Free Cities [v0.10.7.1] [Free Cities]

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Panoramica

Questo è un gioco erotico di base basato su testo in Twine 2, in particolare nel formato storia Sugarcube. È un generatore narrativo procedurale; invece dei giochi erotici a cui potresti aver giocato con personaggi e trama prestabiliti, questo è un mondo aperto in cui il giocatore, un ricco proprietario di schiavi, può sbizzarrirsi. Ho giocato molto a Jack-O-O-Nine-Tails, che consiglio vivamente, ed è probabilmente la cosa più vicina ad esso: ecco un mercato di schiavi e un po’ di soldi, vai a divertirti. Ciò migliora le capacità dell’interfaccia utente di Twine 2, quindi mantenerlo in funzione è un processo continuo. La trama a discarico del gioco è che siamo venti minuti nel futuro e l’inizio del collasso ambientale e sociale ha spinto alcuni individui ricchi a creare piccole enclavi nazionali aggiuntive chiamate Città libere. Immaginate città-stato moderne, ma che seguano un tipo estremo di anarco-capitalismo. Non preoccuparti, il morbido futurismo scompare dopo due schermate e consente al giocatore di continuare il divertimento. L’elenco delle fantasie è troppo lungo per essere elencato qui, ma include molte cose estreme come l’alterazione chirurgica forzata, la schiavitù sessuale e molte altre cose legate alle fantasie di bondage. Faccio del mio meglio per separare i contenuti in modo che il giocatore non sia sopraffatto da cose a cui non si è iscritto; In particolare sono presenti contenuti per gli schiavi del cazzo, ma questi possono essere disabilitati all’avvio del gioco.

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Informazioni sul gioco

  • Sviluppatore: Blog Free Cities – TFGames
  • Lingua inglese
  • Generi: Basato su testo, Protagonista femminile, Protagonista maschile, Futa/Shemale, Lesbiche, Management, Gravidanza, Stupro, Simulatore, Schiava, Sesso vaginale, Sesso orale, Sesso anale, Vergine, Masturbazione, Sesso di gruppo, Spagnola, Sega, Masturbazione, Sega con i piedi , Penetrazione multipla, Droghe, Sex Toys, BDSM, Esibizionismo, Voyeurismo, Allattamento, Gay, Interrazziale, Fantascienza, Controllo mentale, Bestialità, ambientazione distopica, creazione del personaggio, tette grandi, culo grosso, trasformazione, allenatore, sandbox, strategia
  • Sistema operativo: Windows, Mac, Linux

Installazione del gioco

  • Decomprimere i file.
  • Installa Image Pack (se lo desideri).
  • Clicca su “Free Cities v 0.10.7.html” per iniziare a giocare.

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Immagini di gioco

Cambiamento aspetto estetico degli edifici:sì al superbonus 110% ma solo con l’unanimità dei condomini

Cambiamento aspetto estetico degli edifici:sì al superbonus 110% ma solo con l’unanimità dei condomini

In caso di alterazione del decoro architettonico del fabbricato occorre l’unanimità dei condomini per l’approvazione dei lavori ammortizzabili con il beneficio fiscale denominato comunemente “Superbonus 110%”, previsto dall’art. 119 del D.L. n. 34/20202 (Decreto Rilancio). Questo è quanto stabilito dal Tribunale Milano, sez. XIII, ordinanza, 30 settembre 2021.

