano alcun esplicito od implicito riferimento al significato che invece gli avesse attribuito il ricorrente, le cui obiezioni sul punto risultavano, dunque, meramente congetturali e comunque versate in fatto. Quanto al dolo del reato, trattasi di profilo in riferimento al quale non erano stati esplicitati in maniera specifica con i motivi d’appello le ragioni in fatto e in diritto a sostegno dell’affermata sua insussistenza. Quanto alle doglianze proposte con il secondo motivo, gli Ermellini evidenziavano che, non solo in maniera del tutto generica era stata prospettata nel giudizio d’appello la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., ma che altrettanto generiche risultavano le censure svolte in proposito con il ricorso. Il ricorrente, infatti, non aveva tenuto conto di come la Corte avesse implicitamente escluso la particolare tenuità del fatto laddove aveva motivatamente valutato la sua intrinseca gravità sottolineando la natura al limite del calunnioso delle accuse lanciate dall’imputato, nonché apprezzato negativamente la loro reiterazione. Apparato giustificativo con il quale il ricorso non si era in alcun modo confrontato, mentre in proposito andava ribadito che, con riguardo alla citata esimente, la motivazione poteva risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello avesse considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato. Venivano accolte, invece, le censure svolte con il terzo motivo e, pertanto, cancellato l’obbligo di risarcire il vicesindaco perché ritenuta tardiva la sua costituzione quale parte civile. Secondo la Suprema Corte, come era stato condivisibilmente evidenziato da una parte della giurisprudenza di legittimità, risultava chiaramente che la costituzione di parte civile doveva avvenire, a pena di decadenza, fino a che non fossero compiuti gli adempimenti relativi alla regolare costituzione delle parti. Era in tale fase, infatti, che bisognava stabilire quali fossero le parti “legittimate” a stare in giudizio. Se ne deduceva che, come affermato dai più recenti arresti del Supremo Collegio, “la costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, fino a che non siano stati compiuti gli adempimenti relativi alla regolare costituzione delle parti, e non fino al diverso termine coincidente con l’apertura del dibattimento, come ritenuto da entrambi i giudici del merito nel caso di specie”. Doveva, pertanto, escludersi che la costituzione di parte civile potesse avvenire in coincidenza con l’apertura del dibattimento ovvero prima dell’apertura del dibattimento, ma dopo che si fossero esauriti gli adempimenti relativi alla regolare costituzione delle parti.

Per tali motivi la Corte di Cassazione annullava senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, che revocava e rigettava nel resto il ricorso.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

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