Il caso. Alcuni condomini, proprietari di unità immobiliari all’interno di un Condominio (composto da dodici palazzine), proponevano reclamo avverso l’ordinanza con la quale l’adito Tribunale rigettava la domanda cautelare di sospensione dell’esecutività delle delibere adottate dall’assemblea condominiale, aventi ad oggetto l’approvazione di consistenti lavori edili del valore complessivo di oltre € 33,5 milioni di euro, per la gran parte dei quali ammortizzabili con il beneficio fiscale denominato comunemente “Superbonus 110%”, previsto dall’art. 119 del D.L. n. 34/20202 (Decreto Rilancio). Nello specifico, i lavori deliberati dal Condominio consistevano nell’installazione di un cappotto termico con rimozione del klinker che rivestiva le facciate e la sua sostituzione con il grès porcellanato, il cambio dei colori delle facciate, una nuova fascia verticale in corrispondenza di ciascun balcone, e l’installazione di un impianto centralizzato di acqua calda sanitaria. In particolare, con il reclamo i condomini lamentavano che la soluzione tecnica approvata alterava sensibilmente lo stato di fatto, essendone difforme per colori, materiali e introduzione di nuovi elementi architettonici, e insistevano per la nullità delle delibere in quanto non adottate all’unanimità, in violazione dell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c. Il Tribunale, infatti, affermava che per decoro architettonico si intendeva “l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell’edificio, nonché all’edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico”  (Cass. nn. 18928/2020, 1286/2010, 8731/81998, 6496/1995, 10507/1994, 10513/1993), e che, per la sua violazione, era sufficiente che venissero alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferivano al fabbricato una propria specifica identità (per Cass. 1076/2005 e Cass. 14455/2009). Nel caso de quo, era indubbio che l’aspetto estetico che caratterizzava le facciate del Condominio avrebbe subito una definitiva compromissione per effetto degli interventi progettati: l’installazione del cappotto termico, infatti, avrebbe comportato il radicale mutamento esteriore di tutte le facciate, per materiali, colori ed elementi aggiuntivi ornamentali, in quanto la sola sostituzione del klinker, che costituiva una caratteristica di molti fabbricati della città tipica di una precisa epoca storica, e che imprimeva un peculiare tratto distintivo agli edifici, ne implicava la totale alterazione sotto il profilo estetico. La delibera che approvava innovazioni lesive del decoro architettonico, pertanto, necessitava del consenso unanime dei condomini: il divieto previsto dall’ultimo comma dell’art. 1120 c.c., infatti, era incondizionato e consentiva anche ad un solo condomino di esprimere il proprio dissenso e di agire per il ripristino delle caratteristiche originarie del fabbricato; inoltre, la disciplina codicistica non era derogata dalle disposizioni dettate dal d.l. n. 34/2020, in quanto “l’eventuale alterazione del decoro architettonico costituisce un limite imposto alla legittimità della innovazione diretta al miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato” (Cass. civ., n. 10371/2021). Altresì, sussisteva, nel caso in esame il periculum in mora, costituito dall’enorme pregiudizio economico che i condomini avrebbero patito qualora, nelle more del giudizio di merito, gli interventi sarebbero iniziati e successivamente la delibera fosse state annullata, con conseguente impossibilità di fruire dei benefici fiscali riconosciuti dalla legge e responsabilità per le obbligazioni pecuniarie maturate in favore degli esecutori.

Per tali motivi il Tribunale revocava l’ordinanza cautelare e sospendeva l’esecutività delle delibere adottate dall’assemblea del Condominio.

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Quali sono le regole di partecipazione alle spese per il rifacimento del lastrico solare?

Quali sono le regole di partecipazione alle spese per il rifacimento del lastrico solare?

Ai due terzi della spesa ex art. 1126 c.c. deve partecipare il proprietario di ciascun appartamento sito nella colonna sottostante al lastrico in proporzione del valore millesimale dell’unità. Questo è quanto stabilito dalla Cassazione Civile, sez. II, sentenza 5 novembre 2021, n. 32103.

Il caso. La Corte d’Appello distrettuale, accogliendo il gravame avanzato dal Condominio contro la sentenza resa dal giudice di prime cure, respingeva l’impugnazione ex art. 1137 c.c. della deliberazione assembleare, avente ad oggetto il rifacimento del lastrico solare in uso da un condomino, costituente copertura di due appartamenti sottostanti. Tale delibera era stata ritenuta nulla per mancanza della maggioranza.

Avverso tale sentenza il Condomino proponeva ricorso per cassazione deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1116 c.c. e 62 disp. att. c.c., e degli artt. 1123, comma e 1136, commi 2, 4, e 6 c.c.. Secondo il Supremo Collegio «In ipotesi di lastrico solare (o terrazza a livello) di uso esclusivo (che è quello di cui si discute nel presente giudizio, stando a quanto appare accertato in sede di merito) trova applicazione il regime sulle spese stabilito dall’art. 1126 cc.c.. Questa norma, obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare o terrazzo di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questa a cui il lastrico solare serve”, si riferisce a coloro ai quali appartengono unità immobiliari di proprietà individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto» (cfr. Cass. Sez. 2, 28/08/2020, n. 18045; Cass. Sez. 6-2, 07/10/2019, n. 24927; Cass. Sez. 6 – 2, 10/05/2017, n. 11484; Cass. Sez. 2, 04/06/2001, n. 7472; Cass. Sez. 2, 15/04/1994, n. 3542; Cass. Sez. 2, 16/07/1976, n. 2821 del Cass. Sez. 2, 29/01/1974, n. 244). Altresì, «l’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante del Condominio, ma dell’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione. I proprietari di una delle unità immobiliari sottostanti coperte dal lastrico o dal terrazzo sono così obbligati in proporzione al valore della medesima, mentre il proprietario o titolare dell’uso esclusivo del lastrico o della terrazza non ricorre nella frazione dei due terzi della spesa, salvo che non sia altresì proprietario di un immobile sottostante» (Cass. n. 11449/1992, n. 5125/1993 e n. 3542/1994). La regola era che «ai due terzi della spesa ex art. 1126 c.c. partecipava il proprietario di ciascun appartamento sito nella colonna sottostante al lastrico in proporzione del valore millesimale dell’unità» (Cass. n. 1451/2014). Ancora, «ove un lastrico solare o una terrazza a livello svolga funzione di copertura di vani sottostanti, se anche l’utilità sia comune a due soli partecipanti, operano tutte le norme condominiali in tema di organizzazione e specialmente quelle procedimentali sul funzionamento dell’assemblea, restando unicamente sotto il profilo dell’elemento personale» (Cass. n. 2046/2006). Nel caso de quo, i giudici di seconde cure avrebbero dovuto valutare la validità della delibera assembleare.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava la causa alla Corte di merito in diversa composizione.

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Il rendiconto consuntivo è prova delle morosità relative alle annualità precedenti

Il rendiconto consuntivo è prova delle morosità relative alle annualità precedenti

Il consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non costituendo un nuovo fatto costitutivo del credito stesso. Questo è ciò che è stato stabilito dalla Cassazione civile, sez. VI – 2, ordinanza, 12 ottobre 2021, n. 27849.

Il caso. Il Giudice di pace ingiungeva ad un condomino il pagamento il pagamento di Euro 4.406,11 in favore del Condominio in base alla delibera assembleare di approvazione del consuntivo 2017 e del bilancio preventivo 2018. L’ingiunto condomino proponeva opposizione sostenendo di aver già versato, ad estinzione dei debiti di cui al consuntivo 2017, l’importo di Euro 3683,43. Il giudice di pace confermava il decreto ingiuntivo.

Avverso tale sentenza il condomino interponeva appello. Il giudice di seconde cure respingeva l’appello, rilevando che la delibera di approvazione delle spese relative a gestioni precedenti al 2017, posta a fondamento della domanda monitoria, non era stata impugnata benché l’appellante avesse partecipato alle assemblee. Secondo la sentenza, nessuna contestazione poteva esser più mossa alla deliberazione condominiale neppure da un punto di vista formale, poiché il consuntivo conteneva l’indicazione delle causali delle spese anche con riferimento alle gestioni pregresse, spese cui doveva concorrere anche il ricorrente.

Avverso tale sentenza il condomino proponeva ricorso per cassazione lamentandosi in particolare del fatto che il giudice di secondo grado avesse ritenuto definitiva la delibera di approvazione dei consuntivi per mancanza di impugnazione. I giudici di legittimità affermavano che “il consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non costituendo un ‘nuovo fatto costitutivo’ del credito stesso” (cfr. Cassazione Civile n. 4489/2014; Cassazione Civile n. 20006/2020).  In tal caso vigeva il principio che “ nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su di esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale con cui siano state approvate le spese, nonché dei relativi documenti” (Cassazione Civile n. 7569/1994). Altresì, sostenevano che “La delibera condominiale di approvazione costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme: l’ambito dell’opposizione è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza e validità della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cassazione S.U. n. 26629/2009; Cassazione Civile n. 5254/2011; Cassazione Civile  n. 4672/2017). In sostanza, dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, che è munito della forza vincolante propria degli atti collegiali, ai sensi dell’art. 1137 c.c., comma 1 (Cass. n. 4306/2018), discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio” (Cassazione Civile n. 11981/1992). Nel caso de quo, il giudice di secondo grado aveva rilevato che la delibera di approvazione del consuntivo 2017 non era stata impugnata, benché il condomino fosse presente all’assemblea, deducendone correttamente che nessuna contestazione poteva esser sollevata nel giudizio di opposizione, essendosi la delibera ormai consolidata.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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È ammesso l’uso esclusivo della facciata condominiale per la posa di pannelli pubblicitari?

È ammesso l’uso esclusivo della facciata condominiale per la posa di pannelli pubblicitari?

L’uso esclusivo della facciata condominiale dell’edificio ad uno soltanto dei condomini, sia pure al fine specifico di installarvi pannelli pubblicitari, comporta di per sé la sottrazione agli altri partecipanti al Condominio del diritto di godimento della cosa comune loro spettante ed il correlativo svuotamento della relativa proprietà nel suo nucleo essenziale. Questo è ciò che ha deciso la Corte d’Appello di Milano, sez. III, sentenza 09 luglio 2021 n. 2190.

Il caso. Il Condominio aveva chiesto al giudice adito la rimozione delle strutture per i pannelli pubblicitari apposti dalla convenuta condomina sui frontespizi dell’edificio condominiale. Il giudice respinge la domanda considerando che “al momento di costituzione del condominio, coincidente con la prima vendita di una singola unità immobiliare da parte dell’originario proprietario in virtù di clausole contenute nel relativo atto, anche mediante eventuale richiamo di un previo regolamento di condominio, è lasciata all’autonomia delle parti la possibilità di sottrarre alla presunzione di comunione almeno alcune delle parti altrimenti comuni”.

Avverso tale sentenza il Condominio interponeva appello eccependo l’errata conclusione del giudice di prime cure e, in particolare, l’inconferenza ai fini della decisione della sentenza n. 24301/2017 della Cassazione. La Corte d’Appello distrettuale osservava che il giudice di primo grado si era basato su un orientamento in base al quale l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un Condominio, in favore delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incideva non sull’appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avveniva secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex artt. 1102 e 1117 c.c.. Questo diritto non era riconducibile al diritto reale d’uso previsto dall’art. 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, era tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell’unità immobiliare cui accedeva (Cassazione Civile, sez. II, 16 ottobre 2017, n. 24301). Tale provvedimento aveva ad oggetto il diverso caso in cui l’unico proprietario dell’intero edificio aveva concesso l’uso esclusivo di una porzione del cortile al primo acquirente di una delle unità immobiliari dello stabile, fino ad allora interamente di sua proprietà). Sotto questo specifico profilo emergeva l’assenza di una “frizione” con uno dei principi cardini in materia di diritti reali ovvero il numerus clausus quale espressione della tassatività legislativa delle diverse figure di ius in re. Non si discorreva della “creazione” negoziale di una peculiare forma di diritto reale autonomo ma soltanto, della conformazione del diritto di partecipazione all’uso della cosa comune secondo un criterio non paritario. Criterio pattuito in via negoziale e non oggetto di mera esecuzione fattuale dal condomino. Il citato uso non veniva scorporato dalla proprietà solitaria ed esclusiva del cespite facente parte del Condominio essendo a questa indissolubilmente legato e non alla “persona fisica” che ne era titolare. La convenuta non avrebbe potuto certo disporre dello stesso senza disporre dell’unità solitaria che ne fondava il diritto di esercizio maggiore in luogo degli altri condomini. Ne conseguiva che il titolo negoziale che siffatta attribuzione avesse contemplato implicava di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del Condominio, le parti non avessero voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l’applicazione dell’art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d’uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistessero i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente inter partes) di natura obbligatoria (Cassazione Civile, S.U. 17 dicembre 2020, n. 28972). Pertanto, secondo il nuovo orientamento “i condomini non possono costituire un diritto reale di uso esclusivo, perpetuo e trasmissibile, a carico di una parte comune dell’edificio condominiale e a favore di un condomino, ostandovi i principi del numerus clausus e della tipicità dei diritti reali”. Detto ciò, i Giudici di seconde cure osservavano che in sede di costituzione del Condominio gli originari e unici proprietari dell’edificio non avevano inteso riservare a sé la proprietà delle facciate ma soltanto il diritto di uso esclusivo. Anche ove si potesse ricondurre alla figura del diritto reale d’uso di cui all’art. 1021 c.c., come in astratto ipotizzabile secondo la stessa Cassazione Civile, S.U. 17 dicembre 2020, n. 28972 (ma escluso in concreto dal giudice di prime cure), il diritto d’uso esclusivo delle facciate attribuito a sé dagli originari comproprietari dell’intero stabile al momento della costituzione del Condominio (coincidente con il primo atto di vendita), dovrebbe comunque escludersi la cedibilità a terzi del diritto medesimo, atteso l’espresso divieto sancito in proposito dall’art. 1024 c.c.  (e ciò contrariamente a quanto affermato, prima dell’intervento delle Sezioni Unite da Cass. Civ., sez, II, n. 24301/2017).  Da ciò sarebbe conseguito, comunque, la insussistenza in capo alla condomina di un diritto d’uso esclusivo delle facciate dello stabile opponibile alla collettività dei condomini.  Pertanto, richiamando i principi delle Sezioni Unite, i condomini non potevano costituire un diritto reale di uso esclusivo perpetuo e trasmissibili, a carico di una parte comune dell’edificio condominiale e a favore di un condomino.

Per tali motivi la Corte d’Appello accoglieva l’interposto appello e  condannavano la condomina  alla rimozione dei pannelli pubblicitari.

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